Istat, l'inflazione rallenta a dicembre
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L’Italia non finirà in recessione quest’anno. La Banca d’Italia nel Bollettino economico trimestrale alza addirittura la stima allo 0,6%, dallo 0,3% indicato nella previsione dello scorso ottobre, ma avverte che la proiezione è puramente “indicativa” data “un'incertezza eccezionalmente elevata, associata all'andamento dei prezzi e della disponibilità di materie prime” e “alle ripercussioni della fase di restrizione monetaria a livello globale”. I rischi per lo scenario dell’economia italiani sono quindi al ribasso.
La recessione colpirebbe invece il Paese nello scenario avverso: quello con uno stop totale delle forniture energetiche della Russia all’Europa. Il 2022, invece, si avvia ad essere archiviato con una crescita del 4% con un indebolimento nel quarto trimestre rispetto al terzo (+0,5% quest’ultimo). Le stime del Bollettino Economico nello scenario di base indicano una crescita del Pil in accelerazione all’1,2% sia nel 2024 che nel 2025. L'inflazione, salita quasi al 9% in media nel 2022, scenderebbe al 6,5 quest'anno e più decisamente in seguito, portandosi al 2% cento nel 2025..
Il caro prezzi nel 2023 frenerà i consumi delle famiglie che lo scorso anno erano volati anche per il ritorno alle abitudini di spesa precedenti la pandemia. Come si legge nel bolletino economico, i consumi saliranno dell’1,5%, dopo il +4,6% dello scorso anno, “principalmente a seguito dell’effetto di trascinamento determinato dalla forte espansione dell’anno precedente”. Nel biennio 2024-25 “rallenterebbero poco al di sotto dell’1%. Il tasso di risparmio, diminuito al 7,1 per cento nel terzo trimestre del 2022, scenderebbe ancora nell’anno in corso, per recuperare solo parzialmente nel biennio successivo
Confcommercio si concentra invece sui primi mesi dell’anno, dove la recessione è data per probabile, sia pure di lieve entità. «Il rallentamento della domanda delle famiglie, dovrebbe avere innescato un ciclo recessivo, di durata e intensità ridotte». È quanto afferma l’Ufficio studi Confcommercio che stima per gennaio un Pil «in calo dello 0,9% in termini congiunturali, con una crescita dello 0,4% su gennaio 2022, ponendo le premesse per un primo trimestre recessivo».
Quanto all’inflazione, a gennaio i prezzi al consumo dovrebbero registrare un incremento dello 0,6% su dicembre, portando il tasso tendenziale al 10,5% (dall’11,6% di dicembre). Ma per Confcommercio è «difficile ipotizzare una crescita dei prezzi nella media del 2023 sotto il 6%», come eredità del 2022, l’inflazione acquisita per il 2023 è stato pari al 5,1%.
Prosegue secondo Confcommercio la fase di “contraddizione” tra le evidenze emergenti dagli indicatori congiunturali. «A una fiducia in forte risalita si contrappone l’azzeramento della crescita dei consumi nell’ultimo quarto del 2022. Produzione e occupazione sarebbero in riduzione tra novembre scorso e l’attuale mese di gennaio, eppure segnali molto favorevoli si riscontrano sul versante dell’inflazione, molto elevata ma probabilmente in significativa riduzione nei prossimi mesi».
«Nonostante l’erosione del potere d’acquisto di redditi correnti e ricchezza liquida, solo in parte compensata dai sostegni pubblici, l’atteggiamento delle famiglie resta positivo e non si avvertono cambiamenti radicali nei comportamenti d’acquisto. Sono da escludere, quindi, almeno a breve termine, drastiche e generalizzate riduzioni della domanda».
A novembre la produzione industriale ha confermato la tendenza al rallentamento, «trend che perdurerebbe fino ai primi mesi del 2023, stando alle indicazioni degli imprenditori». Secondo i dati di Confcommercio, il mercato del lavoro ha mostrato, a novembre, una sostanziale tenuta con una lieve riduzione del numero di occupati (-0,1% su ottobre pari a -27mila unità). Nello stesso mese i consumi, espressi nella metrica dell’ICC (l'indicatore dei Consumi Confcommercio, ndr), hanno confermato la tendenza ad una minore dinamicità, con una crescita dello 0,4% su base annua. Il dato è sintesi di una flessione della domanda per i beni (-0,2%) e di una crescita per i servizi (+2,7%). Nel complesso del 2022 l’ICC ha registrato una crescita del 4,2%, sintesi di un recupero più accentuato dei servizi (+15,5% sul 2021) e di una moderata crescita della domanda di beni (+0,4%). Nonostante questo andamento molto positivo, i livelli di consumo si mantengono ben distanti dai valori complessivi del 2019 (-4,1%). I servizi si confermano in forte ritardo (-11,2%), così come il segmento dell’automotive (-23,8%) e dell’abbigliamento e calzature (-6,6%).
«Il 2022 si è chiuso con buoni risultati sia in termini di consumi, attorno al 4,5%, sia di Pil in progresso, poco sotto il 4%. Tuttavia caro bollette e inflazione spingono verso una recessione che comunque dovrebbe essere di ridotta intensità. L'energia costa, ad esempio, il doppio che in Francia. Dobbiamo recuperare, dunque, competitività ed è necessario rafforzare sostegni a famiglie e imprese», ha commentato il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli.
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