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La Cina mette l’inglese nel cassetto: spreco di tempo ed energia per i più piccoli

di Rita Fatiguso

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Considerata a lungo la molla principale per trovare in futuro un buon lavoro a casa e all’estero, l’insegnamento della lingua nelle scuole pubbliche rischia una battuta di arresto

19 marzo 2023
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3' di lettura

In Cina c’è una competenza strategica che rischia di finire nel cassetto. Non stiamo parlando dell’insegnamento del violino o del pianoforte e, nemmeno, della ginnastica artistica o di uno sport competitivo altrettanto importante per il Paese. No. Al centro di una possibile frenata c’è lo studio della lingua inglese, finora chiave di accesso al mondo esterno. All’apertura delle porte all’inglese è legato il miracolo economico cinese. La lingua è stata anche strumento di dialogo a livello diplomatico: fino a qualche decennio fa gli stessi dirigenti del Partito conoscevano, al massimo, il russo, grazie agli scambi tra Mosca e Pechino, gli unici possibili per quelli della loro generazione.

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Finora l’inglese è stato considerato un importante strumento per costruirsi un futuro lavorativo migliore dopo la scuola

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Troppa energia

La storia è nota. «In Cina cominciano che sono piccolissimi perché l’inglese è uno strumento importantissimo per poter studiare all’estero. Ma c’è troppa pressione sui bambini più piccoli, dice Li Qunlai, originario di Zhengzhou, nel centro della Cina, fondatore del Centro culturale cinese a Milano di via Paolo Sarpi (www.centroculturalecinese.com) che all’insegnamento delle lingue e della cultura della lingua presta un’attenzione particolare. «I genitori investono moltissimo in lezioni private e corsi speciali, forse troppo per studenti così piccoli».

Il concetto è risuonato tra i banchi del Congresso nazionale del Popolo quando il deputato Tuo Qingming, nella vita quotidiana preside della seconda scuola media del distretto di Yucheng della città di Ya’an, provincia del Sichuan, ha detto che «imparare l’inglese consuma troppa energia e tempo per gli studenti, considerando che il valore pratico delle lingue straniere per molte persone è limitato».

Tuo Qingming ha suggerito, quindi, di abbassare il peso della lingua straniera, portando il valore nell’esame di ammissione all’università da 150 punti a 100 punti. È il terribile Gaokao, croce e delizia di intere famiglie, il test di accesso all’università il cui punteggio finale diventa l’ascensore che separa Paradiso dall’Inferno. Si va a pregare nei templi e si accendono incensi per propiziarsi un buon voto che apra le porte di una delle dieci migliori università della Cina.

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Il deputato del Sichuan Tuo Qingming parla durante una sessione tematica delle Due Sessioni del Parlamento cinese

La svolta del 2012

Ora il nodo della lingua è venuto al pettine. In genere, le Due Sessioni del Parlamento sono l’arena in cui lanciare idee nuove. «Sono d’accordo con questa proposta - gli ha fatto eco un anziano insegnante presente al gruppo di lavoro. Non è necessario rendere così difficile l’inglese alle medie e alle superiori, l’enfasi dovrebbe essere messa, invece, sull’applicazione pratica della lingua». «Per quanto ne so - ha aggiunto -, molte scuole hanno già avvertito questa tendenza e hanno iniziato a ridurre significativamente gli orari dei corsi di inglese e degli insegnanti della cultura inglese».

Nell’ istruzione di base, sembra che l’insegnamento dell’inglese si stia muovendo in questa direzione. Il top dell’ansia (e del business correlato) da insegnamento dell’inglese è stato raggiunto probabilmente intorno ai primi anni della prima decade del 2000.

Oltre alle lezioni del curriculum generale, la Cina offriva classi ad hoc in sezioni speciali miste nelle quali inserire studenti internazionali e cinesi. C’era un pullulare di scuole internazionali di stampo anglosassone costosissime nelle quali la maggioranza degli studenti era rappresentata da ragazzi cinesi che poi spiccavano il volo nelle università in mezzo mondo. C’erano scuole internazionali pubbliche che ruotavano, ovviamente, sullo studio dell’inglese. Nei primi tempi del boom linguistico, la Cina era la Mecca degli studenti stranieri che volevano visitare o vivere in Cina oppure studiare il cinese. Non era così difficile trovare un posto di lavoro perchè la domanda era fortissima. C’erano opportunità per tutti. Ma le famiglie cinesi erano costrette ad investire molto anche in lezioni e corsi privati “di rinforzo”.

Il cambio di passo

Poi, come è successo in tanti campi, il progresso industriale rapido ma inquinante, il boom delle Big del tech che dilagavano all’estero con il loro carico di dati sensibili, dalla deregulation si passa all’iper regulation. Per l’insegnamento della lingua inglese si assisterà probabilmente a un copione analogo.

Dalle regolamentazioni per le scuole straniere e dei loro programmi alla chiusura di quelle private cinesi non conformi nè autorizzate si è passati ai requisiti strettissimi per l’insegnamento della lingua straniera da parte di stranieri in Cina, il quadro si è complicato per la richiesta di presidi pubblici all’interno delle scuole internazionali. Anche il cambio di nome in cinese imposto ad Harrow, il college dove ha studiato Winston Churchill, tra i primi a sbarcare in Cina lo dimostra chiaramente. Poi, il pesantissimo lockdown di tre anni che ha creato problemi nel reclutamento di insegnanti dall’estero a causa del blocco delle frontiere a nuovi arrivi.

Tutto, insomma, è diventato complicato. Ma il depotenziamento della lingua sui banchi delle scuole primarie e secondarie cinesi, se sarà attuato in maniera massiccia, apre una nuova prospettiva che potrebbe aver effetti sul futuro delle nuove generazioni di ragazzi cinesi.

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