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La Biennale guarda all’umanesimo: artisti al centro, tra resilienza e libertà

di Silvia Sperandio

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Erwin Wurm, One Minute Sculptures

Erwin Wurm, One Minute Sculptures

12 maggio 2017
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5' di lettura

VENEZIA - Una nube bianca di vapore che si dirada, lasciando intravedere un uomo sospeso a mezz'aria sullo sfondo rosso acceso: la figura sembra cadere al rallentatore, gli occhi chiusi e le braccia spalancate. Il video Suspension dell'artista argentino Sebastian Diaz Morales, metafora della condizione umana nella postmodernità, ben rappresenta il clima di dinamica sospensione che si respira in questa 57esima edizione della Biennale di Venezia curata dalla francese Christine Macel e intitolata “Viva Arte Viva”.

Tra il fervore delle pratiche e il tempo sospeso della creazione, la Mostra, ispirata al neoumanesimo, sembra indicare un equilibrio possibile nella crescente complessità del mondo.

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Biennale Arte 2017: ecco le opere in mostra a Venezia

39 foto

Sebastian Diaz Morales, Suspension
Olafur Eliasson, Green light-An artistic workshop
Yelena Vorobyeva e Viktor Voribyev, The Artist is Asleep
Gal Weinstein, Sun Stand Still
Tahariro Iwasaki, Reflection model, 2017, padiglione Giappone
Erwin Wurm, Performative One Minute Sculpture, padiglione Austria
Erwin Wurm, Performative One Minute Sculpture, padiglione Austria
Erwin Wurm, Performative One Minute Sculpture, padiglione Austria
Erwin Wurm, Performative One Minute Sculpture, padiglione Austria
Mark Bradford, Go tell it on the Mountain (Afp/ Vincenzo Pinto)
Mark Bradford, Go tell it on the Mountain (a sinistra) e 105194 (Afp/ Vincenzo Pinto)
Mark Bradford, Medusa (Afp/ Vincenzo Pinto)
Mark Bradford, Oracle (Afp/ Vincenzo Pinto)
Giorgio Andreotta Calò, Senza titolo (La fine del mondo), 2017(Italy Photo Press)
Francis Upritchard, A Beat, 2013, modelling material, fabric, steel and wire armature, human hair and paint, 107x68x46 cm (photo courtesy: Anton Kern Gallery, New York by Thomas Müller)
Erika Verzutti, Turtle, 2015, bronze, concrete, raku ceramics, acrylic and wax, 48x100x67 cm (courtesy Galeria Fortes D'Aloia Gabriel,photo by Eduardo Ortega)
SookyungYee, Translated Vase (detail), 2016, ceramic shards, epoxy, 24K gold leaf, 175x125x110cm (courtesy of the artist, photo: Kwack Gongshin)
Jelili Atiku, Alaagba, performance with Anne Letailleur at Richardplatz, Berlin, Germany, Saturday May 24 2014 (photo by Chiara Cartuccia)
Marcos Ávila Forero, Atrato, 2014, vidéo HD, 16/9, coulor, sound, 13'52'' (courtesy of the artist and of the Gallerie Dohyang Lee © Marcos Avila Forero)
Karla Black, Verb, 2012, (detail), cardboard, paint, sugar paper, chalk, powder paint, plaster powder, 107x200x72 cm (© Karla Black, courtesy Galerie Gisela Capitain, Cologne Photo © Ronnie Black)
Huguette Caland, Self Portrait, 1971, ink on paper, 35,1x25,1 cm (courtesy of the Caland family)
Edith Dekyndt, One and Thousand Nights, 2016, installation view, Wiels, Brussels (courtesy of the artist and Greta Meert Gallery, Brussels; Carl Freedman Gallery, London; Karin Guenther Gallery, Hamburg; Konrad Fischer Gallery, Berlin, photo: Sven Laurent)
Sebastian Diaz Morales, Pasajes IV, 2014, digital video / HD format / 22'40 min on 5:30 hs loop (image courtesy of the artist and Gallery Carlier | Gebauer, Berlin)
Olafur Eliasson,Olafur Eliasson: Green light - An artistic workshop. Co-produced by Thyssen-Bornemisza Art Contemporary. Installation view : TBA21-Augarten, Vienna, Austria (photo: Sandro E.E Zanzinger / TBA21, 2016 © Olafur Eliasson)
Vadim Fishkin, Doorway, 2015, synchronised projections, dimensions variable (courtesy of the artist and Galerija Gregor Podnar, Berlin)
Franz West, Franz West on “Divan”, 1996 (courtesy: Franz West Privatstiftung, copyright: Archiv Franz West, photo: Jens Preusse, Vienna copyright-credit: © Jens Preusse; Archiv Franz West)
Anna Halprin, Planetary Dance, 2013 (photo © www.earthalive.com)
Liang Hao, Eight Views of Xiaoxiang – Relics, 2015-2016, Ink on silk, 184×387 cm, private collection (photo : courtesy of the artist)
Dawn Kasper, Dawn Kasper moved the entire contents of her home and studio into a room (photo: Robert Wright)
Firenze Lai, Autism, 2013, oil on canvas, 150x115 cm, private collection (photo: courtesy of the artist)
Maria Lai, Legarsi alla montagna, 1981, Archivio Maria Lai, Lanusei (photo: Piero Berengo Gardin)
Marwan, Untitled, 1973-1976, oil on canvas, collection of the artist (photo: Gerhard Milting)
Dan Miller, Untitled, 2016, acrylic and ink on paper, 132x216 cm, 2016 (© Creative Growth Art Center / courtesy of Creative Growth Art Center)
Ernesto Neto, Paxpa-There is a Forest encantada inside of us, 2014, material: cotton fabric, polyamide fabric, sand, marble, raffia, plywood, mountain crystal, amethyst, amazonite, glass beads, vinyl balls, cloves, pepper, curcuma, ginger, lavender, musical instruments, candles, dimensions: 480x1016x1245 cm, installation view at Arp Museum Bahnhof Rolandseck (photo : David Ertl)
Katherine and Issay Nunez and Rodriguez, In Between the Lines, 2016, installation view (photo: Marika Constantino)
Kananginak Pootoogook, He thinks he has run out of gas, but his engine is shot... Kinggait Nunavut, 2009, ink and coloured pencil on paper, 56x76 cm, private collection, Burlington, Ontario (all rights reserved)
Rachel Rose (still), Lake Valley, 2016. HD Video, 8:25 min ( courtesy of the artist, Pilar Corrias Gallery, London and Gavin Brown's enterprise, New York/Rome)
Jeremy Shaw, Towards Universal Pattern Recognition (Bayfront Center Baptism, 1982), detail, 2016, prismatic acrylic, archival photograph, chrome, 38,3x43,3x16 cm, collection of National Gallery of Canada (© König Galerie, photo: Trevor Good)
The Play – IE: The Play Have a House, from Kyoto to Osaka, Japan (photo Yuzo Otuka)

In una situazione globale di conflitti e diseguaglianze sociali, l'arte «non è il modo e neanche il luogo per cambiare il mondo - premette Christine Macel - mentre è il luogo dove possiamo ri-immaginare il mondo. Sono convinta che l'arte possa aiutarci a salvare la vita».

In questa manifestazione, che «vuole rappresentare la complessità della situazione attuale» l'artista artifex conquista dunque il centro della scena, è il novello sciamano che indica quale direzione intraprendere. «Crediamo che gli artisti possano aiutarci a rivitalizzare il nostro pensiero, il nostro cervello, il sentimento» spiega il presidente della Biennale Paolo Baratta.

Gli artisti partecipanti, provenienti da 51 paesi, sono 120; e di questi 103 sono presenti per la prima volta: l'intera Mostra internazionale – un continuum che va dai Giardini all'Arsenale, scandito da nove Padiglioni transnazionali - è dedicata alla scoperta di un variegato universo di pratiche artistiche, fino a scandagliare l'anima nelle pieghe più intime.

L'arte interroga l'arte. A cominciare dal confine sottile tra otium e negotium , tra pigrizia e operosità: è lì, infatti, che risiede l'istante sorgivo dell'invenzione creativa. All'ingresso del “Padiglione degli artisti e dei libri”, ecco i ritratti di Mladen Stilinovic e di Franz West che accolgono simbolicamente i visitatori. Nelle fotografie gli artisti, entrambi scomparsi in anni recenti, sono sdraiati sui rispettivi divani, intenti a “oziare”.

C'è un divano letto anche nella prima sala della mostra, ed è parte integrante dell'atelier dell'americana Dawn Kaspers che ha trasferito qui alla Biennale il suo luogo di lavoro: tavoli, colori e strumenti musicali. È la performance-installazione The Sun, the Moon and the Stars: nel suo “studio nomade” l'artista alterna rumorose jam session con amici e visitatori a pause di totale riposo, mentre il territorio dell'arte si espande fino ad abbracciare la quotidianità.

La vita irrompe nell'arte anche con il progetto dell'artista danese Olafur Eliasson, Green light – An artistic workshop, concepito come una “piattaforma” che coinvolge una quarantina di rifugiati e richiedenti asilo del territorio veneziano. I migranti, donne e uomini, giovani e adulti sono invitati a fabbricare dei moduli di lampade a luce verde e lavorano febbrilmente seguendo le indicazioni di un tutor. L'intervento evidenzia la potenzialità positiva del “saper fare” ed è destinato a raccogliere fondi da devolvere a tre centri di accoglienza.

In apparente, ironica antitesi è il lavoro The Artist is Asleep (1996), dei concettuali Yelena Vorobyeva e Viktor Voribyev, che afferma quanto sia importante per l'arte la totale “improduttività”. In una stanza qualcuno dorme in un letto; alla parete una tappezzeria e una scritta a mano in stampatello: “Non si può fare altro che aspettare che il masso dormiente si muova, si sfreghi gli occhi e si alzi”. L'artista addormentato è in realtà il vero visionario, che prepara la nuova creazione intesa come rinascita.

La mostra curata da Christine Macel corre veloce, svelando i segreti più intimi fino a quelli più oscuri. I momenti di gioia e serenità, la paura della tortura, della sofferenza e della morte, ma anche il senso della collettività e le riflessioni sulla religione: gli artisti raccontano il loro mondo attraverso oggetti, fotografie, video e performance. Ed è un percorso di scoperte e di pura poesia, ad esempio nella sala di Kiki Smith: i ceselli su preziosa carta di seta himalayana narrano la sua mitologia femminile, un universo di stelle di vetro e donne che piangono le lacrime del mondo.

Un'atmosfera di dinamismo sospeso si respira anche tra i Padiglioni nazionali, in totale 86, in parte distribuiti negli spazi storici dei Giardini e in parte disseminati nella città lagunare. Tre le new entry: Antigua e Barbuda, Kiribati e Nigeria.

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Padiglione Israele: Gal Weinstein, Sun Stand Still

Tra i più interessanti Israele: il desiderio di fermare il tempo anima l'installazione multimediale Sun Stand Still (Sole fermati) dell'artista di Tel Aviv Gal Weinstein che evoca l'atmosfera post bellica di un bunker abbandonato e ammuffito. L'odore acre nelle stanze è quello di lana di acciaio, colla, muffe. Al piano superiore, la gigantesca opera El Al, realizzata con rivestimento morbido di cuscini e lana di ferro, è una sorta di “traccia” materiale della forza propulsiva di un missile.

Fermare il tempo o guardarlo scorrere al di là del vetro, sotto i piedi o dentro la gabbia. NelPadiglione della Germania, Leone d'oro per la miglior partecipazione nazionale con il progetto “Faust” di Anne Imhof, il pubblico osserva giovani performer gattonare nello spazio ricavato sotto il pavimento trasparente.

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Padiglione Germania: progetto performance “Faust” della coreografa Anne Imhof (Xinhua/Jin Yu)

Una prigione di vetro: ci sono performer sul tetto, uno accucciato in una gabbia esterna insieme a cani dobermann, mentre un sentimento di ansia impotente si impadronisce dei visitatori. Lo spazio bianco, asettico e geometrico è curato da Susanne Pfeffer.

Un’atmosfera totalmente diversa si respira nel Padiglione della Francia, trasformato in un mega studio di registrazione con pareti in legno, dove alcuni musicisti provano senza soluzione di continuità: pianoforte, voce, batteria, e tanti strumenti a disposizione, mentre il tempo senza tempo della musica scorre al di là di ogni esigenza produttiva o di mercato.

Anche l'installazione di Jana Zelibska intitolata Swang Song Now (Repubblica ceca e Repubblica slovacca), è una metariflessione sul tempo, con dodici cigni bianchi sullo sfondo di una mega proiezione del mare veneziano, il canto intermittente dei cigni e due video di una ragazza adolescente.

È un messaggio positivo, infine, quello lanciato da Mark Bradford nello spazio degli Stati Uniti. Tomorrow is Another Day, domani è un altro giorno, si intitola il suo progetto, disegnato su misura per uno spazio - identico al padiglione veneziano - che l’artista ha ricreato appositamente a Los Angeles. Anche qui il tempo è protagonista, tra soffitti crollati e archeologie dal sapore bizantino. Nel video Niagara, del 2005, un uomo nero ripreso di spalle cammina per strada, ma non c'è corrispondenza tra la distanza percorsa e il tempo impiegato. Bradford afferma così la priorità assoluta dell'azione individuale e la fiducia nella capacità di riscatto sociale dell'arte. A Venezia l’artista ha fondato una piattaforma sociale per lavorare con i detenuti e aiutarli ad essere autosufficienti. Anche questo è un modo per sostenere la vita.

silvia.sperandio@ilsole24ore.com

Biennale Arte 2017
“Viva Arte Viva”
Venezia
Fino al 26 novembre

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