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Rischio Italia, perché la speculazione sullo spread resta in agguato

di Andrea Franceschi

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(ANSA)

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20 giugno 2018
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4' di lettura

La tensione sullo spread è molto calata dopo la formazione del governo. Ciò non significa tuttavia che gli investitori abbiano improvvisamente archiviato il tema del rischio Italia. Anzi. La preoccupazione per le scelte di politica economica del nuovo esecutivo resta viva parlando con gli investitori esteri. «L'Italia - si legge nell'outlook di mercato del fondo francese Ostrum - è oggi l'elefante nella stanza». Un colosso considerato «troppo grande per fallire» le cui mosse, potenzialmente destabilizzanti per gli equlibri finanziari e politici dell'Eurozona, sono fonte di incertezza per chi investe.

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«Ad oggi - spiega Philippe Waechter, capo economista del fondo - abbiamo un contratto di governo che prevede una serie di misure come la flat tax, l'abolizione della riforma delle pensioni e il reddito di cittadinanza in grado di mettere a rischio la tenuta dei conti pubblici. Allo stesso tempo il ministro del Tesoro Giovanni Tria ha rilasciato dichiarazioni vanno nella direzione di una maggiore responsabilità sul tema dei conti pubblici. Come i due orientamenti siano conciliabili resta ancora un mistero».

Un mistero su cui sarà possibile fare luce solo con i numeri della prossima legge di bilancio scritti nero su bianco. «Fino ad allora - spiega Mattia Nocera di Belgrave Capital Management (gruppo Banca del Ceresio) - è difficile che gli investitori prendano posizioni importanti approfittando dei prezzi a sconto. Alcuni fondi hedge che hanno scommesso contro sull'Italia non hanno cambiato orientamento e non è da escludere una nuova fiammata della volatilità».

L'Italia insomma resta osservato speciale. Nonostante tassi e spread siano molto scesi in queste settimane la curva dei rendimenti rimane significativamente più alta rispetto ai livelli di inizio maggio. Sulle scadenze da due a dieci anni il livello dei tassi viaggia tra lo 0,75 e l'1% in più. «Il mercato - spiega Nocera - si sta attestando su livelli compatibili con l'incertezza politica sul tema della gestione dei conti pubblici. Non era pensabile che i tassi restassero sui livelli a cui erano prima della formazione del governo».

Viene da chiedersi se a questi livelli comprare Borsa e titoli di Stato italiani non possa essere conveniente. «Abbiamo comprato BTp a due anni quando i tassi su questa scadenza hanno sfondato quota 2,70% nei momenti di massima tensione - spiega Olivier de Larouziere, capo degli investimenti nel reddito fisso del fondo Ostrum (gruppo Natixis) - ma si è trattato di normale trading. Sarei molto più prudente a prendere posizioni importanti considerando le incertezze sul quadro futuro».

Incertezze che, secondo i gestori del fondo francese, non riguarderanno tanto l'impatto sui bond italiani della fine del Quantitative easing («la Bce continuerà a reinvestire ancora a lungo i titoli in portafoglio») quanto l'eventualità di un corto circuito tra banche e titoli di Stato. Un contagio che rischia di scattare in caso di declassamento da parte del rating sovrano e, a cascata, del merito di credito delle banche che di BoT e BTp sono i principali sottoscrittori.

Una bocciatura viene data per scontata da parte degli esperti del fondo francese da parte di Fitch, che sull’Italia si pronuncerà il prossimo 31 di agosto, e di Moody’s che lo scorso 25 maggio ha messo sotto osservazione il rating sovrano in vista di un possibile downgrade e che il prossimo 7 settembre potrebbe annunciare la bocciatura. Secondo i gestori del fondo il quadro politico attuale potrebbe spingere Standard & Poor's, che ad ottobre dello scorso anno ha alzato il giudizio sul rating sovrano dell'Italia a BBB, a rivedere la sua posizione in occasione dell’aggiornamento sul rating in programma il prossimo 26 ottobre.

Una bocciatura rischia di avere conseguenze pesanti perché ci porterebbe a un passo da uscire dalla classificazione “investment grade”. Perché questo succeda basta che il giudizio scenda di due gradini sotto la soglia BBB- nella classificazione di S&P, Fitch e Dbrs o Baa3, nella classificazione di Moody's. Con un rating a livello “spazzatura” le conseguenze sarebbero pesanti perché molti investitori istituzionali (tipicamente i fondi pensione) non possono per statuto detenere titoli con un rating inferiore a investment grade.

Se tutte e quattro le agenzie classificano come “junk” (spazzatura) il debito pubblico italiano BoT e BTp escono dal Quantitative easing. La Bce poi deve applicare uno sconto maggiore (haircut) alle banche che li presentano come garanzia (collaterale) a fronte di prestiti. Questo significa che aumenta il costo di rifinanziamento del capitale e le banche sono costrette a chiedere tassi più alti per finanziare famiglie e imprese. Con le conseguenze che si possono immaginare su un’economia, come quella italiana, che sta attraversando una fase di flebile ripresa.

La tempesta che ha travolto banche e titoli di Stato tra la fine di maggio e i primi di giugno è stata pesante. Ma è anche vero che è stato un movimento molto speculativo. «Abbiamo registrato un picco di attività sui future ma sul mercato secondario cash non ci sono state vendite significative» spiega Olivier de Larouziere. Conferme in questo senso arrivano anche da Mts, principale piattaforma di scambio dei nostri titoli di Stato: «I derivati, incluso il BTP future quotato su Eurex, hanno registrato volumi in crescita e questo è in linea con i momenti di alta volatilità in cui gli investitori istituzionali e market makers tendono a tenere le posizioni del sottostante ferme e si “hedgiano o riposizionano” con future, cds e opzioni per poi ritornare a gestire il sottostante quando la volatilità ritorna ad essere gestibile». Il mercato in altre parole ha retto il colpo e non c’è stato un smobilizzo importante di posizioni. Una buona notizia ma anche un avvertimento per il nuovo governo: per fare in modo che i capitali non fuggano dall’Italia è necessario conquistarsi la fiducia degli investitori.

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