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Una Cina fiacca e isolata rende più probabile la recessione globale

di Stephen S. Roach

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 Tra i fattori di preoccupazione che gravano sulla crescita mondiale c’è anche il perdurare dei

 Tra i fattori di preoccupazione che gravano sulla crescita mondiale c’è anche il perdurare dei

È ufficialmente iniziato il prevedibile ciclo di revisione al ribasso delle prospettive economiche globali

11 maggio 2022
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5' di lettura

È ufficialmente iniziato il prevedibile ciclo di revisione al ribasso delle prospettive economiche globali. È questo il messaggio del World Economic Outlook semestrale appena pubblicato dal Fondo monetario internazionale, che rafforza le precedenti revisioni compiute da diversi prestigiosi team di analisti del settore privato specializzati nelle previsioni di questo tipo.

La revisione, in gran parte in risposta alla guerra in Ucraina, è notevole: una netta riduzione della crescita economica mondiale al 3,6% per il 2022, ben 1,3 punti percentuali al di sotto della previsione di crescita globale del Fmi del 4,9% fatta solo sei mesi prima. All’Fmi va dato credito di avere avvertito che ciò sarebbe avvenuto, con un provvisorio ritocco al ribasso di 0,5 punti percentuali precedentemente rilasciato a gennaio. Anche così, gettando lo sguardo indietro agli ultimi 15 anni, questa è la terza maggiore riduzione mai applicata prima nel normale ciclo di revisione semestrale del Fmi.

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Nell’aprile 2009, mentre imperversava la crisi finanziaria globale, l’Fmi ridusse la sua stima di crescita globale per l’anno di 4,3 punti percentuali (portando la sua proiezione pre-crisi di crescita positiva del 3% a una contrazione assoluta dell’1,3%). E, naturalmente, quando la pandemia da Covid-19 è esplosa all’inizio del 2020, l’Fmi ha ridotto la sua stima di crescita per l’anno di 6,4 punti percentuali (da una proiezione pre-pandemia del +3,4% a una contrazione assoluta del 3%). In entrambi i casi, il vasto ridimensionamento delle previsioni preannunciava forti recessioni globali, di fatto le due peggiori recessioni della storia moderna.

Eppure, né l’Fmi né la maggior parte degli altri specialisti nelle previsioni ritengono che l’attuale venir meno della crescita a livello globale spingerà il mondo in una vera e propria recessione. L’ultimo World Economic Outlook prevede un perfetto soft landing dell’economia globale da 96mila miliardi di dollari. A seguito della recente revisione al ribasso, la crescita globale dovrebbe ora stabilizzarsi comodamente su una traiettoria di crescita del 3,6% nel 2022-23, che è leggermente al di sopra della media del 3,4% registrata dal 1980. Gli atterraggi non possono essere più agevoli di così.

Ma potrebbe trattarsi di wishful thinking, una vana illusione, per diversi motivi.

Per cominciare, gli autori delle previsioni sono stati eccessivamente ottimisti nell’estrapolare l’euforia del 2021 e iniettarla nel futuro. L’aumento del 6,1% della crescita globale delo scorso anno è stato il rimbalzo più netto mai registrato, secondo le statistiche dell’Fmi che arrivano fino al 1980. Ma faceva seguito al crollo più ripido mai registrato, un crollo del -3,1% nel 2020. Proprio come i lockdown del Covid hanno praticamente portato gran parte dell’economia globale a un’impasse all’inizio del 2020, la riapertura, in concomitanza con uno stimolo monetario e fiscale aggressivo, ha prodotto la madre di tutti gli snapback, ovvero la madre di tutte le riprese.

Gli autori delle previsioni, così come gli investitori, ricavano estrapolazioni delle tendenze attuali per prevedere cosa accadrà in futuro; quindi, è importante guardare attraverso la straordinaria volatilità del 2020-21 per avere una lettura chiara su quale tendenza estrapolare. In questi due anni la crescita del Pil mondiale è stata in media di appena l’1,5%, ben al di sotto della soglia ufficiale di recessione globale, ampiamente considerata intorno al 2,5 per cento. Inutile dire che se la crescita economica mondiale rallentasse più in linea con questa tendenza sottostante rispetto al percorso di atterraggio morbido, un’altra recessione globale potrebbe essere verosimile.

Un secondo motivo per dubitare delle previsioni favorevoli è che il cuscino cinese si è sgonfiato. L’economia di Pechino sta crescendo ben al di sotto del ritmo dell’8% registrato dal 2010 al 2019. Le ultime prospettive dell’Fmi indicano la crescita media cinese nel 2022-23 al 4,75%, solo poco più della metà del trend post-crisi finanziaria globale, quando la forte crescita cinese fu letteralmente l’unica cosa che riuscì a impedire al mondo di ricadere nella recessione del periodo 2012-16. Come allora, la resilienza globale senza un’economia cinese più vigorosa è altamente improbabile.

Questo è il rischio oggi. Con la Cina che attualmente affronta una triplice serie di shock: una nuova ondata di lockdown per il Covid-19, le continue pressioni sulla riduzione dell’indebitamento (soprattutto nell’instabile settore immobiliare) e i danni collaterali legati alla guerra derivanti dalla sua sconsiderata partnership con la Russia, l’economia mondiale non può più fare affidamento sulla Cina come fonte di resilienza. Questa, ovviamente, è un’arma a doppio taglio. Se rafforzerà il proprio impegno nei confronti della Russia, la Cina condividerà l’isolamento del suo “accomandatario”. Per un’economia cinese che rimane profondamente
dipendente dal resto del mondo, questa potrebbe rivelarsi la sfida più grande del presidente Xi Jinping.

In terzo luogo, lo spostamento verso il basso nel ciclo di crescita globale è accompagnato da una forte ripresa dei cicli globali dell’inflazione e dei tassi di interesse. I fautori dell’atterraggio morbido non prendono in considerazione le conseguenze. Mentre l’inflazione sale ai massimi da 40 anni, si parla di “picco di inflazione” – l’idea fantasiosa che peggio di così non potrebbe andare.

Questa superficiale argomentazione aritmetica non coglie il punto. Con l’indice dei prezzi al consumo negli Stati Uniti in aumento dell’8,5% a marzo, c’è ovviamente un’eccellente possibilità che questa spia dell’inflazione sia notevolmente inferiore entro la fine dell’anno. Ma di quanto inferiore? Abbastanza da salvare la Federal Reserve statunitense dalla sua mossa di politica monetaria più irresponsabile mai messa in campo dalla metà degli anni ’70 e inizio anni ’80?

Non ci contate. La Fed ora parla con fermezza, ma parlare non costa nulla. Finora, ha deliberato un rialzo di soli 25 punti base, ovvero appena il 10%, dei circa 250 punti base di inasprimento cumulativo che i mercati finanziari si aspettano nei prossimi sei mesi. Anche se la Fed si muoverà come previsto e aumenterà il tasso sui fondi federali al 2,5% entro novembre, è probabile che il tasso di riferimento nominale resti ben al di sotto del tasso di inflazione.

Ciò significa che il tasso reale (depurato dell’inflazione) sui fondi federali rimarrà in territorio negativo per tutto l’anno, segnando un periodo di 38 mesi di tassi ufficiali reali negativi, uno stimolo decisamente maggiore rispetto ai precedenti periodi di eccessivo accomodamento durante i mandati di Alan Greenspan, Ben Bernanke e Janet Yellen. I tassi di interesse reali sono importanti per mantenere la stabilità dei prezzi e guidare la crescita economica. Quando si valutano i rischi per il ciclo economico globale, la realtà è che per ottenere una ripresa dei tassi reali c’è ancora molto da fare.

Tutto ciò sottolinea i rischi al ribasso che si stanno accumulando nell’economia globale. In qualità di esperto (in via di guarigione) di previsioni di Wall Street, sono molto comprensivo rispetto all’approccio adottato dalla maggior parte dei team di previsione, inclusi i professionisti di grande talento dell’Fmi, che credono di aver preso in considerazione la maggior parte dei rischi possibili. Convinti, in questo caso, e in piena consonanza con i mercati finanziari, che un mondo affetto da tendenze inflattive, con banche centrali ancora incredibilmente accomodanti, stia in qualche modo scivolando gloriosamente verso un memorabile atterraggio morbido. Ma qualcuno pensa davvero che questo scenario già roseo potrebbe davvero verificarsi senza la Cina? Auguri.

(Traduzione di Simona Polverino)

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