di Andrea Gagliardi
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«Grazie per questo invito. Per questa iniziativa bella e coinvolgente che sta diventando tradizione, grazie oltre le parole di rito: viviamo in un’epoca nella quale parlare di natalità, maternità, famiglia è sempre più difficile sembra un atto rivoluzionario». Lo ha detto la premier Giorgia Meloni inaugurando la seconda e conclusiva giornata degli stati generali della Natalità all’Auditorium della Conciliazione a Roma. «Eravamo stati avvertiti: batterci per dimostrare che le foglie d’estate sono verdi o due più due fa quattro, bisogna avere coraggio per sostenere cose fondamentali per la nostra società, ma a questa sala non il coraggio non difetta»
«Fin dal primo giorno il governo ha messo figli e genitori in cima all’agenda politica, ha fatto della natalità e della famiglia la priorità assoluta della nostra azione, perché vogliamo che l’Italia torni ad avere un futuro, a sperare e credere in un futuro migliore rispetto questo presente incerto», ha rivendicato Meloni. E ha elencato gli interventi del governo a sostegno delle famiglie: dall’assegno unico alle agevolazioni per i mutui ai giovani. Meloni ha citato l’erogazione del fringe benefit che «vogliamo mantenere a tremila euro dando priorità a chi ha figli a carico».
«Abbiamo intitolato alla natalità un ministero, lo abbiamo collegato a famiglia e pari opportunità, non è una scelta di forma ma di sostanza» ha proseguito Meloni. «È la sintesi - ha spiegato - del programma di un governo che vuole affrontare le grandi crisi, fra cui è innegabile quella demografica. Perché i figli sono la prima pietra della costruzione di qualsiasi futuro». Quella demografica «è una sfida che portiamo avanti non con impostazione dirigista, ma con l’approccio sussidiario, di chi crede che il compito dello Stato sia creare le condizioni favorevoli, con l’ambiente normativo e soprattutto sul piano culturale, alla famiglia, all’iniziativa, allo sviluppo, al lavoro» ha incalzato Meloni, che ha rispedito al mittente l’accusa di volere uno Stato etico: «No, vogliamo uno Stato che accompagni e non diriga, vogliamo credere nelle persone, scommettere sugli italiani, sui giovani, sulla loro fame di futuro»
«Se le donne non avranno la possibilità di realizzare il desiderio di maternità senza rinunciare a quello professionale non è che non avranno pari opportunità, non avranno libertà» ha detto ancora la presidente del Consiglio
E ancora: «Vogliamo vivere una nazione nella quale essere padri non sia fuori moda, ma un valore sociualmente riconoscito tutto, in cui riscoprano la bellezza di essere genitori che è una cosa bellissima che non ti toglie niente e che ti dà tantissimo». «Per decenni - ha aggiunto - la cultura dominante ci ha detto il contrario. Vogliamo che non sia più scandaloso dire che siamo tutti nati da un uomo e una donna, che non sia un tabù dire che la natalità non è in vendita, che l’utero non si affitta e i figli non sono prodotti da banco che puoi scegliere e poi magari restituire»
«Vincere l’inverno demografico, ha detto il Papa, è combattere qualcosa che va contro le nostre famiglie, la nostra patria, contro il nostro futuro. Santità, noi amiamo le nostre famiglie, amiamo la nostra patria, crediamo nel nostro futuro e faremo fino in fondo la nostra parte». Lo ha detto la presidente del Consiglio, che concludendo il suo intervento agli Stati generali della natalità, si è voltata verso papa Francesco, seduto sul palco, rivolgendosi direttamente lui.
Il Papa dal canto suo ha ribadito che il tema della natalità è «centrale per tutti, soprattutto per il futuro dell’Italia e dell’Europa». «La nascita dei figli, infatti, è l’indicatore principale per misurare la speranza di un popolo. Se ne nascono pochi vuol dire che c’è poca speranza. E questo non ha solo ricadute dal punto di vista economico e sociale, ma mina la fiducia nell’avvenire». «Ho saputo che lo scorso anno l’Italia ha toccato il minimo storico di nascite: appena 393 mila nuovi nati - ha detto il Pontefice -. È un dato che rivela una grande preoccupazione - ha sottolineato Papa Francesco - per il domani. Oggi mettere al mondo dei figli viene percepito come un’impresa a carico delle famiglie. E questo, purtroppo, condiziona la mentalità delle giovani generazioni, che crescono nell’incertezza, se non nella disillusione e nella paura. Vivono un clima sociale in cui metter su famiglia si sta trasformando in uno sforzo titanico, anziché essere un valore condiviso che tutti riconoscono e sostengono».
«In questo contesto di incertezza e fragilità, le giovani generazioni sperimentano più di tutti una sensazione di precarietà, per cui il domani sembra una montagna impossibile da scalare» ha aggiunto il Papa elencando alcuni problemi: «Difficoltà a trovare un lavoro stabile, difficoltà a mantenerlo, case dal costo proibitivo, affitti alle stelle e salari insufficienti sono problemi reali. Sono problemi che interpellano la politica, perché è sotto gli occhi di tutti che il mercato libero, senza gli indispensabili correttivi, diventa selvaggio e produce situazioni e disuguaglianze sempre più gravi»
La natalità e l’accoglienza «non vanno mai contrapposte perché sono due facce della stessa medaglia, ci rivelano quanta felicità c’è nella società» ha detto ancora il Papa nel suo intervento agli Stati Generali della Natalità. «Una comunità felice sviluppa naturalmente i desideri di generare e di integrare, di accogliere, mentre una società infelice si riduce a una somma di individui che cercano di difendere a tutti i costi quello che hanno», ha aggiunto il Papa. Francesco chiede dunque di sostenere la felicità, specialmente quella dei giovani, perché «quando siamo tristi ci difendiamo, ci chiudiamo e percepiamo tutto come una minaccia»
Andrea Gagliardi
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