Mimmo Lucano può tornare a Riace, revocato il divieto di dimora
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L’ex sindaco di Riace, Domenico Lucano, è stato condannato a 13 anni e due mesi di reclusione nel processo «Xenia», svoltosi a Locri, in Tribunale, sui presunti illeciti nella gestione dei migranti. La sentenza condanna l’ex primo cittadino a quasi il doppio degli anni di reclusione che erano stati chiesti dalla pubblica accusa (7 anni e 11 mesi). Lucano è candidato all’assemblea regionale della Calabria a sostegno dell’uscente sindaco di Napoli Luigi De Magistris. Dovrà anche restituire 500 mila euro riguardo ai finanziamenti ricevuti dall’Unione europea e dal Governo.
Lucano era imputato di associazione per delinquere, abuso d’ufficio, truffa, concussione, peculato, turbativa d’asta, falsità ideologica e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. La sentenza è stata letta dal presidente del Tribunale di Locri, Fulvio Accurso, dopo una camera di consiglio che si è protratta per quattro giorni. L’inchiesta sull’ex sindaco di Riace è stata condotta dalla Procura della Repubblica di Locri, con indagini delegate alla Guardia di Finanza. Nell’ottobre del 2018 Lucano fu anche posto agli arresti domiciliari dalle fiamme gialle con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e dopo il periodo di detenzione fu applicato nei suoi confronti il divieto di dimora a Riace, poi revocato dal Tribunale di Locri nel settembre del 2019. Tra i condannati c’è anche Lemlem Tesfahun, compagna di Lucano che, secondo i giudici, merita la pena di 4 anni e 10 mesi di reclusione. Il pm aveva chiesto per la donna una condanna a 4 anni e 4 mesi.
Nel processo «Xenia» l’ex primo cittadino stato difeso dagli avvocati Giuliano Pisapia ed Andrea Dacqua. Per il collegio difensivo stiamo parlando di «una sentenza lunare e una condanna esorbitante che contrastano totalmente con le evidenze processuali». Nel chiedere la condanna, il pubblico ministero di Locri, Michele Permunian, nel corso della sua requisitoria aveva affermato che «a Riace comandava Lucano. Era lui il dominus assoluto, la vera finalità dei progetti di accoglienza a Riace era creare determinati sistemi clientelari. Lucano ha fatto tutto questo per un tornaconto politico-elettorale e lo si evince da diverse intercettazioni. Contava voti e persone. E chi non garantiva sostegno veniva allontanato».
Netta la replica dell’imputato: «Questa è una vicenda inaudita. Sarò macchiato per sempre per colpe che non ho commesso. Mi aspettavo un’assoluzione. Grazie, comunque, lo stesso - ha aggiunto Lucano - ai miei avvocati per il lavoro che hanno svolto. Io, tra l’altro, non avrei avuto modo di pagare altri legali, non avendo disponibilità economica. Ho speso la vita per gli ultimi e per combattere le mafie, ho fatto il sindaco, mi sono schierato dalla parte degli ultimi, dei rifugiati che sono arrivati, mi sono immaginato di contribuire al riscatto della mia terra, è stata un'esperienza indimenticabile, fantastica, però oggi devo prendere atto che per me finisce tutto».
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