di Micaela Cappellini
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Nel 2022 l’export di vino italiano ha raggiunto la cifra record di 8 miliardi di euro, il 12% in più rispetto all’anno precedente. Le stime arrivano dal Wine Monitor di Nomisma: per l’Italia si tratta di un indubbio successo, anche se il nostro Paese continua a rimanere distante dai record della Francia, che nel 2022 si stima abbia esportato vino per 12,5 miliardi di euro, in crescita del 12,5% rispetto all’anno precedente.
La ragione alla base di questo gap sta anche nella capacità dei vignerons d’Oltralpe di portare a casa un valore aggiunto superiore per ogni bottiglia: il prezzo medio all’export dei nostri vini fermi è risultato inferiore del 40% anche nel 2022. Lo stesso dislivello che c’era già dieci anni fa, dunque, ancora non è stato colmato.
Il re dei mercati esteri si conferma ancora una volta il Prosecco: tra gennaio e settembre dello scorso anno (gli ultimi dati disponibili nel database di Nomisma), le bollicine venete vendute nel mondo ammontavano a quasi 274 milioni di litri, pari a un incasso di 1,15 miliardi di euro, peraltro in crescita rispetto allo stesso periodo del 2021. Al secondo posto, ma ben distanziati, si collocano i rossi fermi made in Tuscany, che nei primi nove mesi dell’anno scorso all’estero hanno incassato 494 milioni di euro. Terzi i grandi rossi piemontesi, con 278 milioni di euro, mentre al quarto posto si trovano i bianchi fermi del Veneto, come il Soave o la Lugana, che in valore hanno incassato 260 milioni di euro anche se per volume rappresenterebbero la seconda categoria di vini italiani più esportati all’estero. Al quinto posto, per incasso, ci sono i vini veneti rossi fermi (218 milioni di euro). L’Asti spumante, con 107 milioni di euro, è al settimo posto della classifica dell’export 2022.
Sul mercato interno, i dati forniti da NielsenIQ mostrano per l’anno appena concluso una flessione nelle vendite dei vini attraverso il canale della grande distribuzione. A volume, si tratta di un calo del 6,4%, mentre in valore la diminuzione resta contenuta a -1,8%. «È indubbio come sul trend dell’export e delle vendite nel canale Gdo in Italia abbiano pesato diversi fattori come l’inflazione, il cambio euro-dollaro e il rallentamento economico - spiega Denis Pantini, responsabile Wine Monitor di Nomisma - gli stessi andamenti sottendono però anche uno spostamento nei consumi del periodo estivo e di inizio autunno verso il fuori-casa, trainati dalla ripresa del turismo dopo gli anni più critici della pandemia».
Nel mondo l’Italia resta il secondo Paese per valore dell’export dei suoi vini. Il primo, come sempre, si conferma la Francia, così come il terzo posto resta saldamente nelle mani della Spagna, che l’anno scorso ha venduto bottiglie per 3 miliardi di euro, in crescita soltanto del 6% rispetto all’anno precedente. Quarto il Cile, con un export vinicolo che vale 1,9 miliardi di euro, mentre gli Stati Uniti sono soltanto quinti, con 1,4 miliardi di euro, a pari merito con l’Australia e di poco sopra alla Nuova Zelanda (1,3 miliardi).
Micaela Cappellini
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