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Allarme spread e prezzi in salita: perché abbiamo ancora bisogno di Draghi

di Giancarlo Mazzuca

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(donfiore - stock.adobe.com)

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Diversi osservatori chiedono oggi a gran voce che il capo del governo resti inchiodato a Palazzo Chigi per affrontare le nuove emergenze

17 gennaio 2022
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2' di lettura

Provate a farci caso: mentre continuiamo a porci l'interrogativo se sia meglio che Draghi resti premier o che salga, invece, al Colle, l'attuale situazione economica dell'Italia assomiglia sempre più a quella del 2011 quando a Palazzo Chigi andò un altro Super Mario, anche lui alla guida di un governo tecnico: Mario Monti. Allora la vendita di otto miliardi di euro del debito pubblico italiano da parte della Bundesbank tedesca aveva fatto impennare il nostro spread provocando anche una crisi politica che portò alle dimissioni dell'esecutivo guidato da Silvio Berlusconi per lasciare, appunto, il posto a Monti, il signore in loden.

Un cambio della guardia, quello del 2011, che ricorda un po' quanto è successo nel febbraio dell'anno scorso con la nascita del governo Draghi, dopo i due esecutivi guidati da Conte, nel tentativo di risollevare l'Italia da una situazione particolarmente critica sul fronte sanitario ma anche sul versante economico, dopo il lunghissimo «blackdown» d'inizio pandemia. Undici anni fa il primo Super Mario cercò in tutti i modi di attenuare l'allarme-spread e forse anche per questo – nonostante le critiche che vennero allora affibbiate a quell'esecutivo - diversi osservatori chiedono oggi a gran voce che un altro grande economista resti inchiodato a Palazzo Chigi per affrontare le nuove emergenze come l'allarme-spread che torna a farsi sentire.

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In questo momento non possiamo, in effetti, farci troppo ammaliare dalle sirene di tanti addetti ai lavori che ci considerano, addirittura, la locomotiva d'Europa grazie agli ultimi dati sulla crescita economica e sulla produzione industriale. Non dobbiamo illuderci troppo perché, al di là di questi numeri - che si confrontano, comunque, con l'«annus horribilis» per eccellenza, il 2020 -, l'inflazione rischia di metterci ancora in ginocchio dopo i vertiginosi rincari che stanno registrando i prezzi di petrolio, luce, gas, acqua e di tutte le materie prime. Non è un caso che la Bce e la Bundesbank abbiano già battuto su questo tasto.

Oggi una nuova impennata dello spread sarebbe forse letale: se nel 2011 uscimmo in qualche modo dall'emergenza, anche se con le ossa rotte, stavolta, considerando i tanti problemi sul tappeto, rischiamo di issare bandiera bianca. Qui ci vuole ancora – sostengono in molti - un timoniere tipo Draghi sempre pronto ad inventarsi una specie di «whatever it takes» in salsa italiana.


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