Ue, Meloni: abbiamo bisogno di difendere la nostra competitività
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L’invasione dell’Ucraina ha rappresentato uno spartiacque per l’Europa anche in termini economici: dal marzo scorso, in deroga alle consuete norme comunitarie, Bruxelles ha preso 210 decisioni autorizzando 190 misure nazionali per 673 miliardi di euro di sussidi pubblici. L’ampio spazio fiscale disponibile rende la Germania la regina degli aiuti di Stato, con oltre la metà delle misure approvate dall’Ue.
Di seguito una panoramica per Paese degli stanziamenti, stando agli ultimi dati elaborati dalla Commissione europea (tra parentesi la percentuale sul totale degli aiuti approvati): 1. Germania - 356 miliardi (53%) 2. Francia - 162 miliardi (24%) 3. Italia - 51 miliardi (7,6%) 4. Danimarca - 24 miliardi (3,6%) 5. Finlandia - 18 miliardi (2,6%) 6. Paesi Bassi - 12 miliardi (1,8%) 7. Polonia - 11 miliardi (1,7%) 8. Spagna - 10 miliardi (1,5%) 9. Ungheria - 6,4 miliardi (1%) 10. Romania - 5,6 miliardi (0,8%)
«Possiamo essere d’accordo con l’aumento degli spazi per gli aiuti di Stato, ma in cambio di una flessibilità ampia sulla revisione di tempi e contenuti del Pnrr e di una riforma della governance europea che non penalizzi gli investimenti strategici». Così il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti riassume - in un colloquio con un gruppo di testate italiane e straniere, tra cui il Sole 24 ore - la posizione italiana alla vigilia del Consiglio europeo. «Nel giro di due-tre settimane - spiega il ministro, come riporta il quotidiano economico - avremo i risultati della ricognizione sui progetti che abbiamo chiesto a tutti i ministeri. Probabilmente dovremo compiere la scelta dolorosa di rinunciare ad alcune iniziative» ma «se non rivedessimo il piano mi sentirei responsabile di spendere fondi pubblici per obiettivi non prioritari. Nel Pnrr ci sono opere non strategiche: per esempio siamo certi che tutti i progetti dei Comuni aiutino la crescita economica?»
Intanto si definisce il nuovo piano industriale europeo disegnato dalla Commissione europea, sul tavolo dei capi di Stato e di governo per rispondere al maxi-pacchetto da 370 miliardi di dollari di sussidi pubblici messi a disposizione dagli Stati Uniti nel loro Inflation Reduction Act (Ira). Ecco di seguito gli elementi principali.
Un quadro normativo semplice e prevedibile per aprire i sussidi pubblici fino al 2025, con un’avvertenza al rischio di frammentazione del mercato unico: dovranno essere circoscritti ai settori verdi (su tutti, pannelli solari, batterie, turbine eoliche o pompe di calore), ma anche agevolazioni e aiuti diretti alle aziende ricalcati su quelli offerti dagli americani. E i sussidi potranno essere anche economicamente “corrispondenti”, andando cioè a toccare le stesse cifre offerte da Usa, Cina o altri Paesi terzi, per scongiurare il rischio di delocalizzazione.
Nel breve termine l’Ue prevede di riorientare a favore delle industrie i fondi ancora disponibili tra Recovery Fund e RePowerEu - 250 miliardi di euro nel complesso - e 100 miliardi dalla politica di coesione, oltre alle risorse stanziate nei fondi InvestEu e per l’Innovazione.
Fin qui solo preannunciata, la proposta vera e propria sarà presentata prima dell’estate ma potrebbe vedere la luce soltanto a fine 2023. Al momento sembra escluso un remake del NextGenerationEu o di un programma di prestiti sullo stile dello Sure. Il Fondo dovrebbe piuttosto basarsi su una revisione del bilancio pluriennale comunitario 2021-2027 e servirebbe a dare una risposta strutturale alle necessità di investimento ’green’.
Bruxelles stima che il 30-40% della forza lavoro Ue sarà interessata dalla transizione verde e prevede pertanto la riqualificazione dei lavoratori.
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