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Stellantis, la crisi dei microchip blocca il polo di Melfi a settembre

di Filomena Greco

Crisi dei chip, l’effetto a cascata sull’industria

La fabbrica lucana produce la metà delle autovetture realizzate in Italia dal Gruppo - In settimana si decide sullo sciopero alla Sevel

30 agosto 2021
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3' di lettura

Per gli stabilimenti italiani di Stellantis si tratta della crisi dei semiconduttori più seria mai registrata finora. Una sorta di “tempesta perfetta” che ha toccato prima Pomigliano, poi il polo Sevel di Atessa e che ora ha bloccato anche la riapertura di Melfi, il più grande degli stabilimenti del Gruppo in Europa. Le previsioni per settembre sono nere: la riapertura slitta al 13 settembre, si potrà garantire la produzione soltanto per cinque giorni, poi toccherà fermarsi per carenza di componenti elettroniche. Le difficoltà di approvvigionamento lungo la supply chain dunque stanno minacciando un comparto che fa fatica a risollevarsi dopo la pandemia.

La lettera dei sindacati al governo

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Di fronte a questa situazione Fim, Fiom, Uilm, Fismic, Uglm e Associazione Quadri hanno scritto una lettera al ministro dello Sviluppo Economico, Giancarlo Giorgetti, e al ministro del Lavoro, Andrea Orlando, per chiedere di riconvocare il tavolo nazionale con Stellantis, insediato a giugno. «Le novità emerse nel frattempo, da ultimo quelle relative alla crisi di approvvigionamento dei semiconduttori che sta determinando una forte criticità negli stabilimenti - spiegano i sindacati - richiedono di proseguire il confronto sul futuro piano industriale e di assegnare a tutti gli impianti dai motori all’assemblaggio agli enti di staff una missione produttiva e di attività che garantisca l’occupazione e le prospettive per il futuro».

A Melfi a rischio 18 turni e contratto di solidarietà

La carenza di semiconduttori rischia poi di far saltare l’equilibrio interno allo stesso stabilimento di Melfi, dove sono è in vigore il contratto di solidarietà per gli oltre 7mila addetti. La fermata forzata a settembre potrebbe portare ad una sospensione del Cds per passare alla cassa integrazione ordinaria, per poi riconsiderare la situazione a partire dalla fine di settembre. La stessa organizzazione del lavoro su 18 turni rischia di passare stabilmente a 15, senza il lavoro nel week end.

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Dallo stabilimento quasi la metà delle auto

Nel 2020 la sola produzione di Melfi ha rappresentato la metà delle autovetture prodotte da Stellantis in Italia, come ha rilevato l’ultimo report della Fim-Cisl. Il dato viene confermato anche nel primo semestre del 2021, con all’attivo il 46,3% delle auto prodotte negli stabilimenti italiani. In valore assoluto si tratta di 112.976 autovetture, con un aumento della produzione per lo stabilimento lucano, da gennaio a giugno, del 37,5% rispetto al 2020, ma ancora al di sotto del 26% rispetto al primo semestre 2019, fase pre-covid, quando la produzione aveva raggiunto le 152.767 unità.

Alla Sevel si decide sullo sciopero

Complessa anche la situazione della Sevel dove in settimana i sindacati decideranno la data dello sciopero annunciato a fronte del rischio di un mancato rinnovo contrattuale per circa 700 addetti. Si tratterebbe del primo sciopero unitario su occupazione e prospettive future all’interno del Gruppo, dopo la sottoscrizione del contratto collettivo aziendale che di fatto aveva spaccato il fronte sindacale.

Gli effetti della mancanza di componenti elettronici su indotto e fabbriche di motori sono poi a cascata, con notizie relative al rallentamento della produzione di motori nello stabilimento di Termoli che stanno già arrivando in queste ore.

Italia e Francia le più colpite del gruppo

L’Italia, dunque, come la Francia appare come una delle piazze produttive più esposte al rischio blocco per la mancanza di semiconduttori, mentre il problema sembra toccare meno le fabbriche americane del Gruppo, che vantano indici di redditività più ampi. «Sappiamo che a livello mondiale il gruppo Stellantis – spiega Ferdinando Uliano della segreteria della Fim-Cisl – decide le assegnazioni dei microchips nei vari plant, a questo punto è fondamentale che la direzione chiarisca se c'è stata una riduzione complessiva o se questa ha riguardato in misura maggiore gli stabilimenti italiani».

Tema duplice, dunque, che da un lato pone il tema delle scelte produttive di gruppi internazionali come Stellantis, a fronte di difficoltà strutturali. Ma che dall’altro richiama la necessità di una politica industriale il grado di sostenere la transizione ecologica del settore e la riconversione di interi comparti.

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