di Giovanna Mancini
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Con 11 istituti (su 81 nazionali) che hanno attivato percorsi di studio in discipline legate al design, la Lombardia si contende il primato con il Lazio, sebbene nel 2019 quest’ultima abbia diplomato 844 studenti contro i 4.164 della prima (dati Report Design Economy 2022). Punta di diamante del sistema formativo territoriale – ma anche nazionale – è il Politecnico di Milano, che in passato ha diplomato alcuni tra i migliori progettisti e designer italiani e stranieri e oggi conta circa 4.200 iscritti circa alla Scuola di Design, con il 17% circa dei diplomati nel settore sul totale nazionale e un tasso di occupazione tra i laureati del 91% circa. «Sono numeri importanti», osserva il preside della Scuola, Francesco Zurlo.
Il vostro ateneo attira studenti da tutta Italia e dall’estero: merito dell’offerta formativa, certo. Ma anche della città?
I giovani vengono qui a studiare anche perché Milano è la capitale riconosciuta del design, in cui c’è la più alta concentrazione di creativi per metro quadrato. Pensi alla formazione: oltre al Politecnico ci sono molti altri istituti e scuole, che offrono un percorso formativo diverso e complementare. E poi c’è un tessuto produttivo in grado di assorbire i laureati, che va dall’industria ai servizi finanziari e al terziario evoluto. È un territorio circolatore di conoscenza creativa: quando hai tante persone che si occupano di creatività a diversi livelli, questo genera delle plusvalenze. Bisogna esserci. Ed è per questo che negli ultimi anni molti gruppi internazionali, come Huawei, hanno aperto proprio qui i loro design center.
Un ecosistema formativo vasto e vario: c’è un eccesso di offerta?
No, c’è posto per tutti, perché la domanda di designer sta crescendo e si sta diversificando, perciò alle aziende servono competenze differenti. I tassi di occupazione dei laureati lo confermano. Non c’è solo il design di prodotto, legato ad esempio all’arredamento o alla moda o ad altri comparti della manifattura. Si affacciano settori nuovi, come l’Interaction design o lo User experience design. A Milano e in Lombardia ci sono tante imprese che si occupano di servizi digitali e che stanno assorbendo molti dei nostri laureati, perché il design parte dalle esigenze delle persone e dal loro modo di interagire con i servizi digitali o anche fisici per creare strumenti come la customer journey o la user journey. Questa nuova domanda si aggiunge a quella della manifattura, che resta comunque prevalente.
C’è sinergia tra tutti questi attori?
C’è un dialogo, ma non esiste un vero coordinamento. Anni fa, il ministro per i Beni culturali Alberto Bonisoli aveva istituito un Tavolo del design, che però non è stato confermato dai successivi governi. Credo sarebbe utile rimetterlo in piedi, coinvolgendo però anche i ministeri degli Esteri e dello Sviluppo economico, oltre al mondo imprenditoriale. Fare rete è importante e il primo passo dovrebbe essere mappare la dimensione di questo sistema della creatività presente a Milano e provincia, di cui invece a oggi non esistono dati. Per agire, per decidere dove indirizzare gli investimenti o cosa cambiare, bisogna prima di tutto conoscere.
Giovanna Mancini
Redattore ordinario
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