di Cristina Casadei
Nobel a Chimica verde, premiati gli ingegneri delle molecole
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Il balzo della filiera delle costruzioni e dell’arredamento, così come quello dei prodotti per l’igiene e la sicurezza e la crescita delle esportazioni, sono tra i fattori che hanno fatto riguadagnare alla chimica i livelli pre pandemia. Nel 2022, le imprese di Federchimica si preparano alla crescita vera e propria, pur con una serie di incertezze. Stiamo vivendo una fase molto particolare che la federazione definisce di grosse luci, rappresentate dalla ripresa e dal ritorno alla crescita, e ombre, rappresentate dai costi legati allo shock energetico e alle materie prime alle stelle, oltre che ai noli e alla logistica. A cui si aggiungono le profonde trasformazioni di alcuni settori clienti, come l’automotive.
Se sullo sfondo resta una pandemia che continua ad avere un impatto molto forte, i numeri del bilancio di fine anno raccontano un settore che ha avuto una reazione molto forte, al punto che il valore della produzione del 2021 (56 miliardi, con una crescita del 7,7% sul 2020) ha pienamente recuperato la perdita del 2020 (50,6 miliardi di euro, con un calo del 7,7% sul 2019). E per il 2022 si parla di crescita vera e propria, con un balzo in avanti del 3,5%, a patto che si assista a una normalizzazione del duplice fronte energia e materie prime.
In questa situazione una crisi energetica prolungata comprometterebbe senz’altro la ripresa. Le previsioni oggi sono soggette a particolare incertezza non solo per via dell’evoluzione pandemica e macroeconomica, ma anche per la difficoltà a valutare l’effettivo tenore della domanda in una situazione di tensione sull’offerta, che condiziona la clientela finale. Questo quadro tiene conto anche del primo slancio che potrebbe arrivare dalle opportunità generate dal Pnrr in molti settori clienti strettamente legati alla chimica, dalle infrastrutture alle costruzioni alla sanità. Così come dei progetti specifici legati alla transizione ecologica, come quelli dedicati all’idrogeno a cui sono destinati 3 miliardi e quelli dedicati al riciclo chimico nell’ambito dei progetti faro per l’economia circolare, a cui sono destinati 600 milioni.
L’export ha contribuito a sostenere l’attività, superando i livelli pre-covid con una crescita del 10,9% in valore nei primi mesi rispetto allo stesso periodo del 2019. Il confronto con il 2019 vede tutti i mercati di destinazione con il segno positivo, fatta eccezione per il Regno Unito, dove pesa l’impatto della Brexit. Nei mesi più recenti si è però sentito il combinato della forte tensione dei prezzi e dell’andamento meno brillante dei volumi. Il rallentamento è molto marcato in Cina, ma adesso si è esteso ai principali partner europei, dove pesa la nuova ondata di contagi che ha colpito alcuni dei principali partner commerciali, come la Germania.
Nonostante le preoccupazioni della recrudescenza della pandemia, le imprese chimiche definiscono la domanda soddisfacente, pur con molte differenze tra i settori clienti. Da un lato si osservano quelli legati alle filiera delle costruzioni, che stanno vivendo un boom di domanda, condizionato però da alcune strozzature dell’offerta per la carenza, per esempio, di manodopera qualificata che ritarda i cantieri. Rimane molto elevata, superiore rispetto al passato, la domanda di tutti i prodotti chimici per l’igiene e la sicurezza, mentre la carenza di chip e le incertezze legate a una transizione forzata verso l’elettrico condizionano l’auto e provocano una frenata degli acquisti di prodotti chimici, con ricadute anche in altri settori clienti, come il cuoio.
Partendo dalla considerazione che la sfida ecologica potrà essere affrontata solo con l’innovazione tecnologica, la chimica ha significativamente rafforzato l’impegno in ricerca e sviluppo. In Italia, dal 2010, le spese in questo ambito sono aumentate del 40%, sostanzialmente in linea con la Germania e più che in Francia, Spagna e Belgio. Nel nostro paese negli ultimi 5 anni gli occupati sono aumentati del 6% e la chimica si è affermata come uno dei settori che più di altri ha creato nuovi posti di lavoro stabili. Se il 2020 è stato un anno di sostanziale tenuta, il 2021 ha invece visto una ripresa dell’occupazione.
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