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Gli immigrati sono una risorsa, ma gli italiani non li vogliono

di Michela Finizio, Bianca Lucia Mazzei e Valentina Melis

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(ANSA)

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Per quasi la metà degli intervistati il contributo degli immigrati è positivo. Ma la maggioranza è contro i nuovi arrivi. Il 55% del campione intervistato da Noto Sondaggi ritiene infatti che gli immigrati siano già troppi

21 marzo 2023
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3' di lettura

Di fronte alla carenza di manodopera e a imprese che fanno sempre più fatica a trovare lavoratori, il Governo è intenzionato a varare nuovi decreti flussi per l’assunzione regolare di manodopera extra Ue. La maggioranza degli italiani non vede però con favore questa strada: il 55% del campione intervistato da Noto Sondaggi ritiene infatti che gli immigrati siano già troppi e non debbano esserci nuovi arrivi tramite i decreti flussi. La contrarietà è più diffusa nel Nord Est (71%) e fra gli anziani (il 59% contro il 44% dei giovani).

Immigrati strategici in edilizia e agricoltura

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E questa contrarietà emerge nonostante la consapevolezza dell’importanza del lavoro degli immigrati in alcuni settori produttivi sia molto diffusa. Nell’edilizia e nell’agricoltura la manodopera straniera è ritenuta fondamentale per oltre il 70% del campione, con punte dell’80% nelle Regioni del Centro. Nelle pulizie e nei servizi alla persona, dal 68-69 per cento. Un po’ meno nel commercio e nel turismo (39-41%).

Quasi la metà degli italiani (il 48%) è infatti convinto che la presenza degli immigrati sia un vantaggio per l’economia nazionale: lo sono in particolare gli anziani (52% contro il 39% dei giovani) probabilmente a causa del ruolo svolto dagli stranieri nei servizi alla persona (badanti, pulizie, e così via).

L’errata percezione degli arrivi condiziona l’opinione

Sembrano quindi emergere due atteggiamenti diversi: più favorevole nei confronti degli stranieri già presenti nel nostro Paese (circa sei milioni secondo la Fondazione Ismu) e di maggiore chiusura verso quelli che invece potrebbero ancora arrivare. Su questa “ostilità”, pesa molto probabilmente l’errata percezione di come avvengano gli arrivi nel nostro Paese. Il 30% degli intervistati pensa infatti che oltre il 50% degli ingressi si realizzi attraverso gli sbarchi, e per un ulteriore 33% la percentuale degli arrivi via mare oscilla fra il 20 e il 50 per cento.

In realtà, negli ultimi dieci anni (dal 2013 al 2022), in base ai dati del ministero dell’Interno, sono entrati nel nostro Paese tramite sbarchi circa 900mila immigrati che, anche se fossero tutti rimasti sul territorio italiano (e molti invece raggiungono l’Italia con l’obiettivo di spostarsi in altri Paesi europei), rappresenterebbero comunque non più del 15% degli stranieri presenti nel nostro Paese. Anche perché il 40% dei sei milioni di immigrati che vivono in Italia proviene da Paesi dell’Unione europea.

Più rischi che benefici: i timori degli italiani

Neanche la dinamica demografica, con la popolazione italiana in calo costante dal 2014 e la forte denatalità, induce gli intervistati a ritenere che l’arrivo di altri immigrati si tradurrebbe in un beneficio su questo fronte. Il 54% del campione ritiene, anzi, che comporterebbe più rischi che benefici. Una percentuale che sale al 57% nel Nord est e nell’area Sud e Isole. Ed è la popolazione anziana la più convinta dell’impatto negativo di un aumento dell’immigrazione: risponde in questo senso il 56 per cento.

Il livello di integrazione degli immigrati percepito dagli italiani è migliore in relazione ai luoghi più strutturati, come il lavoro e la scuola. Il 71% degli intervistati ritiene che il livello di integrazione nei luoghi di lavoro sia buono, e il 61% dà la stessa risposta riferita alla scuola. Il giudizio è invece negativo quando si passa alla vita quotidiana nelle città e alla partecipazione in campo culturale e pubblico. Il 64% ritiene infatti che non ci sia un buon livello di integrazione degli stranieri nella vita di quartiere. Per il 78% l’integrazione è assente in relazione alla partecipazione alla vita culturale e addirittura per l’86% se si guarda alla partecipazione alla vita pubblica o politica.

Tra i principali ostacoli segnalati dagli intervistati rispetto a un pieno inserimento degli immigrati in Italia (una domanda che consentiva più di una risposta), ci sono fattori culturali e abitudini differenti (60%), seguiti da diffidenza e paura reciproca (50%), e dalla religione (45%).

Sul fatto che ai figli degli immigrati nati in Italia possa essere attribuita la cittadinanza italiana, ovvero che possa essere riconosciuto lo ius soli, il 53% è favorevole. Anche in questo caso, gli anziani lo sono un po’ meno (49%).

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