di Emiliano Sgambato
La Filetteria
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Un braccio meccanico preleverà il filetto di carne ordinato dal cliente, già preparato e sottoposto a un trattamento di cottura a bassa temperatura, leggerà il relativo qr code e si occuperà della cottura – che la carne sia di manzo, zebra, canguro o renna, al sangue o ben cotta – attraverso piastre e forni “intelligenti”. Ogni piattaforma occuperà 15 metri quadrati e coprirà 70 coperti l’ora, con miglioramenti su velocità e precisione del servizio. È l’innovazione al centro dei piani di sviluppo de La Filetteria Italiana, che ha lanciato una campagna di raccolta di fondi su Crowdfundme. Obiettivo massimo 1,5 milioni, ad oggi il counter è oltre i 300mila euro.
Qualcuno potrà storcere il naso all’idea che il proprio filetto sia preparato da un robot, ma a pensarci bene peggio sarebbe una cottura errata da parte di un cuoco poco attento. «In realtà la parte svolta dal robot assicura la massimizzazione della qualità del prodotto e l’assenza di sprechi, ma il vero valore aggiunto è assicurato dal fattore umano nella fase di uscita e impiattamento e nella preparazione del taglio di carne che avviene in un laboratorio centrale di mille metri quadri, su cui abbiamo investito molto. Del Kitchen Robot abbiamo già il prototipo che è stato testato con ottimi risultati», racconta Edoardo Maggiori, ceo e founder di Sun Tzu Consulting, che possiede 18 ristoranti (di cui 6 aperti durante la pandemia), tutti a Milano tranne uno a Bologna. Oltre al brand La Filetteria Italiana, controlla l’uramakeria di carne Magnaki e la catena di mexican sushi El Takomaki, il c oncept cocktail Godot e il ristorante per eventi Buccanners.
Il processo di espansione è già in corso e – anche grazie al crowdfunding ma non solo: un finanziamento di 4 milioni è stato approvato l’estate scorsa e «alcuni investitori sono pronti a intervenire», assicura Maggiori – sono previste dieci aperture: due ancora su Milano (dove La Filetteria conta già 6 insegne), quattro locali a Roma, due a Torino, uno a Como e uno a Varese. A queste si aggiungono due insegne Magnaki.
Alle nuove aperture andrà la fetta più grossa delle risorse raccolte, all’automazione andrà circa il 10% e il 20% sarà speso in marketing e promozione. I nuovi investimenti contano sul trend di crescita registrato nei consumi fuori casa dopo i periodi di lockdown. Il fatturato della società, spiega una nota, è passato dai 730mila euro nel 2019 ai 5,5 milioni nel 2021, con un Ebitda di oltre il 9%, e la chiusura del fatturato 2022 si attesta a 7,8 milioni. I clienti lo scorso anno sono cresciuti del 50% a quota 30mila.
Ma molte sono anche le incognite in un periodi di crisi ed inflazione, che colpisce il livello dei consumi. «C’è stato un rimbalzo e non verrà probabilmente mantenuto il tasso di crescita – commenta Maggiori – ma è anche vero che il trend resterà in positivo, soprattutto per il food retail e le catene di experience come la nostra, che stanno guadagnando terreno rispetto ai ristoranti “artigianali”. Inoltre stiamo mettendo in campo strategie per cui il nostro ticket medio passerà dai 44 euro a un range tra i 32 e i 48 euro».
Emiliano Sgambato
redattore
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