di Angelo Flaccavento
La sfilata Dior
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Accadono nella moda, sovente, convergenze del tutto fortuite, frutto di percorsi di pensiero simili. La collezione Dior che ha aperto ieri ufficialmente la lunga fashion week parigina, è apparsa pradesca nel tono: preziosismi da lady passati attraverso un filtro pauperistico, abrasi ma non distrutti; una lettura degli anni Cinquanta più vicina al disincanto neorealista che alla lente rosa del boom americano. E poi, certo, le calze maschili un po' molli, portate con i tacchi alti: quelle, di certo, un passo falso.
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Maria Grazia Chiuri affronta la bestia nera - il momento d'oro della maison Dior - per affrancarsi dall'immaginario rileccato e perbenista, o meglio per dargli una allure nuova. Guarda a donne forti, emozionalmente intense e tormentate come Juliette Gréco, Édit Piaf, Catherine Dior, e immagina una figura femminile giusto un po' più ruvida del solito - basta gettare alle ortiche il ferro da stiro, per il resto non si deraglia considerato anche il pubblico di riferimento. Il risultato è un Dior invero un po' pradesco, con una grazia speciale che è tutta e solo di Chiuri, martellata in una parata infinita cui un severo editing avrebbe giovato. Il tutto, con contorno di set come ricamo pantagruelico di Joana Vasconcelos.
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Da Saint-Laurent, Anthony Vaccarello mette in atto una operazione nostalgia che, per paradosso, appare assolutamente tempestiva. Alla ricerca di una idea di eleganza come carisma e precisione, riesuma gli anni ottanta di Yves, quelli delle spalle immense e dei tailleur con la gonna a matita, e ambienta lo show in un cubo nero con passerella rialzata e chandelier traboccanti ori e luci che è una trasposizione e astrazione dei saloni dell'Hotel Intercontinental, teatro di tutte le sfilate di couture del fondatore. Anche la collezione è una trasposizione e astrazione del noto. Lo sguardo infatti non è nostalgico ma asciutto, tagliente, sintetico. Vaccarello si concentra su pochi pezzi: la giacca maschile, la gonna dritta, i pantaloni a sigaretta, il top a canotta, il blouson da aviatore, relegando il dramma agli scialli gettati sulle spalle e trattenuti da bracciali, e agli occhiali da aviatore che occultano lo sguardo. C'è una facilità concisa in questa formula, condita da collant rigorosamente dieci denari a velare le gambe, che va dritta al punto, senza se e senza ma.
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