di Marta Casadei e Michela Finizio
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È una discesa ripida, che non accenna a fermarsi, quella delle imprese giovanili in Italia: al 30 settembre 2022, infatti, le aziende con la maggioranza dei titolari o soci entro i 35 anni rilevate da Infocamere-Unioncamere erano 511.996, oltre 36mila in meno rispetto al periodo pre pandemia (-6,6% sull 2019). Un calo più veloce di quello registrato, in parallelo, per motivi demografici, dalla popolazione giovanile tra i 18 e 35 anni (-0,3% nei tre anni) e dal totale delle imprese registrate (-0,8%). Insomma, tutto cala ma le imprese under 35 di più.
In particolare, tra il 2019 e il 2020 sono scomparse o “invecchiate” (e mai rimpiazzate) circa 20mila imprese, mentre - dopo un sostanziale congelamento dovuto alla prima ondata di Covid - tra il 2021 e il settembre 2022 questo spopolamento ha riguardato 12.792 realtà imprenditoriali.
Il fenomeno, a ogni modo, non è un effetto della pandemia, ma ha radici più lunghe. I dati raccolti dal Sole 24 Ore, pubblicati all’interno dell’indagine della Qualità della vita, confermano il declino dell’imprenditorialità giovanile, un trend in corso da circa un decennio. Basta pensare che nel 2011 erano 697mila le attività con più della metà della compagine sociale sotto i 35 anni. Un’impresa su dieci, allora. Mentre oggi le imprese giovanili sono solo l’8,4% del totale. Con una perdita, tra il 2011 e 2022 di oltre 185mila unità.
Le ragioni del calo sono duplici: l’invecchiamento della popolazione che affligge il Paese, ma anche il sempre complesso ricambio generazionale nelle aziende italiane, molte delle quali sono medie o piccole imprese a proprietà familiare. Più difficile incidere, poi, sul calo della propensione all’autoimprenditorialità, a fronte di costi e bollette sempre più elevati.
Il 70% delle imprese giovanili sono ditte individuali, oltre il 25% opera nel commercio, il 12% nelle costruzioni, l’11% nella ristorazione e il 10% nell’agricoltura e così via. E proprio il commercio tra il 2011 e il 2020 ha registrato uno dei cali più significativi nel numero di imprese under 35 (-25%): «È un settore in cui le aggregazioni e la presenza di piattaforme globali hanno creato vantaggi competitivi spesso insuperabili per un giovane che entra nel mercato», spiega Andrea Colzani, presidente dei Giovani imprenditori di Confcommercio. La pandemia, però, potrebbe aver innescato un cambiamento positivo, «ridando valore al commercio di prossimità e spingendo i piccoli a usare il web per crescere. Intercettare i nuovi trend con le giuste competenze è una grande occasione per i giovani», continua Colzani. Che conclude: «C’è tanta voglia di imprenditorialità nelle nuove generazioni».
Tra la voglia di imprenditorialità e l’effettiva fattibilità di un progetto entrano in campo i sostegni messi in campo dal Governo. Che, in primis, hanno cercato di rendere più snelle le nuove aperture: dopo lo stop dato lo scorso anno dal Consiglio di Stato all’avvio di start up senza l’intervento del notaio, il Dm Mise 155/2022 pubblicato sulla «Gazzetta» del 21 ottobre scorso ha dato il via libera all’apertura della Srl semplificata in videoconferenza online, sulla nuova piattaforma dei notai.
A cercare di invertire la rotta, poi, ci pensano diverse misure gestite da Invitalia: «Si possono creare opportunità con un forte impatto economico, soprattutto nelle aree particolarmente disagiate del Paese», afferma Luigi Gallo, responsabile Incentivi e Innovazione dell’Agenzia. È questo l’obiettivo, ad esempio di Resto al Sud, nato per valorizzare le competenze dei giovani, aiutandoli a diventare imprenditori nella loro terra d’origine: tra il 2018 e il 2021, secondo un’analisi di Itacamp, l’incentivo (50% di contributo a fondo perduto; 50% di finanziamento bancario garantito dal Fondo di Garanzia per le Pmi) ha supportato la nascita di 7.366 imprese, che coinvolgono il 68% di imprenditori under 35. Inizialmente la misura era rivolta proprio a loro, ma la soglia di età è stata progressivamente innalzata fino ad arrivare agli attuali 55 anni.
Un altro incentivo è «On - Oltre. Nuove imprese a tasso zero» , rivolto ai giovani e alle donne: prevede un mix di finanziamento a tasso zero e contributo a fondo perduto per progetti d’impresa con spese fino a 3 milioni di euro. Dal lancio della nuova misura (maggio 2021) sono stati presentati oltre 4mila progetti (per il 53% da giovani donne), per un importo richiesto superiore alla dotazione finanziaria. Già finanziate 500 nuove iniziative. «Negli ultimi anni abbiamo intensificato le attività di orientamento ed educazione imprenditoriale presso scuole, università, incubatori e altri luoghi dell’innovazione. Diventare imprenditori diventa una scelta percepita come alternativa concreta al lavoro dipendente», conclude Gallo.
Gli imprenditori under 35 scarseggiano in tutta Italia, ma il calo è concentrato soprattutto in alcune aree del Paese. Le cinque province con la perdita più marcata di imprese giovanili tra il 2019 e il 2022 sono quasi tutte al Centro-Sud. La maglia nera va a Macerata (-19,6% nel triennio, -12,2% sul 2021), seguita da due province molisane: Isernia e Campobasso, che hanno registrato un calo rispettivamente del 15,8% e del 15,7% nei tre anni. Secondo le rilevazioni di Infocamere-Unioncamere, le Marche tra il 2011 e il 2020 hanno perso circa un terzo (-33%) delle aziende giovanili. In questa top 5 negativa c’è anche Rovigo, territorio che registra una particolare difficoltà sul piano demografico: al calo di residenti che si riscontra in molte aree interne del Paese, si aggiungono le fughe all’estero (la provincia è seconda, dietro Mantova, con una crescita del 39,7% di iscritti all’Aire tra il 2019 e il 2023), come raccontato sul Sole 24 Ore del 6 febbraio scorso. Non mancano però province più dinamiche, in controtendenza rispetto all’andamento nazionale, che hanno registrato un aumento delle imprese “nelle mani” degli under 35: Bolzano, Trieste, Piacenza, Monza e Brianza e Torino.
Marta Casadei
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