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Siria, Usa verso nuove sanzioni alla Russia. «Armi chimiche, ispettori non possono entrare a Douma»

di Redazione Online

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Nikki Haley, ambasciatrice Usa alle Nazioni Unite

Nikki Haley, ambasciatrice Usa alle Nazioni Unite

15 aprile 2018
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3' di lettura

Dopo il raid in Siria di Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna, cosa succede? Guerra iniziata e finita in un week-end? I giornali americani sottolineano come opere e parole di Trump collidano con la sua volontà di ritirarsi dalla Siria. In verità in Siria c’è un’esigua presenza americana, appena 2mila soldati ufficialmente lì per combattere lo Stato Islamico, ma far tornare anche quelle truppe avrebbe un valore simbolico più grande, una ritirata strategica dal Medio Oriente che spianerebbe la strada alle ambizioni di Russia e Iran. E questo non è nei piani degli americani. Lo spiega Nikki Haley, una dei pochi politici che sta crescendo all’ombra di Trump, forse l’unica, protetta da un ruolo, rappresentante permanente alle Nazioni Unite, che le permette di fare il portavoce della Casa Bianca ma di rimanere a debita distanza dal quotidiano presidenziale.

Haley, intervistata dalla tv filo Trump Fox News, afferma che le truppe americane rimarranno in Siria fino a quando non verranno raggiunti tutti gli obiettivi. Che sarebbero tre: 1) assicurarsi che le armi chimiche non vengano più usate in nessun modo e non ledano interessi americani. 2) sconfiggere lo Stato Islamico; 3) osservare le mosse dell’Iran. E quest’ultima ragione sembra quella strategica perché come ha confidato Trump poco tempo fa a un suo consigliere «ogni volta che mi giro, ogni cosa che sento, riguarda sempre l’Iran, l’Iran, l’Iran». E siccome gli ayatollah sono più attivi che mai nella regione, è difficile pensare che gli americani si ritirino.

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Lite tra russi e britannici per sito armi di Douma
A 12 ore dalle parole di Haley scoppia un’altra baruffa: la delegazione britannica sostiene che agli ispettori dell’agenzia che vigila sull’uso di armi chimiche non è stato permesso di entrare nel sito di Douma - luogo dell’attacco chimico per cui è scattato il raid occidentale. Il viceministro degli esteri russo ribatte che non è vero, non è stato proibito alcun accesso.

Washington: duri con la Russia
Fa specie la dichiarazione congiunta di domenica di Vladimir Putin e il presidente iraniano Rouhani sull’effettivo danno del raid alle prospettive di pace, a una risoluzione politica e pacifica per la Siria. Haley però tende a distinguere fra Iran e Russia con cui le relazioni «sono molto deteriorate» ma con cui si spera di continuare a dialogare. Epperò questo miglioramento non è in vista anzi. Il dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti - dice Haley - lunedì annuncerà nuove sanzioni contro la Russia legate al suo coinvolgimento nell’attacco con armi chimiche in Siria. Una posizione dura che Haley condivide con un altro repubblicano, il neo segretario di Stato Mike Pompeo che poche ore prima il raid aveva dichiarato «la Russia non ha recepito il messaggio».

Anche la Russia, però, prepara una risposta. Questa settimana, infatti, il parlamento russo sarà chiamato a discutere misure tese a vietare alle società statunitensi di lavorare con l'industria aerospaziale e nucleare russa, con potenziali effetti su grandi gruppi Usa come Boeing e General Electric, che metterebbero in pericolo il commercio bilaterale per un valore di quasi 30 miliardi di dollari l'anno.

Dal canto suo Trump, oggi impegnatissimo a distruggere via Twitter il memoir dell’ex capo dell’Fbi James Comey, dà segnali contrastanti: dice che si vuole ritirare ma loda gli alleati Francia e Gran Bretagna, pronti a sostenere un’altra risposta militare nel caso Assad torni a usare armi chimiche.

Che la pratica Siria non sia ancora chiusa è confermato dalle parole di una senatrice repubblicana, Joni Ernst, membro della Commissione Forza armate, che avverte: se il presidente vuole andare avanti in Siria deve lavorare con il Congresso. Alla tv NBC, Ernst dice che non è facile andare avanti se lui (Trump) vuole impegnare truppe di terra nell’area... Ma è certo che se lui vuole spingersi oltre deve per forza lavorare con il Congresso». (An. Man.)

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