di Cristina Battocletti
Riccardo Muti
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Pasolini pronunciava una magnifica esse pastosa, attorno a cui ruotava il suo discorso, come se fosse la punta di un compasso. Con una sola consonante poteva dar fiato alla doppia identità - quella anagrafica, bolognese, e quella adottiva, casarsese -, perché sia in Emilia Romagna che in Friuli le esse si pronunciano (quasi) allo stesso in modo, portando con sé una specie di fischio. Così anche la lingua porgeva il fianco all’eterna contraddizione di cui era fatta la natura e lo spirito polemico dell’intellettuale.
Ravenna era la città dei Pasolini dall’Onda, stirpe cui era imparentato il nonno Argobasto. Una radice che il poeta avrebbe voluto estirpare: aveva avversione per i borghesi, figuriamoci per i nobili! Non era un cognome facile da portare. Il mentore Roberto Longhi, cui si era proposto per la tesi, ci aveva rimuginato sopra in una lettera al suo assistente Franco Arcangeli: «Quel doppio cognome e quel casato mi odorano di fregnonismo “aristo” e di pazzoide “novecentista” motorizzato».
Ma Ravenna per Pasolini era anche la città in cui aveva trovato riposo Dante, della cui Divina Commedia tentò un rifacimento con la La Divina Mimesis, rimasta incompiuta. Mentre Salò o le 120 giornate di Sodoma, l’ultimo film scritto e diretto da lui nel 1975, nelle scene e nell’impianto è esplicitamente ispirato all’Inferno.
Il festival celebra P.P.P. in un canovaccio artistico ramificato, come era lui, e si ispira alla Madonna del Vangelo secondo Matteo per i Viaggi dell’Amicizia, che quest’anno avranno due tappe nei santuari mariani di Lourdes (11 luglio) e di Loreto (14 luglio). Riccardo Muti ha scelto l’Ave verum corpus di Mozart per far risuonare attraverso i suoi Cherubini e il Coro che unisce artisti italiani e ucraini «il dolore del mondo, ma anche tutta la speranza di cui l’Uomo è capace» in tempo di guerra. E Goffredo Fofi (il 29 giugno al teatro Rasi) accosterà a P.P.P. al teologo David Maria Turoldo, di cui quest’anno ricorrono i trent’anni dalla morte. Abbinamento quanto mai appropriato, il poeta sacerdote e il versatore corsaro, il cui Vangelo ribelle fu alla fine più amato dai cattolici che dalla sinistra. Una nuova contraddizione, o meglio nessuna.
Cristina Battocletti
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