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Ecco come verrà selezionato il grano duro che resiste ai cambiamenti climatici

di Davide Madeddu

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(AdobeStock)

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L’obiettivo è ottenere un frumento non Ogm resistente alla siccità, alle alte temperature e alla salinità del suolo

28 aprile 2022
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2' di lettura

L’obiettivo è ottenere un tipo di grano duro resistente alla siccità, alle alte temperature e alla salinità del suolo, e non Ogm. Il tutto grazie alla cosiddetta «strategia cromosomica», che coniuga tradizionali metodi di breeding basati sull’incrocio naturale tra due specie diverse, all’uso di particolari linee mutanti per il gene Ph1 (pairing homoeologous) che controlla l’appaiamento tra cromosomi durante le fasi di produzione del polline e dell’ovocellula. È quanto prevede il progetto Impresa (finanziato dal Ministero dell’Università e della ricerca) e a cui partecipano l’Enea, l’Università della Tuscia e istituzioni scientifiche di Turchia, Algeria e Tunisia.

Punto di partenza è il fatto che il grano duro sia una coltura alimentare considerata «di importanza strategica per l’Italia e per molti Paesi che si affacciano sul Mediterraneo». «Proprio per questo motivo – chiarisce Debora Giorgi, ricercatrice Enea del Laboratorio Biotecnologie e responsabile del progetto per l’Agenzia – stiamo lavorando con alcuni di questi Paesi per rendere questa pianta più resistente agli stress ambientali, come siccità, alte temperature e salinità del suolo, che a causa dei cambiamenti climatici sono sempre più diffusi, con forti penalizzazioni delle produzioni». Quanto al metodo seguito, la ricercatrice sottolinea che nei laboratori si sta «cercando di ampliare la base genetica del grano duro, che è stata fortemente ridotta dalla prolungata selezione per tipi più produttivi in condizioni ottimali di coltivazione». In questa fase diventerà importante il potenziale naturale presente nelle graminacee selvatiche, affini ai frumenti coltivati.

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«Grazie all’impiego di strategie di ingegneria cromosomica non-Ogm, la coordinatrice del progetto, Carla Ceoloni dell’Università della Tuscia – chiariscono poi dall’Enea - ha sviluppato linee ricombinanti in cui sono state trasferite quantità variabili del corredo genetico di specie selvatiche tolleranti agli stress ambientali, come ad esempio le specie perenni Thinopyrum ponticum e Thinopyrum elongatum». I primi test sono già partiti e «permetteranno di valutare la capacità di resilienza a siccità, alte temperature e salinità del suolo di queste nuove combinazioni di frumento duro e graminacee selvatiche sia in condizioni controllate sia in campo, nei vari ambienti pedo-climatici presenti nei Paesi che hanno aderito al progetto.

«Questa è una fase fondamentale che ci traghetterà a quella successiva – argomenta la ricercatrice – quando trasferiremo le nuove caratteristiche di adattamento a varietà di frumento duro meglio rispondenti alle esigenze di coltivazione dei diversi ambienti e degli utenti finali, come agricoltori e aziende sementiere e di trasformazione». L’attività dei ricercatori riguarda lo studio in serra e le prime fasi di sviluppo della pianta. «I risultati ottenuti finora sono molto positivi», conclude la ricercatrice.

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