(ANSA)
3' di lettura
Il Movimento 5 Stelle ripropone in Parlamento il suo progetto di legge sul conflitto di interessi depositato la scorsa legislatura ma nel nuovo testo - che porta la forma del leader del Movimento Giuseppe Conte - viene aggiunta una norma subito ribattezzata “anti Renzi”. Si tratta del divieto di percezione di erogazioni da Stati esteri per chi ha cariche di
governo statali e regionali ma anche per i parlamentari. Il leader di Italia viva, nel 2022, aveva dichiarato di aver incassato 1,1 milioni di euro per «prestazioni fornite in qualità di consulente all’Arabia Saudita» e ha più volte rivendicato la legittimità della sua attività extra-parlamentare in qualità di conferenziere all’estero. «Si possono fare conferenze, consulenze all’estero, in Arabia Saudita come negli Emirati, come in Cina o come in America? Sì. Si debbono fare delle distinzioni tra quelli democratici e no? Per me no» ha detto Renzi nel 2022 parlando delle polemiche che lo aevvano investito l’anno precedente per aver usato l’espressione “Rinascimento arabo” al Future Investment Initiative alla presenza del principe saudita Moammad bin Salmān. Nella sua ultima dichiarazione dei redditi l’ex presidente del Consiglio ha un imponibile di 2,56 milioni di euro.
Il comportamento di Renzi può essere considerato inopportuno (come da tempo rilevano i suoi avversari politici, a partire dai Cinque Stelle che in passato hanno parlato di «scorribande affariste di Renzi», ma critico su questo aspetto è anche il suo alleato, il leader di Azione Carlo Calenda). Tuttavia è legittimo perché nell’ordinamento italiano il divieto di percepire erogazioni da parte di Stati esteri è previsto solo per partiti e movimenti politici. In particolare per quelli che abbiano presentato propri candidati alle elezioni politiche, europee o regionali o che siano iscritti nel registro dei partiti politici, ai quali fa riferimento un gruppo parlamentare.
Con la proposta del Movimento 5 Stelle scatterebbe il divieto per il presidente del Consiglio, i ministri, sottosegretari e parlamentari di accettare, durante il proprio mandato e nell’anno successivo alla sua cessazione, contributi, prestazioni o altre utilità di valore complessivo superiore a 5mila euro annui da parte di governi o enti pubblici di Stati esteri o persone giuridiche con sede in uno Stato estero non assoggettate a obblighi fiscali in Italia.
A vigilare su questo aspetto è chiamata l’Anac. L’autorità anticorruzione tutti i titolari di cariche pubbliche devono trasmettere la propria dichiarazione dell'imposta sul reddito (obbligo a cui sono tenuti anche il coniuge, i parenti o affini entro il secondo grado del titolare della carica di governo e le persone con lui stabilmente conviventi non a scopo di lavoro domestico). Non solo: all’Anac va inviata anche una dichiarazione sostitutiva in cui siano elencati i contributi, le prestazioni e le altre utilità, provenienti dagli Stati, dagli enti e dalle persone giuridiche di Stati stranieri percepiti nell'anno precedente, il valore di
ciascuno di essi e la causa dell'erogazione. Ma l’Anac non si limita a ricevere la documentazione perché può svolgere le proprie verifiche «avvalendosi dei poteri previsti in
favore degli uffici competenti all’accertamento delle imposte sui redditi» si legge nel testo della proposta di legge. Nel dossier di documentazione della Camera si fa notare però che la norma non specifica quali siano i poteri attribuiti anche all'Anac tra quelli riconosciuti dalla legge all'amministrazione finanziaria.
In caso di violazioni accertate scatta l’ineleggibilità e l’incompatibilità per cinque anni rispetto alle cariche (da quella di premier ad amministratore locale).
P.I. 00777910159 Dati societari
© Copyright Il Sole 24 Ore Tutti i diritti riservati
Per la tua pubblicità sul sito: 24 Ore System
Informativa sui cookie Privacy policy