di Angelo Flaccavento
Emporio Armani AI 23-24
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È solo il secondo giorno di sfilate, quindi è forse presto per gridare alla tendenza generalista – sempre che ne esistano ancora, di tendenze – ma sembra che la moda maschile, dopo tutto il fluidificare, lo sbracare e lo “smattare”, si incanali adesso, se non verso il rigore, di certo verso una corroborante pulizia. Si potrebbe parlare di ritorno all’ordine, ma è così solo in parte. La rivoluzione che ha fatto a pezzi rigidità e protocolli nella rappresentazione del maschio è reale e perdurante; prosegue inesorabile, non a fiamma alta ma con uno sfrigolio sotto la cenere che è forse ancor più dirompente. Il repulisti, quindi, è gentile: non rifiuta né rinnega l’androginia, anzi la amplifica. Infatti, accoglie deroghe e concessioni, sempre e comunque. È godurioso, mica rinunciatario; ha spirito e nuance.
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L’aviatore di Emporio Armani, ad esempio, è una visione di pura compostezza, piena di vibrazioni nel pur palpabile aplomb. Vestito di cappotti avvolgenti e larghi pantaloni che s’arrestano a mezz’asta, ai piedi stivali massicci con suole talmente grandi da sembrare sotto steroidi, è tutt’altro che superomistico. Anzi, è come se custodisse la fragilità sotto un manto irreprensibile. In smagliante forma creativa, Giorgio Armani, icastico come sempre, lo descrive così «non è un top gun, o un supereroe: è più umano, più sottile. Quel che colpisce nella collezione è il piglio sicuro con il quale la figura dell’aviatore anni trenta, da sempre parte dell’immaginario armaniano, viene aggiornata e resa desiderabile per il pubblico di oggi senza perdere un’oncia di ineffabile leggerezza, o di eleganza. Il respiro è ampio, il segno stilistico netto, al punto tale che convince persino l’esplosione di strass sul finale.
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Luccica molto, con misurata sobrietà, anche l’uomo di Fendi, morbidissimo figuro che ama la notte, in egual misura domestica o discotecara, visto che la colonna sonora dello show è composta dall’inimitabile Giorgio Moroder, re e capostipite della disco music. La dualità, del resto, è tratto definente dell’identità Fendi – le F nel logo non a caso sono due – e Silvia Venturini Fendi ha la immaginifica capacità di plasmare questo carattere in una figura maschile tutta sua. Questa stagione la temperatura è simbolicamente alta, nel senso che la voglia di sedurre è evidente. Il corpo si percepisce distintamente, teso e sensuale, sotto il tailoring allungato dal sapore di anni Settanta; occhieggia dalle maglie monospalla; vibra sotto i cappotti e le giacche che si liquefanno come coperte, forse ritornando alla condizione primordiale di pezzo di tessuto. Il tocco autoriale, qui, è condensato con sottile sapienza in ogni pezzo, in ogni dettaglio, senza strafare: una abilità che Silvia Venturini maneggia come pochi.
Da Brioni, Norbert Stumpfl continua un brillante percorso all’insegna della dedizione all’arte sartoriale e tessile, magnificate nel segno della discrezione invece che dell’ostentazione, mentre da MSGM Massimo Giorgetti cattura l’energia sfuggente e irregolare dell’adolescenza in silhouette nervose e scombinate. Se la moda è nota, il modo ha una tenerezza abrasiva che conquista. È teso e urbano, infine, ma anch’esso ridotto all’essenza, ossia forma e colore, il messaggio di K-Way, brand del gruppo BasicNet. La continuità tra moda e vita qui è tutto, e lo show tra i tavolini del Cafè de la Paix la esalta in maniera immediata e convincente.
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