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Partenariato pubblico privato, è tempo di sgombrare il campo dagli equivoci

di Roberta Capozucca

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Ancora poco sfruttato dalla pubblica amministrazione, il PPP è destinato a diventare centrale per l'attuazione delle riforme promosse dal PNRR. Ma come si materializza nell'ambito del patrimonio culturale?

30 dicembre 2021
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5' di lettura

“Il Pnrr non è il Piano di rilancio di questo Governo, è il piano di rilancio di tutto il Paese”, così pochi giorni fa Mario Draghi è intervenuto alla Conferenza degli ambasciatori d'Italia nel mondo a sottolineare la necessità di un'azione corale per un rapido utilizzo dei fondi stanziati dal Recovery. In altre parole, un'esortazione a mettere in pratica il cosiddetto Partenariato Pubblico Privato (PPP): lo strumento previsto dal Codice degli Appalti Pubblici (D.lgs 50/2016) e fino ad ora poco utilizzato dalle pubbliche amministrazioni, ma che nei prossimi mesi è destinato a diventare centrale per l'attuazione delle riforme promosse dal PNRR e per l'innesto di processi di sviluppo che vadano oltre il 2027.

Il percorso normativo

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In ogni settore, il rapporto pubblico-privato si fonda sulla partecipazione dei cittadini e delle imprese private allo sviluppo e alla gestione di attività, servizi e investimenti pubblici, nella quale le risorse finanziarie e i rischi dell'operazione sono distribuiti tra i partner in misura proporzionale alle loro capacità. In Italia, questa relazione è addirittura sancita dalla Costituzione italiana; all'articolo 4, secondo comma 7 si legge: “ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società”.

Nell'ambito del patrimonio culturale, la relazione tra il pubblico e il privato nasce attorno alla questione economica, per cui i privati sono spesso relegati alla mera funzione di sponsor. In questa logica risiedono i primi provvedimenti normativi risalenti al 1982 con la legge n. 512, volti proprio a definire le donazioni a favore del patrimonio culturale come atti meritori, dunque degni di premio e agevolazioni fiscali di vario tipo. Negli ultimi anni, il percorso politico nonché filosofico portato avanti nei diversi ambiti culturali ha ridefinito il ruolo e la relazione tra questi due attori, chiarendo come l'apporto finanziario non possa separato da una condivisione di obiettivi e di scelte anche nella fase di gestione ordinaria.
Allo stato attuale, la cooperazione tra la pubblica amministrazione e i soggetti privati per la tutela e valorizzazione dei beni culturali trova la sua fonte giuridica in tre importanti provvedimenti: il D.Lgs. del 22 Gennaio 2014 n. 42 del Codice dei Beni Culturali, il D.Lgs. del 18 Aprile 2016 n. 50 del Codice dei contratti Pubblici e in ultimo il D.Lgs. del 3 Luglio 2017 n. 117 del Codice del Terzo Settore, che prevede che gli immobili pubblici possano essere dati in concessione a enti del terzo settore ai fini del loro restauro.
Il combinato disposto dell'art. 112 e dell'art. 115 del Codice dei Beni Culturali apre inoltre le porte alla gestione indiretta del patrimonio culturale attuata tramite concessione a terzi delle attività di valorizzazione, anche in forma congiunta e integrata. Strumento analogo ma orientato più a un progetto di collaborazione di sviluppo territoriale è il Partenariato Speciale contenuto nell'art. 151 del Codice dei Contratti Pubblici. Si tratta di un istituto di natura contrattuale e non istituzionale in quanto non dà vita a nuove forme di governo dei beni culturali, ma definisce modelli operativi e organizzativi finalizzati a perseguire l'interesse generale il Patrimonio culturale sottoutilizzato o in abbandono, pari a oltre 141.000 immobili di pregio secondo le stime di Fondazione Fitzcarraldo.

In Italia

Partendo dal primo caso di Partenariato Speciale Pubblico Privato (PSPP), che ha avuto come suo oggetto la valorizzazione culturale dell'Ex Convento del Carmine a Bergamo, attualmente, sono 21 i Partenariati Speciali Pubblico Privato (PSPP) attivi di cui più del 70% si trovano nei comuni del nord Italia, mentre la restante parte nel centro sud. Questo è lo scenario descritto dall'Osservatorio Nazionale, il centro di ricerca attivato lo scorso maggio su proposta di Anci, Alleanza delle Cooperative (Agci, Confcooperative, Legacoop) e Forum del Terzo Settore a seguito del successo della call Viviamo Cultura, sostenuta dai Fondi Mutualistici della Cooperazione e finalizzata ad accompagnare progetti di valorizzazione di Beni Culturali basati sul PSPP.

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Lentini, il Palazzo Beneventano

Il caso di Badia Lost & Found

Tra i vincitori della call Viviamo Cultura spicca la società cooperativa Badia Lost & Found, che nella fattispecie dei piccoli comuni è rappresentativa di possibilità e problematiche spesso legate alla poca conoscenza di questo strumento.

Dal 2016, la cooperativa siciliana ha avviato un dialogo fattivo con il Comune di Lentini (SR) per la riapertura del Palazzo Beneventano: una dimora storica di circa 9.000 metri quadrati appartenuta alla famiglia Beneventano e impropriamente utilizzata fin dagli anni '90 anche come deposito mezzi della nettezza urbana. Dopo la firma di un protocollo d'intesa che ha permesso alla cooperativa di accogliere turisti, avviare attività didattiche e culturali, nel 2019 è stata presentata al Comune la richiesta di recupero del bene nonché della sua gestione proprio secondo le regole stabilite dall'art.151 del Codice dei Beni Culturali: un progetto d'investimento di diverse centinaia di migliaia di euro, supportato da un business plan e da risorse diversificate (proventi per iniziative culturali, donazioni e crowdfunding, quote soci e premi economici provenienti da finanziamenti pubblici). Superate le prime resistenze amministrative, nell'estate del 2020 è stata avviata la procedura per l'attivazione del Partenariato Speciale Pubblico Privato con una durata di 25 anni rinnovabili, durata media dei partenariati già in essere, ma che ora, a causa del cambio di amministrazione, è stata nuovamente sospesa. Come ci ha raccontato Giorgio Franco, Presidente della Cooperativa Badia Lost&Found: “ciò che sostanzialmente ci viene contestato è la durata del Partenariato, non comprendendo che un accordo di soli pochi anni non potrebbe mai giustificare un investimento in grado di risanare strutturalmente e definitivamente questo bene pubblico”.

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Giorgio Franco, presidente della Cooperativa Badia Lost&Found

“Siamo però consapevoli – prosegue – che la causa di questo nuovo stallo risiede, più in generale, nello stereotipo diffuso che nell'ambito dei beni culturali accosta il Partenariato Pubblico Privato alla privatizzazione del bene stesso così come accade nelle concessioni. Al contrario, invece, proprio la natura giuridica di questo strumento rappresenta una facilitazione e una responsabilizzazione collettiva al patrimonio culturale, del suo recupero e della sua valorizzazione e non rappresenta in alcuna maniera una privazione del bene alla cittadinanza in quanto grazie alla riapertura essa può beneficiarne in maggiore misura sia in termini di accessibilità, fruizione e ampiezza della programmazione”.

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Insomma riqualificare e aprire beni spesso degradati o con usi non coerenti alla loro storia rappresenta un recupero per la collettività. “ In questo senso il partner privato non è il concessionario di un diritto esclusivo di sfruttamento economico del Bene ma è il referente operativo dell'ente territoriale proprietario del bene nel processo di restituzione di valore d'uso culturale per la comunità locale. I principi di co-progettazione, di definizione delle condizioni d'uso e di apertura ad associazioni ed altri soggetti territoriali, con usi temporanei o anche permanenti, che non determinino oneri a carico dell'Ente territoriale sono la cornice di una relazione fiduciaria aperta e generativa che sta restituendo valore con un'efficacia indiscussa nei casi già avviati. Non a caso il recente Avviso della linea b) sui piccoli borghi del PNRR esprime un'indicazione esplicita sulla adozione del modello del PSPP in tema di recupero di Beni culturali. Questo, per la pubblica amministrazione, significa anche trattare l'affidamento in gestione non su base competitiva, come accade nelle procedure in cui il soggetto pubblico concede un prezzo o un bene in cambio di prestazioni dal soggetto privato, ma su base fiduciaria ed eventualmente, in caso di più proposte, su base comparativa in cui vale come criterio di selezione la reputazione del soggetto, la conoscenza diretta del bene e la sperimentazione negli anni di processi di sostenibilità e di co-progettazione civica nella restituzione del suo valore d'uso culturale” conclude Franco.

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