How to Spend it
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Seguire il filo segreto degli abiti, intrecciare racconti con parole di stoffa

di Alessandra Vineis

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Lo shopping in galleria Vittorio Emanuele II a Milano.

Lo shopping in galleria Vittorio Emanuele II a Milano.

Mentre la settimana della moda è ai nastri di partenza, un libro è un'occasione per rallentare e godersi il tempo lento di una riflessione filosofica

20 settembre 2021
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3' di lettura

Sarà la prima Milano Fashion Week in presenza quella che sta per cominciare ed è una scommessa su cui si concentrano sforzi e aspettative altissime da parte di tutto il settore. Se gli indicatori del mondo del lusso sono estremamente positivi (la redditività del primo semestre 2021 mostra una ripresa a V, che supera i livelli pre Covid), il comparto moda nel suo insieme registra recuperi significativi, ma si dovrà aspettare almeno il 2022 per poter parlare di una vera rinascita.

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Back stage di moda: uno scatto dalla precedente Milano Fashion Week.

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Mentre si alza il termometro dell'attesa e l'agenda degli eventi si fa ogni giorno più fitta, per ingannare le ore che separano dall'inizio della kermesse, abbiamo scelto una lettura che sposta il linguaggio della moda dalla frenesia del qui-e-ora a una dimensione filosofica e pedagogica. Un'occasione per rallentare e sostare, prima della corsa contro il tempo dei prossimi giorni.

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Il libro di Emanuela Mancino “Il filo nascosto. Gli abiti come parole del nostro discorso sul mondo” (Franco Angeli).

Lo ha scritto una docente dell'Università Bicocca di Milano, Emanuela Mancino e si intitola “Il filo nascosto. Gli abiti come parole del nostro discorso sul mondo” (Franco Angeli).

Il percorso che qui proponiamo, attraverso le pagine dense del saggio, si snoda in tre tappe, che sono altrettanti inviti.

Il primo è di interrogare gli abiti che già abbiamo. Vale la pena di “intrattenersi con quelle cose che ci stanno così vicine da smettere spesso di farci domande”, spiega Mancino, “perché siamo portati a considerarle ovvie, scontate, banali”. Ogni pezzo che scegliamo di indossare è invece uno scrigno di storie, personali e familiari, artigianali e sociali. “Dimorare, abitare negli abiti e nelle abitudini”, dunque non è affatto “statico. Disegna invece un ambito lessicale di continua apertura, di continua itineranza”. Un po' come quando si parte e si prepara la valigia, anche qui, la proposta è di intraprendere un viaggio nel tempo del nostro guardaroba essenziale ed esistenziale.

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Un pannello espositivo all'interno del Museo del Tessuto a Prato.

La seconda tappa è una sfida e insieme un regalo: rieducarsi alla meraviglia. Quella capacità di porre uno sguardo nuovo e aperto sulle cose, non offuscato dal già visto e già conosciuto. Coltivare lo stupore, a partire dal quotidiano, porta ad accorgersi che “sono gli occhi ad aprirsi e non lo straordinario ad accadere”. È un modo dinamico di stare al mondo, un divenire continuo, quella capacità di sentirsi sempre in viaggio, anche da fermi.

Terza avvertenza: sentirsi a casa. Indossare un vestito è innanzitutto abitarlo, perché, spiega Mancino, “abiti, abitazioni e abitudini sono contigui, interconnessi”. Sono esperienze che si sviluppano nell'appartenenza e nella relazione. Per questo, anche quando li dismettiamo, anche quando ce ne andiamo, rimangono “indirizzi in cui possiamo andare a trovare i ricordi di chi siamo stati”. Si viaggia nello spazio, ma anche nel tempo e le mappe delle nostre esplorazioni sono tracce del nostro volto.

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Tessuti e costumi della mostra Turandot e l'Oriente fantastico di Puccini, Chini e Caramba, al Museo del Tessuto di Prato.

Per questo filo, tessuto e arte tessile sono tanto importanti: come diceva Marinetti, rappresentano “un'arte tattile” che indirettamente collabora a “perfezionare le comunicazioni spirituali fra gli uomini attraverso l'epidermide”.

Non resta che avviarsi alla settimana della moda con questo nuovo sguardo, non prima di aver scaricato A linha e o lihno di Gilberto Gil, dalla raccolta Extra. Sembra il racconto di tessiture, aghi e fusi, ma è la trama di una delicatissima storia d'amore. “Il lino, l'innamorato, dice alla linea: voglio ricamare la tua vita nella mia. Come se io fossi il panno e tu la linea… (…) il nostro amore, la nostra trapunta del letto, la nostra tovaglia da tavola che riproducono nei ricami la casa, la strada, il quotidiano, il sole, un uccello, un albero, il nido della bellezza”.

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