di Barbara Ganz
Il porto di Trieste (Imagoeconomica)
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Il Veneto, una delle regioni con la maggiore proiezione internazionale, mette sotto la lente tutti i rischi, ma anche le opportunità, create negli ultimi due anni, quando prima la pandemia e poi l'invasione russa dell'Ucraina hanno accelerato le dinamiche di cambiamento delle catene globali del valore e favorito la regionalizzazione delle reti internazionali di fornitura.
A prendere l’iniziativa è Confindustria Veneto Est, che comprende le province di Padova, Treviso, Venezia e Rovigo: insieme rappresentano quasi la metà dell'export veneto (32,7 miliardi di euro nel 2021). La seconda edizione dell'Osservatorio Export dedicato a “La riorganizzazione internazionale delle reti di fornitura tra reshoring e friendshoring”, in collaborazione con SACE e Fondazione Nord Est, ha preso in esame un campione di 657 imprese manifatturiere associate.
Negli ultimi due anni, più di un'impresa manifatturiera su tre del Veneto Est (34,7%) ha cambiato almeno un fornitore strategico: una operazione impegnativa e che richiede tempo per costruire il necessario legame di fiducia. Tra queste, il 58,1% ha optato per nuovi fornitori strategici più vicini, in Italia, e il 16,4% ha scelto fornitori più vicini, ma fuori dall'Italia (Paesi Ue, in prevalenza). Dunque un reshoring delle proprie forniture che punta sulla maggiore vicinanza per il 26% delle imprese, una su quattro.
Perchè si decide di cambiare affrontando comunque una incertezza? La principale motivazione è la disponibilità di fornitori idonei in Italia (43,8%), seguono la convenienza in termini di prezzo, la riduzione dei rischi di approvvigionamento e la qualità del bene e del servizio offerto. Nello stesso periodo, quasi due imprese su tre (una quota del 65,8% che arriva al 81,2% tra quelle con più di 250 addetti) hanno aumentato le scorte di magazzino come forma di “assicurazione” contro i rischi di interruzioni negli approvvigionamenti.
Dopo anni di spinta sull’efficienza, un cambiamento, “dal just-in-time al just-in-case”, che privilegia la sicurezza della fornitura. Ma la regionalizzazione delle catene può rappresentare un'opportunità, anzi già lo è: il 37,2% delle imprese (il 50,7% tra le maggiori) ha visto aumentare gli ordini da parte dei propri clienti grazie alla riorganizzazione delle loro catene del valore.
Cambiamenti in corso che non sembrano legati solo alle recenti emergenze: la maggioranza degli imprenditori e manager ritiene che il reshoring non sia un fenomeno passeggero, ma destinato ad aumentare nel tempo.L'esportazione resta la modalità più diffusa di internazionalizzazione tra le imprese del Veneto Est (per l'83,6%), ma si pone un tema di vicinasnza e concentrazione dei mercati principali. Più di un'impresa su quattro (26,4%) realizza all'estero oltre il 60% dei ricavi totali, con Germania, Francia e Stati Uniti destinazioni principali. La Germania è in testa anche tra i Paesi target per l'approvvigionamento, da parte delle imprese venete, seguita da Cina, Austria.
«L'internazionalizzazione e la partecipazione alle catene globali del valore sono fattori cruciali della capacità competitiva delle nostre imprese - dichiara Alessandra Polin, consigliera delegata Confindustria Veneto Est per l'Internazionalizzazione -. La pandemia e gli shock degli ultimi anni hanno accelerato un processo già in atto di accorciamento delle supply chain per ridurre i rischi che il Covid ha messo a nudo, assorbire i costi esplosi di trasporti e logistica. Le nostre imprese hanno dimostrato grande capacità di reazione e adattamento. Ora però hanno bisogno di politiche di supporto: salvaguardare e potenziare la loro presenza internazionale è una priorità assoluta».
E per Gigliola Arreghini, vicepresidente Confindustria Veneto Est per il Coordinamento rappresentanze esterne, «Mappando la forza e la capacità delle aziende del Veneto Est nel presidiare i mercati esteri, l'indagine si propone come strumento utile alle istituzioni e ai diversi attori politici e sociali per calibrare le politiche volte a rafforzare la competitività del nostro sistema produttivo - dichiara -. Ma questa ricerca vuole essere anche uno strumento operativo per meglio orientare i nostri servizi a supporto delle imprese associate»
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Barbara Ganz
Corrispondente a NordEst
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