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Il neuropsichiatra: «Il Covid è stato un detonatore, tra i ragazzi è boom di ricoveri»

di Barbara Gobbi

Dad, lo psicologo: "Quello che stanno facendo le scuole non basta"

La pandemia ha acuito fragilità che magari in altri periodi avrebbero “retto” avverte Stefano Vicari, docente e primario di Neuropsichiatria infantile al Bambino Gesù di Roma.

20 aprile 2021
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3' di lettura

Il balzo in avanti dei disturbi e del disagio psichiatrici tra bambini e adolescenti con la pandemia da coronavirus, è da far tremare i polsi: a un +30% di ricoveri per casi gravissimi si somma il bacino enorme di coetanei che soffrono di insonnia, ansia e depressione. Ma la rete della prevenzione e delle cure è anche per l'età evolutiva piena di falle e getta un cono d'ombra sinistro su quel Next Generation Ue che in teoria proprio ai giovani guarda. «Senza salute mentale non si va da nessuna parte: al Paese serve un Piano per l'infanzia e l'adolescenza mirato al benessere fisico e psicologico». A parlare è Stefano Vicari, docente e direttore Scuola di Neuropsichiatria infantile della Cattolica e primario di Neuropsichiatria infantile al Bambino Gesù di Roma.

Che fenomeni osservate?
Premetto che l’emergenza psichiatrica nella fascia 0-18 anni è un tema di grande attualità da molti anni tanto che i disturbi mentali nell’infanzia e dell’adolescenza sono i più frequenti. L'Oms parla di almeno un 10% di bambini e di un 20% di adolescenti a rischio: percentuali che poi si ritrovano in un 20% di popolazione adulta.

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Il Covid come impatta su questo scenario?
La pandemia fa da detonatore a fragilità che magari in altri periodi avrebbero “retto” e che invece in questa situazione di forte stress collettivo e individuale continuato nel tempo si traducono in scompenso e in disturbo di salute mentale, facendo emergere situazioni ai limiti. Se con il primo lockdown avevamo assistito addirittura a una minore richiesta di aiuto sia per la resistenza ad andare in ospedale sia perché lo stress era vissuto in modo meno intenso, con la seconda ondata dall'autunno scorso abbiamo registrato un +30% di ricoveri in psichiatria per atti di autolesionismo e tentativi di suicidio. Il 65% dei ragazzi arrivati in Pronto soccorso da ottobre a oggi hanno tentato il suicidio o praticato un autolesionismo marcato. Poi sono esplosi i disturbi del comportamento alimentare, solo per l'anoressia un +28% di richieste di aiuto. E per tutti l'età scende dai 15 ai 13 anni, dato che preoccupa ulteriormente.

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Numeri agghiaccianti…
A queste situazioni estreme, che comunque sono in forte crescita, si affianca tutta la serie di disturbi messi in luce di recente dall’ospedale Gaslini di Genova: nel 60-70% della popolazione pediatrica generale troviamo un malessere che si traduce in disturbi del sonno, irritabilità e difficoltà di concentrazione nei più piccoli, mentre negli adolescenti prevalgono ansia e depressione.

Cosa si può fare davanti a un quadro così preoccupante?
Innanzitutto va ricostituito quanto è stato smantellato: personale, reti di cura, servizi di neuropsichiatria infantile dedicati all'interno dei dipartimenti di salute mentale. Mentre ancora oggi diverse Regioni del Centro-Sud, senza risposte, inducono le famiglie a una migrazione sanitaria che crea disequità d'accesso. Le cure sul territorio sono la priorità: una volta dimesso un ragazzo, non sappiamo dove indirizzarlo. Poi va rivista la programmazione di reparti e specialisti: basti pensare che i letti dedicati all'emergenza psichiatrica in tutta Italia sono solo 92. Dei 322 letti per la Neuropsichiatria, la stragrande maggioranza è dedicata alla sfera neurologica e cioè di fatto all’epilessia, che però rappresenta lo 0,6% delle malattie neuropsichiatriche mentre solo l'autismo è quasi al 2%. Quanto ai medici, già oggi pur avendo fondi non troviamo specialisti . Senza contare i bandi di concorso che vanno deserti per mancanza di candidati. Eppure anche quando supereremo questa pandemia, i disturbi mentali non scompariranno certo per magia.

La pandemia è stata un'occasione persa per occuparci dei nostri figli?
Certo è che durante il lockdown nessuno si è preoccupato molto né dei bambini – ignorati - né degli adolescenti, trattati come bamboccioni o come untori. Vanno potenziate le agenzie educative che fanno la differenza in termini di benessere psicologico: quindi la famiglia - con i genitori messi nelle condizioni di dedicare tempo ai loro figli e di fruire di servizi cruciali come gli asili nido – ma anche una scuola accogliente e sicura e luoghi dove praticare sport.

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