di Riccardo Sorrentino
Christine Lagarde (Afp)
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La Banca centrale europea ha deciso di alzare i tassi d’interesse di un quarto di punto percentuale, portando il tasso sui rifinanziamenti principali al 3,75%, quello sui depositi al 3,25%, e quello sui prestiti marginali al 4%: rallenta quindi la stretta - il precedente rialzo è stato di 0,50 punti percentuali - ma al tempo stesso la Banca centrale ha annunciato che da luglio «si aspetta» che i reinvestimenti dei titoli in scadenza acquistati nel corso del quantitative easing (il programma App) siano interrotti.
Fino a giugno saranno pari a 15 miliardi al mese. Viene annunciato quindi un quantitative tightening totale, stimato in 25 miliardi al mese, un ritmo che porterebbe quel portafoglio a quota zero in 12-15 anni.
Altri rialzi dei tassi potrebbero inoltre essere necessari. «Non faremo una pausa, è molto chiaro», ha spiegato in conferenza stampa la presidente Christine Lagarde . «Abbiamo ancora strada da percorrere», ha aggiunto «Le future decisioni del Consiglio direttivo - aveva del resto spiegato il comunicato ufficiale pubblicato al termine della riunione - assicureranno che i tassi di politica monetaria saranno portati a livelli sufficientemente restrittivi per ottenere un tempestivo ritorno dell’inflazione all’obiettivo di medio termine del 2% e saranno mantenuto a quei livelli quanto sarà necessario».
L’effetto dei rialzi dei tassi finora decisi non è sufficiente: «si stanno trasmettendo con forza - spiega la nota - alle condizioni monetarie e di finanziamento dell’area euro» ma «i ritardi e la forza della trasmissione all’economia reale restano incerte»; ed sono solo gli effetti sull’economia reale, ha ricordato Lagarde, che possono davvero portare in basso l’inflazione.
Bisogna quindi fare di più. «Le prospettive di inflazione - ha spiegato Lagarde - sono troppo elevate e per un tempo troppo lungo»: una valutazione che è stata condivisa, ha spiegato, dall’intero consiglio. Tutti i componenti del direttivo sono stati d’accordo sulla necessità di alzare i tassi, anche se alcuni governatori hanno spinto per un rialzo di 50 punti base, e non di 25 punti base. Anche in futuro ogni decisione continuerà a essere presa con un approccio “meeting dopo meeting”, sulla base dei dati in arrivo.
La Bce non può, in ogni caso, far tutto da sola. Ha quindi richiamato i governi, che, «in modo concertato», devono abrogare le misure di sostegno decise per contrastare la crisi energetica, per evitare che alimentino le pressioni sull’inflazione a medio termine: un simile scenario richiederebbe poi una «risposta più forte» della politica monetaria.
Altre pressioni dell’inflazione vengono dal rialzo dei salari, grazie al buon andamento del mercato del lavoro e alla spinta delle negoziazioni salariali, insieme all’aumento dei margini di profitto, grazie al disallineamento di offerta e domanda. Alcune misure di aspettative di inflazione segnalano inoltre un incremento, anche se le attese di lungo termine restano ancorate.
Le tensioni sul settore finanziario, invece potrebbero portare l’inflazione in basso a una velocità più elevato che previsto. Il settore bancario dell’area euro si è comunque mostrato resiliente.
Riccardo Sorrentino
Redattore
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