di Dario Ceccarelli
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Ah, finalmente! Il Giro d’Italia ha battuto un colpo. Era ora. Ci sono volute venti tappe, oltre tremila chilometri e una infinità di montagne ma questa volta, sotto le tremende rasoiate della Marmolada, è arrivato il botto. Uno di quei botti che fanno clamore e tolgono tutto quel malefico torpore che - diciamolo - ha accompagnato questo Giro d’Italia dove tappa dopo tappa non succedeva mai niente.
Con quei tre big (Carapaz, Hindely e Landa) sempre incollati uno con l’altro con il vinavil. Una roba esasperante perché il ciclismo si esalta quando un campione - il migliore, il predestinato, fate voi - prende l’abbrivio e se ne va. Meglio se in una salita che fa la differenza. E gli altri devono masticare amaro e rassegnarsi al fatto che qualcuno sia stato più bravo. Questo è lo spettacolo. Questo è il ciclismo che dà emozioni e proprio per questo piace agli appassionati.
Ebbene, questa volta, dopo tanta melina, siamo stati finalmente accontentati. Sia perché la frazione, una tappa a cinque stelle, è stato vinta con una azione spettacolare da un ragazzo italiano, Alessandro Covi, 23enne varesino della Uae Emirates, che promette fuoco e fiamme anche per il futuro («questa vittoria è solo l’inizio di una lunga serie», ha detto dopo l’arrivo).
Giro d'Italia - Tappa 20 - da Belluno alla Marmolada - Alessandro Covi esulta per la vittoria sulla linea del traguardo (Reuters/Jennifer Lorenzini)
Sia perchè finalmente ai piani alti della classifica qualcuno - Jai Hindley - ha tirato il cazzotto che ha mandato al tappeto i rivali.
E il cazzotto l’ha preso in faccia l’ex maglia rosa Richard Carapaz, steso sulle ultime rampe del passo Fedaia, proprio quando sembrava che ancora una volta non succedesse niente. E che tutto fosse rinviato alla cronometro conclusiva di questa domenica 29 maggio di Verona.
E Invece no. Il lungo ed estenuante braccio di ferro, durato tre settimane, si è sbloccato a 2,5 km dal traguardo quando Hindley, con un affondo micidiale, ha preso il largo portandosi dietro Karapaz che per un po’, con le unghie e coi denti, è riuscito a non farsi staccare. Ma poi nell'ultima rampa di Malga Ciapela, l’australiano, 26 anni, ha dato un’altra sgommata troppo potente per l’ecuadoriano. E come se si fosse squarciato un velo che ha fatto emergere la verità. Hindley leggero come una piuma, è andato verso il traguardo, l’ex maglia rosa, sempre più caracollante, ha perso secondi su secondi.
Prima della partenza, la maglia rosa aveva un piccolo tesoretto di 3 secondi. Ora la storia del Giro è completamente cambiata: l’australiano di Perth è il nuovo leader con un minuto e 25 secondi di vantaggio sul povero Carapaz, arrivato al traguardo sgonfio come un palloncino bucato.
Lo sconfitto sa d’aver perso la maglia rosa, ma soprattuto sa che nell’ultima cronometro (Verona-Verona, 17,4 km) non c’è più nulla da fare. Sia perché è una distanza troppo breve per riuscire a ribaltare la classifica, sia perché tra i due, quella più pimpante è sicuramente Hindley, già arrivato a un soffio dal successo al Giro del 2020.
Questa volta, però, non c’è trippa. Quasi un minuto e mezzo è un’ottima assicurazione sulla maglia rosa. Poi Carapaz, nel finale, è stato staccato anche da Landa, che ora in classifica è terzo a un minuto e 51” dalla maglia rosa.
Quarto posto per Nibali a oltre 7 minuti. Il siciliano ha tenuto botta con dignità cercando sempre di onorare il suo ultimo Giro. La vittoria di Alessandro Covi - quarto successo di tappa italiano dopo quelli di Dainese, Oldani e Ciccone, è di buon auspicio per il futuro. Un bel passaggio di testimone tra due generazioni. Per ora è solo una speranza, ma il ragazzo si farà. Non si vince sulla Marmolada se non si ha la stoffa del campione.
Dario Ceccarelli
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