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L’obiettivo, sempre più urgente, è garantire l’accesso ai vaccini anti-Covid a tutti i Paesi nel mondo, soprattutto a quelli più fragili. Finora non è stato così, ma oggi «ci sono le condizioni» per raggiungere questo traguardo. Si è aperto con un auspicio positivo il G20 Salute a Roma che, nella prima giornata di lavori, ha sancito le premesse per un accordo globale, ribattezzato “Patto di Roma”, che porti ad una immunizzazione mondiale poichè l’emergenza sanitaria «non sarà esaurita finché non ne saremo fuori tutti».
«Ci sono le condizioni - ha spiegato il ministro della Salute Roberto Speranza - per costruire il Patto di Roma, che garantirà i vaccini anche nei paesi più fragili. Oggi ci sono diseguaglianze molto forti con i paesi più ricchi che hanno ormai percentuali di vaccinazione molto significative e continuano a procedere, e ci sono paesi che invece sono indietro». Da qui l’impegno di questo Patto «a cui stiamo lavorando» e che è quello di «costruire condizioni per cui il vaccino sia un diritto di tutti e non un privilegio di pochi e io penso - ha rilevato il ministro - che questa sia una sfida che tutti i paesi presenti condividono».
Su questo punto centrale i ministri G20 continueranno a confrontarsi anche nella giornata di domani, lunedì 6 settembre, puntando a chiudere con una dichiarazione condivisa e sottoscritta da tutti. Ma il G20 Salute farà il punto anche sulla più ampia prospettiva di ricostruire i sistemi di assistenza post-pandemia. Il punto, ha chiarito ancora Speranza, è «provare ad allargare la forza dei nostri servizi sanitari nazionali, investire di più su di essi e provare a segnare un cambio di passo molto significativo che consenta di difendere l’approccio di universalità del Servizio sanitario nazionale, cioè l’idea che se una persona sta male va curata indipendentemente dalla propria condizione economica e dal posto in cui è nata o dal colore della pelle. Il Patto di Roma tiene questo punto come punto essenziale». In questo quadro, ha commentato il ministro, il G20 è un’ occasione «per rafforzare le relazioni internazionali e rilanciare i valori universalistici della salute». Nodi del confronto saranno le modalità per assicurare l’accesso più largo possibile ai vaccini a partire dai meccanismi di collaborazione esistenti, tra cui quello delle donazioni di dosi per far fronte alle esigenze più immediate perchè «nessuno venga lasciato indietro».
Ma al G20 si è discusso anche di un’altra criticità collegata alla pandemia, ovvero la necessità di un’azione globale per la salute mentale. La pandemia ha infatti avuto effetti sulla salute mentale delle persone a causa dell’isolamento sociale, la perdita di familiari e l’incertezza sull’impatto economico e il mantenimento dei posti di lavoro. Tante le questioni su cui si concentrano i lavori, suddivisi in tre parti. La prima sessione è dedicata all’impatto del Covid19 sugli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG) dell’Agenda 2030. La seconda sessione fornirà indicazioni specifiche su cosa occorra fare per prevenire e rispondere alle pandemie del futuro, a cominciare da come raggiungere una migliore capacità di collaborazione e coordinamento a livello internazionale, avendo sempre come “perno” l’Organizzazione mondiale della sanità. La terza sessione, infine, prenderà in esame gli “strumenti di controllo” che ci stanno permettendo di contrastare con efficacia la pandemia e le strategie globali per sostenere lo sviluppo e l’equo acceso anche a medicinali e diagnostica. Inoltre, nella consapevolezza che le ultime crisi sanitarie hanno avuto nella relazione uomo-animale-ambiente il principale fattore determinante, una delle risposte chiave che i Paesi G20 suggeriranno sarà quella di rafforzare l’approccio One Health, che racchiude in un concetto olistico salute umana, animale e ambientale.
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