di Manuela Perrone
Siccità, Legambiente: "Sulle Alpi -53% di neve"
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Valutare le iniziative per varare un piano di interventi a breve scadenza e una programmazione a medio-lungo termine. Con questo obiettivo si riunirà il 1° marzo alle 11.30 il neonato tavolo interministeriale per l’emergenza siccità, presieduto dalla premier Giorgia Meloni e composto dai rappresentanti dei ministeri dell’Ambiente, delle Infrastrutture, dell’Agricoltura, degli Affari europei e del Dipartimento per la Protezione civile.
È stato proprio il ministro per la Protezione civile e le Politiche del mare, Nello Musumeci, a presentare un’informativa in Cdm descrivendo la portata del fenomeno. Non più emergenziale, ma ormai da alcuni anni ordinario, con conseguenze che ricadono «non solo sull’agricoltura e sull’industria, ma anche sull’approvvigionamento delle popolazioni». «Le dighe semivuote compromettono l’erogazione di energia, che per il 20% è idroelettrica», ha osservato Musumeci, che ha lanciato l’affondo: «Non c’è mai stata una programmazione strutturale, da decenni non si costruiscono dighe e le reti idriche urbane sono spesso colabrodo».
Guardando alle risorse non va meglio. «Ci sono, ma non vengono utilizzate», ha affermato il ministro. «Su 4 miliardi del Pnrr, solo 300 milioni sono stati impegnati finora. E su 1,2 miliardi della programmazione europea 2014-2020 soltanto 200 milioni sono stati utilizzati». La criticità è sempre la stessa: la «difficoltà di Regioni ed enti locali a progettare e a spendere». È per questo che nella nota ufficiale diramata dopo il Consiglio dei ministri, Musumeci ha sottolineato come «recuperare anni di inerzia sul settore idrico impone decisioni coraggiose e immediate».
Il tavolo interministeriale con la regia della premier dovrà fornire le indicazioni politiche su come muoversi. Musumeci aveva già proposto «un sano e realistico piano di razionamento» dell’acqua. A 24 Mattino su Radio 24 è stato il titolare dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, a rilanciarlo: «Al momento nessuna decisione, ma io credo che dopo un giro di confronto con tutti i grandi consorzi che gestiscono le dighe, con i gestori del sistema idrico integrato, si debbano tirare le somme e può anche darsi che su alcuni territori sia fondamentale arrivare a questo».
È stato Musumeci direttamente nella sua informativa a rimettere in pista l’idea di «un commissario con poteri straordinari e derogatori». Non nuova: il governo Draghi, prima di cadere, stava per emanare un “decreto siccità” che prevedeva proprio l’istituzione di un commissario straordinario. E l’ex presidente del Consiglio aveva citato l’emergenza anche nel suo discorso del 20 luglio in Senato, quando poi è stata decretata la fine dell’esecutivo. «La siccità e le ondate di calore anomalo che hanno investito l'Europa nelle ultime settimane ci ricordano l'urgenza di affrontare con serietà la crisi climatica nel suo complesso», aveva detto Draghi. «Penso anche agli interventi per migliorare la gestione delle risorse idriche, la cui manutenzione è stata spesso gravemente deficitaria. Il Pnrr stanzia più di 4 miliardi per questi investimenti, a cui va affiancato un “piano acqua” più urgente».
Eccolo, il piano acqua cui ora dovrà provvedere il governo Meloni, «tenendo conto - ha sottolineato Palazzo Chigi - della scarsa percentuale di impegno delle risorse idriche effettivamente disponibili e della necessità di abbattere i tempi per opere che riducano la dispersione idrica e permettano la pulizia dei bacini». I tempi sono stretti. Secondo l’Anbi, l’associazione nazionale dei consorzi di bacino, sono 3,5 milioni gli italiani che rischiano di avere l’acqua razionata dai rubinetti e una percentuale tra il 6 e il 15% della popolazione (dati Cnr) vive ormai in territori esposti a una siccità severa o estrema. Un bollettino allarmante, con la neve sulle Alpi che si scioglie, i laghi del Nord al minimo, il Po in sofferenza, i fiumi del Centro Italia in secca e, al contrario, gli invasi del Sud pieni che vanno svuotati in mare. E con effetti negativi su interi settori produttivi, risicoltura in testa.
Per l’Anbi occorre tappare subito i buchi degli acquedotti, che perdono il 40% dell'acque, e costruire nuovi laghi per accumulare l'acqua piovana (ne raccogliamo solo l’11%). Riconosce che il problema «è grave» il ministro Pichetto Fratin, ricordando che per disporre di «un quadro conoscitivo esaustivo della disponibilità della risorsa idrica, propedeutico a qualsivoglia azione», il suo dicastero ha portato avanti il progetto del bilancio idrologico nazionale, che offre valutazioni coerenti tra distretti idrografici, nonché il progetto di censimento delle derivazioni per il monitoraggio dei quantitativi di acqua effettivamente derivati. C’è anche il Piano di adattamento ai cambiamenti climatici, aggiornato a dicembre, come riferimento da tenere presente. Soprattutto nell’ultima parte, dove suggerisce oltre 360 azioni da poter mettere in campo per intervenire a tutto campo contro siccità, frane, alluvioni. È già tardi.
Manuela Perrone
inviata parlamentare
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