di Giuseppe Argentino
Pensioni, Quota 100 non è decollata, solo 380mila domande in 3 anni
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Un lettore ci scrive: Ho 74 anni, sono iscritto ad un fondo aperto dal 1988, e dal 2009 sono in pensione, senza però aver chiesto la prestazione complementare al fondo dove continuo a versare 5000 euro all’anno. Quando chiederò la prestazione al fondo mi verrà applicato il trattamento fiscale agevolato?
Proviamo a rispondere con ordine. Prima di tutto, per ottenere il riscatto al pensionamento fruendo del trattamento fiscale che il lettore definisce “agevolato”, occorre esercitare l’opzione consentita dall’articolo 23, comma 7, lettera c) del Dlgs 252/2005.
Si tratta di una opportunità riservata ai cosiddetti “vecchi iscritti a vecchi fondi”, espressione che designa le persone, come il lettore, che si sono iscritte a fondi pensione prima del 15 novembre 1992, data di entrata in vigore della legge 421/1992, che all’articolo 3, comma 1, lettera v), aveva delegato il governo ad emanare un decreto legislativo finalizzato alla costituzione di forme di previdenza complementare: in attuazione di tale delega era poi stato emanato il Dlgs 124/1993.
Poi ha fatto seguito il Dlgs 252/2005 che, a decorrere dal 2007, ha introdotto significative innovazioni nell’ordinamento dei fondi pensione, con riferimento, ma non solo, sia alle prestazioni, sia alla normativa fiscale. In particolare, tale ultimo decreto, all’articolo 11, comma 3, ha disposto che le prestazioni complementari al pensionamento possano essere liquidate in rendita, o in capitale, ma in questo caso solo nel limite del 50% del montante finale accumulato, prevedendo comunque un’eccezione che consente la liquidazione della prestazione interamente in capitale, nel caso in cui la rendita derivante dalla conversione di almeno il 70% del montante finale sia inferiore al 50% dell’assegno sociale, che nel corrente anno 2022 ammonta a euro 6.079,45 su base annua. Il successivo comma 6 ha poi affermato che sulle prestazioni pensionistiche complementari sia operata una ritenuta a titolo d’imposta nella misura del 15%, che si riduce dello 0,3% per ogni anno eccedente il quindicesimo di partecipazione a forme complementari, con un limite massimo di riduzione del 6%: a questo trattamento fiscale fa riferimento il lettore nel definirlo “agevolato”.
Venendo al merito del quesito, nel confermare che il superamento dell’età pensionabile consente al lettore di ottenere una prestazione pensionistica, sia in rendita, sia in capitale, va osservato che l’articolo 23, comma 7, lettera c) del citato Dlgs 252/2005, in deroga alle disposizioni sulle prestazioni pensionistiche sopra esposte, rende possibile per i “vecchi iscritti a vecchi fondi” la liquidazione dell’intera prestazione in capitale, con opzione tra diversi regimi fiscali, prevedendo sia la liquidazione dell’intero montante maturato, con applicazione del regime tributario vigente alla data del 31 dicembre 2006, sia, in alternativa, la facoltà di optare per l’applicazione del regime fiscale di cui all’articolo 11 comma 6, ma limitatamente al montante accumulato successivamente all’anno 2006.
A tal proposito la circolare dell’agenzia delle Entrate 70/E del 2007, al punto 5.1.2, ha confermato che l’esercizio dell’opzione per l’applicazione del regime di cui ai commi 3 e 6 del citato articolo 11, comporta, per il montante maturato dal 1°gennaio 2007, l’applicazione del trattamento fiscale di cui all’articolo 11, comma 6, che implica comunque l’obbligo, dettato dal precedente comma 3, di percepire la prestazione in capitale in misura non superiore al 50% di tale montante, fatta salva la particolare eccezione della liquidazione dell’intero capitale alla quale sopra si è fatto cenno. L’agevolazione alla quale si riferisce il lettore potrà quindi trovare applicazione solo sulla quota di prestazione in capitale calcolata sul montante maturato successivamente all’anno 2006, nei limiti della disposizione dettata dal citato articolo 11, comma 3.
Sono un dirigente d’industria al quale recentemente è stato proposto, in virtù di un accordo contrattuale, un incentivo all’esodo che vorrei destinare al fondo di previdenza complementare. Mi hanno detto che la somma devoluta al fondo va corrisposta in regime di neutralità fiscale come il Tfr: è corretto?
La risposta è negativa, infatti, come recentemente precisato dall’agenzia delle Entrate con “Risposta a Quesito” 323 del 3 giugno 2022, la devoluzione ad un fondo pensionistico complementare di somme relative a incentivo all’esodo non può avvenire in regime di neutralità fiscale perché, in applicazione dell’articolo 19, comma 4, del Testo unico delle imposte sul reddito (Tuir) approvato con Dpr 917/1986, tale neutralità si applica solo al Tfr. In particolare, l’Agenzia osserva che nel caso specifico si tratta di somme sulle quali trova applicazione l’articolo 17, comma 1, lettera a), del Tuir, che prevede l’applicazione della tassazione separata per indennità e somme percepite “una tantum” in dipendenza della cessazione del rapporto di lavoro, nonché per le somme e i valori comunque percepiti a seguito di transazioni relative alla risoluzione del predetto rapporto.
In conclusione, l’incentivo all’esodo potrà essere devoluto al fondo pensione solo al netto della tassazione separata.
Ho saputo che si possono iscrivere ai fondi pensione anche i familiari a carico, che consentono al genitore di fruire di benefici fiscali. Potrei avere qualche informazione in più?
I versamenti di contribuzione a un fondo pensione consentono di partecipare a un piano di risparmio previdenziale di lungo periodo, fruendo delle opportunità di un processo di capitalizzazione che potrà produrre risultati interessanti quanto più tale processo si protrae nel tempo. Appare quindi corretta la scelta previdente di un genitore che voglia iscrivere un figlio, anche in tenera età, a un fondo complementare, consentendo così al figlio, diventato adulto, di essere già in possesso, quando inizierà il lavoro, di un risparmio accantonato da 15 o 20 anni, che potrà continuare a incrementare con i propri risparmi, per presentarsi poi all’appuntamento con la pensione avendo capitalizzato risparmi per circa 60 anni.
L’iscrizione dei figli può avvenire presso il fondo negoziale al quale il genitore aderisce, se lo statuto del fondo lo prevede, oppure presso fondi aperti o Pip. In base all’articolo 8, comma 4, del Dlgs 252/2005, il genitore potrà dedurre dal proprio reddito le somme versate al fondo, nel limite annuo di 5.164,57 euro: se il genitore è iscritto ad un fondo pensione, tale limite comprende anche i suoi versamenti.
Vorrei trasferire a un fondo aperto il montante che ho maturato presso il fondo negoziale: sono previsti costi e oneri fiscali ?
L’articolo 14, comma 6, del Dlgs 252/2005, consente che, in via ordinaria, dopo 2 anni di permanenza in un determinato fondo pensione, il montate maturato presso tale fondo possa essere trasferito ad un altro fondo. Sui siti web dei fondi pensione sono pubblicati i costi applicati per il trasferimento, che in alcuni casi possono anche essere nulli. I successivi commi 7 e 8 dispongono che il trasferimento sia esente da oneri fiscali, e vada effettuato entro 6 mesi dalla richiesta. Sul sito https://www.mefop.it/sezioni/linee-guida/linee-guida-trasferimenti sono consultabili le “Linee guida” dei trasferimenti, aggiornate il 5 luglio 2021 dai soggetti istituzionali che le avevano originariamente sottoscritte nel 2008.
Sono iscritta ad un fondo chiuso, ma ho intenzione di iscrivermi anche al fondo aperto al quale aderisce mio marito, perché ho visto che produce rendimenti più elevati. Posso farlo? In caso affermativo potrei dedurre fiscalmente i versamenti nel limite massimo in ciascuno dei due fondi ?
La normativa non pone limiti all’iscrizione a più di un fondo pensione, tuttavia è bene valutare le convenienze, che tuttavia non sono solo fiscali. Infatti l’iscrizione a un fondo pensione comporta dei costi, e normalmente i fondi aperti e i Pip hanno costi più elevati dei fondi chiusi perché sostengono costi per la pubblicità e la catena distributiva, che i fondi chiusi hanno meno necessità di sostenere.
La scelta va quindi operata ponendo attenzione al rapporto tra il livello dei rendimenti e i costi da sostenere. Quanto ai benefici fiscali si osserva che il limite di deducibilità della contribuzione versata, annualmente fissato in 5.164,57 euro, non si applica ai versamenti effettuati a ciascun fondo, ma è riferito all’importo complessivamente versato a entrambi i fondi.
Ho 63 anni, sono stato licenziato perché la ditta ha chiuso. Essendo iscritto ad un fondo negoziale dal 1999, mi hanno detto che potrei ottenere la Rita (Rendita temporanea integrativa anticipata) fruendo, tra l’altro, di una agevolazione fiscale sulla prestazione. È un’informazione sicura?
La Rita consiste nell’erogazione frazionata di un capitale calcolato sul montante, o parte di esso, accumulato presso il fondo pensione. L’età del lettore gli consente di percepirla perché, l’articolo 11, comma 4 del Dlgs 252/2005, ne prevede l’erogazione se il richiedente cessa l’attività lavorativa, perfeziona l’età anagrafica per la pensione di vecchiaia nel regime generale obbligatorio entro i 5 anni successivi, e risulta avere versato almeno 20 anni di contributi in tale regime. La Rita è soggetta a una ritenuta a titolo d’imposta nella misura del 15%, ridotta dello 0,3% per ogni anno eccedente il 15° di partecipazione a fondi pensione, nel limite di riduzione del 6%. Se la data di iscrizione al fondo è anteriore al 2007, gli anni di iscrizione precedenti sono computati fino a un massimo di 15. L’informazione è dunque sicura.
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