di Carlo Marroni
Il ministro degli Esteri cinese Wang Yi
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Diplomazia cinese in movimento, in Europa. Wang Yi, ex ministro degli Esteri cinese a inizio anno promosso capo della diplomazia del Partito comunista cinese, arriva – dal 14 al 22 febbraio - in Francia, Italia, Ungheria e Russia (tappa questa molto importante, naturalmente) «su invito dei governi» dei quattro Paesi e parteciperà alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco, in Germania – prevista anche la presenza della vice presidente Usa, Kamala Harris - evento certamente centrale in questa contesto di guerra e tensioni sino-americane. Wang Yi, considerato uno dei membri della nomenklatura più vicini al presidente Xi Jinping (nelle cancellerie occidentali si pensa che quando sarà ne potrebbe prendere il posto) alla Wehrkunde Conference di Monaco ribadirà l'impegno della Cina «per lo sviluppo pacifico», concetto-sintesi del recente XX congresso del Pcc.
La visita di Wang Yi rappresenta una ripresa dei contatti ad alto livello tra Roma e Pechino, anche se nel 2022, poco più di due settimane dopo l'inizio dell'invasione russa dell'Ucraina, Roma aveva ospitato l'incontro tra Yang Jiechi, il predecessore di Wang, e Jake Sullivan, consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti. La missione è stata anticipata da Jia Guide, nuovo ambasciatore cinese in Italia, che ha parlato dell'importanza che Italia e Cina rinnovino il memorandum d'intesa firmato nel marzo del 2019 dal governo gialloverde presieduto da Giuseppe Conte (allora Wang Yi era ministro degli Esteri). La visita di Wang Yi in Italia potrebbe essere l'occasione per preparare il viaggio del presidente del Consiglio Giorgia Meloni a Pechino, dando seguito all'invito esteso dal leader Xi in occasione del bilaterale tenutosi a margine del G20 di Bali, in Indonesia.
Entro fine anno il governo italiano dovrebbe informare la controparte cinese nel caso in cui volesse uscire (come dichiarato pubblicamente in più occasioni) dal memorandum d'intesa sulla Via della Seta, che altrimenti si rinnoverebbe automaticamente a marzo 2024. Durante il governo Draghi c'è stato un deciso raffreddamento verso questo accordo – l'Italia è stato il solo paese occidentale a stringere un'intesa simile con Pechino – e anche a Bruxelles il tema dell'espansionismo cinese è stato al centro del consiglio europeo di ottobre, l'ultimo da premier dell'ex presidente della Bce. Con il governo Draghi, l'Italia comprendeva «molto bene come la Repubblica popolare cinese operi nel mondo», aveva dichiarato Wendy Sherman, vicesegretaria di Stato degli Stati Uniti, rispondendo a una domanda di Formiche.net durante un incontro con la stampa europea a giugno. La posizione di Meloni e del suo partito è sempre stata decisa contro la Via della Seta in passato così come in campagna elettorale. Sullo sfondo il tema del “decoupling strategico”, il progressivo sganciamento delle economie occidentali dalla Cina, dottrina propugnata (e avviata, per certi versi) da Washington, ma che in Europa non trova di fatto ascolto.
Carlo Marroni
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