di Alessandro Galimberti
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OnlyFans, la piattaforma britannica di intrattenimento in abbonamento, è tenuta a pagare l'Iva sull'intero importo pagato dai fans ai creatori di contenuti, e non solo sul 20% delle rimesse. Sarà grazie, paradossalmente. alla sentenza emessa ieri dalla Corte di giustizia Ue (C-695/20), che il fisco di Sua Maestà potrà recuperare quattro anni di imposte sul valore aggiunto che la Fenix, società gestore della nota piattaforma, si era autoridotta tra il 2017 e il 2020.
Quando l'amministrazione fiscale e doganale del Regno Unito notificò alla proprietaria di OnlyFans l'atto di accertamento per le quattro annualità di Iva (unico tributo europeo e regolato da norme comunitarie, va ricordato) le isole di Sua Maestà erano nella fase di transizione in uscita Brexit, ma formalmente ancora sotto la giurisdizione continentale. Da qui il “regalo” postumo dei giudici del Lussemburgo. Regalo non da poco, considerato che la Corte ha giudicato lecita – contrariamente a quanto sostenuto da Fenix/OnlyFans - la precisazione che il Consiglio europeo aveva emanato a margine della Direttiva Iva, anche e soprattutto per evitare fenomeni di elusione legati alle nuove tecnologie.
Nel modello di business di OnlyFans i creatori di contenuti guadagnano dagli abbonamenti di chi si iscrive per fruire dei contenuti da loro prodotti, i fan, appunto. Ogni creatore dispone di un «profilo» sul quale carica e pubblica fotografie, video e messaggi, e i fan possono accedere solo effettuando pagamenti ad hoc o abbonandosi mensilmente e, possono anche versare «mance» o doni.Il costo dell'abbonamento è deciso dal creatore, ma la Fenix-OnlyFans stabilisce un minimo dovuto sia per gli abbonamenti sia per le «mance», fornisce il dispositivo per le transazioni finanziarie ed è responsabile della riscossione e della distribuzione dei pagamenti. Per queste attività si rivolge formalmente a un , la cui intermediazione è oggetto della controversia: Fenix preleva infatti il 20% delle somme versate ai creatori, a cui fattura l'importo corrispondente. Solo su questo 20%, poi, la società applica l'iva britannica del 20%.
La precisazione alla direttiva comunitaria decisa dal Consiglio europeo nel 2015, volta proprio a impedire forme elusive sull'Iva, secondo OnlyFans – autrice del ricorso alla Corte europea -era andata oltre i limiti consentiti dalle norme di attuazione. I giudici della Grande Sezione, però, con un articolato excursus di motivazione, hanno dato torto alla piattaforma, lasciando in dote ai un tesoretto che, forse, contribuirà ad alimentare i rimpianti degli euronostalgici d'Oltremanica.
Alessandro Galimberti
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