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Addio a Franco Serra, padre del giornalismo economico italiano

di Fabio Tamburini

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È morto ieri Franco Serra, aveva la bella età di 99 anni ed è stato il papà del giornalismo economico italiano nonché mio maestro

27 gennaio 2023
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2' di lettura

Èmorto ieri Franco Serra, aveva la bella età di 99 anni ed è stato il papà del giornalismo economico italiano nonché mio maestro. Oggi il numero di quelli che lo ricordano è diminuito perché l’orologio biologico non lascia scampo, ma è stato un grande personaggio. Ha lanciato il mensile di economia «Espansione» (quando era pubblicato dalla Mondadori dei Formenton), è stato caporedattore dell’economia di «Panorama» (quando era diretto da Lamberto Sechi), per breve tempo caporedattore economia del «Corriere della Sera» (in anni ormai lontani).

Lo ricordo brusco e irruente nei comportamenti, spesso perfino brutale ma davvero una nave scuola e uomo capace di straordinaria generosità. Ricordo le sue strigliate, i modi risoluti, talora persecutori che però risultavano delle straordinarie lezioni di giornalismo. Oggi lo si sarebbe definito politicamente scorretto. Di sicuro i poteri forti non lo hanno mai neppure intimidito. Quando cominciava con le fatidiche parole che lo caratterizzavano: «Vedi caro,...», c’era di che intimorirsi. Averlo come direttore all’inizio del percorso professionale è stata, ne sono convinto, una delle fortune della mia vita. L’altra fortuna è che ero molto giovane e mi aveva preso sotto la sua ala protettrice, d’altra parte sono stato l’ultimo dei suoi allievi. Così ho imparato molto, limitando i danni ed evitando l’esaurimento nervoso.

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Diceva: «Vedi caro, togliti l’orologio e mettilo di fianco alla macchina da scrivere. Tic, tac, tic, tac. Se ci metti più di mezzora a scrivere una cartella hai soltanto una scelta: spararti». Oppure: «Ricordati, un giornalista è in servizio 24 ore su 24 e non timbra il cartellino». La minaccia, poi, era esplicita ed espressa senza mezzi termini: «Se sbagli un nome ti prendo a calci nel sedere» (per la verità usava un’altra parola che cominciava per C, ndr). Roba d’altri tempi. O ancora: «La qualità di un articolo dipende dal consumo delle suole delle scarpe». E l’equivalente: «Non voglio vedere nessuno della redazione seduto alla scrivania, un bravo giornalista va fuori a cercare notizie».

Infine, l’insegnamento più importante di tutti, che ho ricordato nell’attacco dell’editoriale scritto sul Sole 24 Ore del 13 settembre 2018, primo giorno alla guida del quotidiano: «Vedi caro, la ricetta per un prodotto editoriale di successo, qualunque sia, è di pubblicare in ogni numero notizie che non siano già conosciute». Sante parole. Ho cercato di farlo. Ed è stato, ne vado fiero, forse l’ingrediente principale che ha permesso al Sole 24 Ore di ritrovare slancio e al gruppo di risanare i bilanci.

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