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Giornata mondiale della pizza: gourmet o surgelata un business da 15 miliardi

di Emiliano Sgambato

Blockchain per tutelare Pizza, Pasta e Panettone "Made in Italy"

Secondo Coldiretti la pizza crea 200mila posti di lavoro e valorizza il made in Itay. Findus: la congelata consumata da 8 italiani su 10. Vendite nella Gdo a quota 1,2 miliardi

17 gennaio 2023
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3' di lettura

È uno dei simboli dell’Italia nel mondo da sempre, ma non smette di crescere sia dal punto di vista del business, sia da quello gourmet e della ristorazione. E se la pandemia ha dato una nuova spinta al fai da te e ai consumi del prodotto surgelato, la ritrovata convivialità ha spinto la crescita delle catene dedicate alla specialità napoletana: Sorbillo è arrivato a 17 pizzerie a gestione diretta, Fratelli La Bufala ha 37 punti vendita, 35 sono i locali di Pizzium (che ha rilevato Crocca) e poi, solo per citare alcune, tra le tante, altre realtà in crescita ci sono Berberè (che ha avviato la joint venture con la pasta di Miscusi) o Fra Diavolo.

E ora la pizza napoletana autentica può vantare anche il marchio Stg che ne protegge l’origine e l’originalità, mentre già nel 2017 l’Unesco aveva proclamato nel 2017 l’Arte dei pizzaiuoli napoletani patrimonio immateriale dell’umanità).

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Un business che esalta il made in Italy

Secondo Coldiretti il fatturato generato dalla pizza vale oltre 15 miliardi di euro all’anno grazie a un sistema economico costituto da 121mila locali per un’occupazione stimata in 100mila addetti a tempo pieno e in altrettanti nei weekend. In Italia, sempre secondo stime Coldiretti, «si sfornano 2,7 miliardi di pizze all’anno che in termini di ingredienti significano 200 milioni di chili di farina, 225 milioni di chili di mozzarella, 30 milioni di chili di olio di oliva e 260 milioni di chili di salsa di pomodoro». Un lavoro quotidiano sul quale «pesano però gli effetti dei cambiamenti climatici con i danni provocati dalla siccità e dal maltempo, che hanno tagliato le produzioni degli alimenti base della dieta mediterranea con il crollo del 30% per l’extravergine di oliva, del 10% per passate, polpe e salse di pomodoro fino al -15% per il grano tenero da cui si ricava la farina».

Gli statunitensi ne sono i maggiori consumatori con 13 chili a testa (certo, si tratta di prodotti spesso molto diversi dall’originale) mentre gli italiani guidano la classifica in Europa con 7,8 chili all’anno (erano 7,6 kg nel 2018, fonte Aibi-Cerved), e staccano spagnoli (4,3), francesi e tedeschi (4,2), britannici (4), belgi (3,8), portoghesi (3,6).

Il successo della pizza surgelata

Solo le vendite nella Gdo valgono 1,2 miliardi di euro, tra le tipologie fresche e surgelate, dove queste ultime hanno la fetta più grande (nel 2021 ne sono state vendute 60mila tonnellate, il 18% in più del pre pandemia).

Secondo una ricerca commissionata da Findus, 8 italiani su 10 scelgono di portare in tavola la “versione sottozero”, che si rivela «un appuntamento fisso per il 55% degli italiani che dichiara di consumarla spesso, con il 27% delle famiglie con bambini che la consumano in media una volta a settimana».
Dopo la Margherita, “regina” incontrastata al secondo posto nei gusti degli italiani (soprattutto maschi) c’è la Diavola (23%), e la Quattro Formaggi (23%), preferita dalle donne (25%, over 50). Il 39% degli italiani abbinerebbe alla pizza patatine fritte, mentre il 25% degli intervistati opterebbe per delle crocchette di patate,

A spingere i consumi, secondo la ricerca Findus/AstraRicerche, la pandemia (che ha inciso per il 24%), ma anche la convenienza e il risparmio (21%), la preferenza per cene e aperitivi in casa (21%) e la comodità (18%).

Il segreto sta (anche) nella farina

Ogni anno, in Italia, circa 450mila tonnellate di farina sono destinate alla produzione della pizza. «Siamo orgogliosi, come mugnai, di poter contribuire, con le nostre farine, la cui impareggiabile qualità e versatilità è unanimemente apprezzata anche sui mercati esteri  al successo di un prodotto quale la pizza diventato, per le sue caratteristiche, emblema del cibo globale e dell’integrazione tra le varie culture», sottolinea Andrea Valente, presidente Italmopa (Associazione mugnai d’Italia aderente a Federalimentare).

La farina, ricorda Italmopa, costituisce l’ingrediente principale della pizza. La più comune e la più utilizzata nell’impasto classico rimane indubbiamente la farina di grano tenero declinata nelle sue varie tipologie: «non esistono, fortunatamente, regole universali e ogni pizzaiolo potrà essere libero di sperimentare, entro certi limiti, un proprio impasto, essendo inteso che la scelta della farina appropriata rimane comunque strettamente condizionata dal tipo e dalle caratteristiche del prodotto finale che si vuole ottenere e dai sistemi di lavorazione che si adottano».

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