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La filatura italiana cresce del 28% e supera i livelli pre Covid

di Silvia Pieraccini

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In vetrina al Pitti Filati le collezioni che proiettano la moda verso la primavera 2024. Grazie al posizionamento molto alto, le aziende hanno potuto alzare i listini senza perdere clienti

30 gennaio 2023
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3' di lettura

Fibre riciclate, cotoni biologici, viscosa sostenibile, tinture botaniche: il magico mondo dei filati per maglieria stupisce per creatività, innovazione e attenzione all’ambiente, fattori strategici per andare a caccia dei clienti internazionali. E al Pitti Filati di Firenze (fino a stasera alla Fortezza da Basso 105 aziende, di cui 13 straniere, espongono le collezioni per la primavera-estate 2024 sempre più no-season per effetto del cambiamento climatico) i buyer globali sono tornati dopo la grande fuga pandemica, seppur con qualche defezione ancora legata a guerra e Covid, anche perché qui trovano i più importanti produttori al mondo di filati per maglieria, concentrati nei distretti tessili di Prato e Biella.

Finalmente le aziende hanno recuperato il sorriso per due motivi: primo, perché il 2022 è andato bene, nonostante gli aumenti dei costi energetici, logistici e di materie prime; secondo, perché la maglieria, dopo essere stata il prodotto-moda più apprezzato durante la pandemia grazie a comodità e versatilità, continua ad essere ben presente nelle collezioni degli stilisti.

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Secondo le stime di Confindustria Moda, l'industria italiana dei filati l'anno scorso ha fatturato 3,3 miliardi di euro (per il 31% all'estero), in crescita del 27,8% sul 2021 e nettamente sopra il 2019 (i ricavi erano 2,7 miliardi di euro), spinta anche dal ritorno di alcune produzioni in Italia a causa delle crisi geopolitiche mondiali. Il nèo è rappresentato dal saldo commerciale, visto che con la fine del Covid hanno ripreso vigore le importazioni di filati (+48,5% sul 2021 a quasi 1,2 miliardi) che fanno pendere la bilancia verso il rosso (-173 milioni).

I problemi restano l’aumento dei listini (mediamente del 14-15%) e la compressione dei margini a causa dei costi aumentati: «Siamo stati costretti a fare quattro aumenti dei listini nel giro di un anno, mai successo prima – spiegano da Zegna Baruffa l’azionista Alfredo Botto Poala e l’ad Lorenzo Piacentini – ma qualità e servizio ci hanno premiato». Nel 2022 l’azienda biellese leader nel segmento premium, che possiede all’interno tutte le lavorazioni (650 dipendenti), è tornata ai livelli di fatturato pre-Covid, 100 milioni, +20% in valore e +4% in volume sul 2021, e ha ripreso ad assumere. Il segmento che corre di più, in questa fase, è il lusso, e per questo è pronto a investire il leader delle fibre nobili Cariaggi, 143 milioni di fatturato 2022, +26%, nel cui capitale è entrato col 43% Brunello Cucinelli: «Stiamo investendo in nuovi assortimenti – spiegano Piergiorgio e Cristiana Cariaggi – e in un nuovo capannone da 4.000 mq che costruiremo accanto alla nostra sede di Cagli e che ospiterà una filatura. Tra tecnologie e immobili investiremo più di 10 milioni entro il 2025, per incrementare la produzione di circa 50mila kg, il 7-8%, e far fronte all’aumento della domanda». Conferma la pratese Pecci Filati, gruppo da 34 milioni di euro: «Il mercato tiene nell’alto di gamma, dove puoi trasferire l’aumento dei costi ai clienti – spiega l’ad Pierluigi Marrani – oggi se lavori per la Francia guadagni, se lavori per la Germania perdi». Il riferimento è ai grandi marchi francesi del lusso, ai quali punta un’azienda come Filpucci, che per la prima volta non è presente al Pitti Filati ma ha appena aperto uno showroom a Parigi.

Il 2022 è stato un anno di ricavi record per Lineapiù, nome di punta nei filati fantasia che ha superato i 45 milioni di euro e 1 milione di kg: «Il mercato chiede sempre più l’alto di gamma – spiega il patron Alessandro Bastagli che teme per la disponibilità di alpaca in arrivo dal Perù – per cui sono fondamentali ricerca e innovazione». Guarda sempre più al lusso il pratese Lanificio dell’Olivo, che fa capo al fondo Egi e ha chiuso il 2022 sfiorando i 22 milioni (+40% sul 2021), per l’80% all’estero, mentre da Raffaella Pinori, titolare della pratese Pinori Filati attiva nei filati premium (quasi 14 milioni di ricavi 2022, +25%) e coordinatrice dei Produttori di filati di Confindustria, arriva qualche timore per il 2023: «L’anno è cominciato a un ritmo più rallentato, speriamo di riprendere la corsa».

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