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Gustamundo apre un ristorante multietnico per dare lavoro a migranti e rifugiate

di Livia Zancaner

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Foto di Marzia Bianchi

Foto di Marzia Bianchi

Nel parco della Caffarella a Roma viene inaugurato l’8 marzo El Pueblo con Gustamundo gestito da donne arrivate in Italia

8 marzo 2023
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3' di lettura

Gulalai ha 46 anni, è afghana, è arrivata in Italia ad agosto 2021 dopo la salita al potere dei talebani. Nel caos dell'aeroporto di Kabul è riuscita a salire sull'aereo grazie alla P di Pangea disegnata sulla mano. Anche Parisa, 47 anni, arriva dall'Afghanistan, è scappata con il marito e i 5 figli. Imam ,37 anni, è originaria del Kurdistan. Dilruba, 34 anni, è vedova e ha 3 figli, è partita dall'Azerbaigian. Anjeza, 27 anni, è albanese, è sola, ha una bimba di due anni e una seconda figlia in Albania che non vede da anni.

Una nuova avventura

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Sono cinque donne diverse, con tradizioni differenti ma unite da un filo sottile: quello dell'accoglienza e della rinascita. La loro storia si incrocia con quella del ristorante romano multietnico Gustamundo, dove alcune di loro stanno già lavorando mentre altre inizieranno oggi, 8 marzo. Nel parco della Caffarella a Roma verrà inaugurato infatti El Pueblo con Gustamundo: 70 metri quadri, pareti colorate, un murales di Maupal e uno slogan «un dolce che cambia la vita» per dare il via a nuovo un locale gestito autonomamente da donne migranti, rifugiate e richiedenti asilo. La squadra – una volta formata - sarà composta proprio da Dilruba, che guiderà il team, Gulalai, Parisa, Imam e Anjeza. Il proprietario è Pasquale Compagnone, da 30 anni titolare del messicano il Pueblo e che nel 2017 ha avviato una nuova attività, con un'idea particolare: serate una tantum dal titolo «ogni cena una storia» in cui gli ospiti - migranti conosciuti attraverso i centri di accoglienza - preparavano piatti tipici della propria tradizione e al momento del dolce si sedevano con i clienti e raccontavano la loro storia. Lì la presa di coscienza e la nascita del progetto Gustamundo. «I ragazzi e le ragazze avevano bisogno di lavoro e permessi di soggiorno, così ho selezionato i cuochi migliori e ho assemblato un gruppo di 15 persone, che negli anni hanno dimostrato di poter lavorare insieme, nonostante le differenze culturali. Arrivano da Senegal, Sudan, Pakistan, Libia, Siria e così via». La sfida più grande è stata quella di far lavorare le donne, tante di tradizione musulmana con cinque o sei figli ciascuna. Alcune sono ragazze madri che la sera non possono stare al ristorante, così preparano i piatti la mattina dopo aver lasciato i bambini a scuola. A luglio è partito il laboratorio di pasticceria con 12 donne musulmane. «È bellissimo vederle parlare e lavorare insieme» spiega Compagnone. Oggi lo step successivo: un locale gestito da loro.

La storia di Gulalai

Gulalai lavorava a Kabul nell'ufficio della Fondazione Pangea. Con l'arrivo dei talebani è dovuta fuggire: è vedova e le sue due figlie sono rimaste in Afghanistan, sono sposate. «È una donna che ha un’energia pazzesca, ma soffre molto della lontananza delle figlie e dei nipoti» racconta la vicepresidente di Pangea, Simona Lanzoni. Gulalai studia italiano e ha appena concluso un corso da pasticcera. Con Gustamundo ha imparato la cucina orientale, con altri corsi a fare la pizza. Il suo sogno è aprire un ristorante, essere indipendente, mandare i soldi alle figlie. «In Afghanistan la situazione è terribile, le donne non possono uscire senza essere accompagnate dagli uomini, non possono studiare dopo gli 11 anni, non possono lavorare. Noi abbiamo fatto arrivare in Italia chi ha lavorato per anni per noi ed era a rischio vita» spiega Lanzoni. Gulalai è l'unica ad essere arrivata da sola: «Gli uomini partono da soli, le donne no, questa è un'altra grande differenza di genere» conclude la vicepresidente Pangea.

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