di Laura Cavestri
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Un nome sconosciuto ai più svetta, quest’anno, in cima alle aziende italiane che hanno brevettato di più, battendo GD, Pirelli e Chiesi. Si tratta di Fameccanica, fondata nel 1975, e dal 1992 joint venture paritetica tra Angelini Industries e P&G, che solo una settimana fa, il gruppo con sede a Roma ha rilevato al 100% acquisendo la restante quota del 50% da Procter & Gamble.
Con oltre 1.200 macchine consegnate in tutto il mondo, più di 600 brevetti complessivamente all’attivo e 700 addetti nelle tre sedi produttive (in Italia, a San Giovanni Teatino, Chieti; in Cina a Shanghai e negli Usa a West Chester, in Ohio), «Storicamente è specializzata nella progettazione e produzione di linee produttive per i beni di largo consumo e leader nel settore dei prodotti igienici monouso – ha spiegato il general manager Alessandro Bulfon –. In questi ultimi due anni, però abbiamo iniziato a diversificare, sviluppando un patrimonio di conoscenze e competenze che avevamo ma non era stato adeguatamente valorizzato. Da qui l’accelerazione nei progetti di sviluppo di tecnologie, robotica e servizi per la produzione industriale (dagli assorbenti ai beni per la casa, dall’igiene personale al primo soccorso e l’imbottigliamento), packaging sostenibili, movimentazione e riconoscimento automatizzato anche in funzione e-commerce». Prodotti e modalità di acquisto che la pandemia ha incrementato. Fameccanica ha chiuso il 2021 con ricavi oltre i 200 milioni di euro (oltre l’80% da export).
«Investiamo circa il 5% del fatturato in ricerca – ha concluso Bulfon – ma più che l’energia sono le difficoltà di approvvigionamento di chip e semiconduttori a preoccupare. Stiamo confermando le tempistiche programmate, ma la supply chain sconta ritardi fino a 230 giorni».
Laura Cavestri
Redattrice di Economia
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