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Il presidente degli psicologi: «Il 31% degli italiani ha sintomi depressivi, lo psicologo non è un lusso»

di Barbara Gobbi

Arriva il bonus psicologo: fino a 600 euro l'anno con tetto Isee da 50mila euro

David Lazzari, presidente del Consiglio nazionale dell'Ordine degli psicologi (Cnop): «È evidente che il problema del benessere mentale non è più ‘privato' e che si deve intervenire. Ecco perché il bonus psicologo è un segnale culturale. Ora serve una rete pubblica»

17 febbraio 2022
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5' di lettura

Per lo psicologo, così come del resto per il dentista, gli italiani – ma solo i privilegiati che possono permetterselo - sono abituati a pagare di tasca propria. Decisamente scarsi i supporti pubblici, e figuriamoci se pensati “in rete”: salvo qualche buona pratica sparsa qua e là, è il deserto. Peccato che il bisogno di cure dallo psicoterapeuta così come dall’odontoiatra sia imponente e che la pandemia sul benessere mentale (come probabilmente su quello dentale), abbia avuto effetti eclatanti. “Non parliamo dei disturbi psichiatrici, più gravi, su cui l’Italia ha una tradizione importante – con la legge Basaglia che ha rappresentato una tappa cruciale - tanto da aver realizzato una rete che seppur migliorabile riceve ogni anno 3,1 miliardi pubblici solo per l'assistenza agli adulti - premette David Lazzari, presidente del Consiglio nazionale dell'Ordine degli psicologi (Cnop) - . Guardo invece ai 20 milioni di persone con problematiche psicologiche, che di fatto non hanno a disposizione servizi. Una difficoltà cresciuta molto negli anni e che è letteralmente esplosa con la pandemia. In questo quadro, il bonus psicologo inserito nel decreto Milleproroghe, al di là delle cifre che saranno stanziate è un segnale culturale. Lo Stato ha finalmente capito – sollecitato prima da noi professionisti ma poi dalla forte richiesta della popolazione arrivata a raccogliere 300mila firme – che su questo tema bisognava battere un colpo”.

Sintomi depressivi nel 31% della popolazione

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Lazzari parla dati epidemiologici alla mano: nella popolazione generale come sintomi depressivi siamo al 31% - racconta - come sintomi ansiosi al 32% e come “distress” al 41%. Con la pandemia sono poi nate delle sotto-popolazioni, come quella che ha “fatto la quarantena” ed è al 38% di sintomi depressivi e al 57% di ansia. Drammatico il quadro degli under 18, dove «come sintomi post traumatici siamo al 48%», sottolinea il presidente degli psicologi. Che sintetizza: «Al netto del 4,5% di popolazione che ha disturbi mentali veri e propri, nel complesso un 30% degli adulti da noi presenta una situazione di malessere, disagio, fatica o dolore psicologico riconducibile a “distress”, cioè a una condizione di stress abbastanza accentuata».

Il bonus psicologo è una rivoluzione culturale

Ma perché il bonus psicologo è da intendere come una “rivoluzione culturale”? Fino a oggi il Paese, non essendosi mai dotato di una rete psicologica pubblica, ha affidato il disagio al privato con l'idea che se non sei malato psichiatrico ma dallo psicologo ‘vuoi' andare, alla fine ‘te lo paghi'. Un approccio che già in fase pre pandemica era anacronistico, sia in termini di salute pubblica sia per calcolo economico. Sul primo fronte, tutto sta a cosa s'intenda per ‘salute', che non può essere né la limitata accezione di “assenza di malattia”, né l'interpretazione utopistica e indefinita che ne dà l'Organizzazione mondiale della sanità come «stato di totale benessere fisico, mentale e sociale».

La fatica di vivere che impatta su società ed economia

«La salute – spiega invece Lazzari - è un equilibrio che ciascuno di noi negozia tra elementi negativi e positivi dell'esistenza ed è proprio in relazione alle personali capacità psicologiche che ognuno riesce a minimizzare i primi e a valorizzare i secondi. Una condizione che ha molto a che vedere con la qualità della vita. Solo adottando questa definizione riesco a considerare questi 20 milioni di italiani in sofferenza psicologica come bisognosi di essere presi in carico. Fino a oggi, si è aspettato che si ammalassero con il peggioramento della malattia, dopodiché nel migliore dei casi li si curava. E in assenza di una rete psicologica pubblica queste persone sono state delegate ai professionisti privati».

Lo psicologo non può più essere considerato come un lusso

Lo psicologo come lusso, insomma. Peccato che quando la massa di bisognosi diventa rilevante, farsene carico non sia più solo un dovere sociale-sanitario ma faccia la differenza anche nello sviluppo di un Paese.«Da anni – sottolinea Lazzari - le agenzie internazionali lanciavano l'allarme sugli effetti dei disturbi piscologici: il World Economic Forum nell'ultimo report pre pandemia, uscito proprio a inizio 2020, mette il disagio psicologico tra le grandi emergenze dell'umanità. Questa ‘fatica di vivere' che impatta sulla psiche e crea malessere e stress cronico – era il ‘warning' già allora, sta diventando soprattutto nei Paesi ricchi così diffusa che rischia di creare problemi di convivenza sociale. Figuriamoci dopo due anni di pandemia: la situazione è diventata strutturale ed è ancora più evidente negli adolescenti, la classe produttiva e dirigente di domani, dove il disagio assume forme eclatanti». A questo punto possiamo ancora permetterci di considerare questa fascia di persone che non sta più bene, ma non sta neanche male nel senso stretto del termine, come trascurabile dal punto di vista dell'assistenza sociale e sanitaria pubblica? «È evidente che il problema non è più ‘privato' e che si deve intervenire. Ecco perché il bonus è un segnale culturale», chiosa lo psicologo.

Il pacchetto messo in campo dalla pandemia

Il sostegno in arrivo con il Milleproroghe è in ogni caso l'ultimo atto di una serie di interventi d'emergenza che ‘cubano' nel complesso un centinaio di milioni e che di volta in volta sono stati previsti proprio davanti all'avanzare dello tsunami pandemico. Tra il “Sostegni-bis” e la legge di Bilancio, sono arrivati 40 milioni alle Regioni per arruolare psicologi nelle Asl con “finalità generali”; poi 20 mln sempre ai governatori per l'assistenza psicologica alle fasce più deboli della popolazione, con priorità ai malati oncologici e agli under 18; e ancora 16 mln per il potenziamento delle Neuropsichiatrie dell'infanzia e dell'adolescenza, psicologi inclusi; poi 20 mln per il sostegno psicologico a scuola e infine 3 milioni per potenziare i centri e le attività di trattamento psicologico per autori di reati sessuali o di violenza domestica. In tutto 99 milioni, cui ora si sommeranno i 20 messi in preventivo dal Milleproroghe.

La necessità di realizzare una rete pubblica

Un puzzle di interventi importanti, ma che andrebbero ricondotti a fattor comune per realizzare quella rete pubblica di servizi che in Italia è ancora sonoramente assente. Eppure le risorse umane ci sono: 70mila psicoterapeuti che vengono da 10-11 anni di formazione e che andrebbero dislocati all'interno di un sistema pubblico: «double face – propone Lazzari - che faccia sia prevenzione sia ascolto e sostegno. Questi colleghi vanno inseriti in consultori psicologici nelle Asl e quindi nei distretti, a servizio dei cittadini, e nei servizi sociali e scolastici, in ciascuno con competenze ben precise. Il 25 gennaio – ricorda infine - il presidente Mattarella ha firmato il V Piano nazionale per l'età evolutiva, in cui c'è tanta psicologia. Ovvio che il disagio è enorme anche in altre fasce della popolazione, come le donne e gli anziani: per questo servirebbe un vero e proprio Piano nazionale per il benessere psicologico».

Sulla carta un piano per costruire la rete di sostegno pubblico

Un sogno al momento, su cui però come spesso accade in Italia una norma già c'è: la legge 126 del 2020 (di conversione del “decreto Agosto”) delega il ministero della Salute – che ci starebbe lavorando - a emanare le linee d'indirizzo di un protocollo «uniforme sull’intero territorio nazionale che definisca le buone pratiche di salute mentale di comunità e per la tutela delle fragilità psico-sociali», secondo una serie di criteri. Questi: un modello organizzativo fondato su multiprofessionalità e multidisciplinarietà che permetta di sostenere e garantire un servizio di cura quotidiano e costante; la riorganizzazione dei dipartimenti di salute mentale tramite le Asl; la costruzione di una rete di servizi e di strutture di prossimità con il coinvolgimento dei dipartimenti di salute mentale, delle istituzioni e del Terzo settore attraverso la coprogettazione; la promozione della partecipazione delle associazioni degli utenti, dei familiari e del volontariato; il sostegno all’inclusione socio-lavorativa e alla condizione abitativa mediante il ricorso a strumenti innovativi quale il budget di salute individuale e di comunità. E chi più ne ha, ne metta. L'importante è essere partiti.


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