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Draghi avverte: il gas in rubli è violazione contrattuale

di Laura Serafini

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L'Europa vuole diventare indipendente dal gas russo

L'Europa vuole diventare indipendente dal gas russo

I ricatti sulla valuta fanno meno paura di un effetto sistemico innescato dal crac dei trader di gas per i prezzi fuori controllo

25 marzo 2022
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3' di lettura

Il profilo di un cigno nero comincia a delinearsi nel mercato europeo del gas. Un evento non previsto, che ha effetti devastanti e a catena sull’economia (come il default di Lehman Brothers nel 2008), e che fa più paura dei ricatti russi sulla valuta per costringere i governi della Ue a pagare le forniture della materia prima in rubli. Non a caso ieri le reazioni dei leader europei all’ultima mossa a effetto di Vladimir Putin è stata algida. «Fondamentalmente è una violazione contrattuale, questo è bene capirlo: i contratti sono considerati violati se questa clausola viene applicata dalla Russia», ha chiosato il premier Mario Draghi rispetto alla prospettiva di saldare i contratti del gas in rubli. Sulla stessa lunghezza d’onda il leader tedesco Olaf Scholz. «Abbiamo esaminato la questione e per il gas esistono contratti fissi che specificano che i pagamenti devono essere effettuati in euro o in dollari. Questo è quello che conta», ha detto.

La tensione sui prezzi

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È il fantasma di un rischio sistemico, sociale ed economico, che oggi fa tremare i polsi soprattutto agli operatori del settore – le major che comprano e vendono il gas - perché i mercati non possono sostenere a lungo incertezza e irrazionalità della guerra e la prospettiva di prezzi troppo alti e prolungati nel tempo potrebbe far saltare il sistema. Non solo le famiglie che non riescono a pagare le bollette o le imprese che saltano per colpa del caro energia. Un’eccessiva tensione sui prezzi espone i trader a rischi di liquidità che non può sostenere e il default è dietro l’angolo: se comincia a saltare qualche operatore medio piccolo l’effetto domino sarebbe inarrestabile.

È per questo che società come la francese Engie si fanno sostenitrici di proposte per mettere un cap elevato al prezzo del gas in una Ue che sia in grado di negoziare in modo unitario. Sul tema si è svolto ieri un dibattito a porte chiuse organizzato dall’Arel, al quale ha partecipato il leader del Pd Enrico Letta, Andreas Ehrenmann, chief analist di Engie Impact, Cristian Signoretto presidente di Anigas, Simone Mori responsabile Europa di Enel, Andrea Peruzy ad del Gme, Massimo Nicolazzi (università di Torino), Massimo Ricci direttore energia Arera e Alberto Biancardi, dg di Arel. È stata illustrata la proposta di Engie, che in realtà è vista con favore dal governo francese ed è stata esaminata dalla Commissione Ue.

L’idea è quella di un cap sufficientemente alto (150 euro a megawattora) ai contratti indicizzati al mercato spot TTF (dal quale dipendono le forniture russe) per consentire di evitare i picchi; il cap sarebbe il riferimento per le scorte da fare con il gas liquefatto, che verrebbe acquistato attraverso aste. L’allineamento tra prezzo di mercato e quello del cap sarebbe garantito con sussidi pubblici. L’ipotesi di un tetto al prezzo del gas, in realtà, è stata esaminata a fondo dalla Commissione che è preoccupata per gli effetti distorsivi, ma anche di fuga dei fornitori, che un prezzo troppo basso determinerebbe. La proposta Engie sarebbe una soluzione di breve termine per riequilibrare le storture del mercato europeo: circa il 90% dei contratti di gas a lungo termine sono legati ai prezzi spot (come un mutuo a tasso variabile). Nella sostanza a un indice che la Russia – in virtù dei 150 miliardi di metri cubi di gas forniti alla Ue – può facilmente alterare giocando sulle quantità. Sul punto è d'accordo l’associazione di categoria italiana e grandi gruppi elettrici. Ma ci sono anche molti dubbi. Ieri, intanto, a Bruxelles il negoziato è partito nel caos, con Spagna e Portogallo (che vogliono il cap) che minacciano, senza accordo nella Ue, di disconnettersi dal mercato europeo e risolvere con soluzioni nazionali.

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