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Cina: «Senza nuovi stimoli rischio di una crescita al 2%»

di Stefano Carrer

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(AFP)

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14 gennaio 2019
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2' di lettura

I più recenti dati sull’economia cinese- dalla contrazione a sorpresa dell’export a dicembre al primo calo del mercato interno dell’auto in un ventennio - segnalano una decelerazione che, secondo vari analisti, può raggiungere un livello di crisi, almeno in mancanza di un robusto programma di stimoli che d’altra parte rilancerebbe i sempre latenti timori sull’eccesso di indebitamento nel sistema.

Da tempo si rincorrono voci secondo cui alcune proiezioni effettuate “sottovoce” da economisti cinesi siano molto inferiori alle principali stime correnti, che ipotizzano per il 2019 un rallentamento contenuto rispetto al target del +6,5% stabilito per il 2018 dal governo. In un intervento sul quotidiano di Hong Kong «South China Morning Post», l’analista economico David Brown (ceo di New View Economics) sostiene che «forze negative» stanno prendendo slancio e che la Cina potrebbe molto presto andare incontro a un collasso dell’espansione economica, con un Pil che, nello scenario peggiore, scenderebbe a un modestissimo +2% annualizzato.

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I fattori-sintomo che elenca sono di diverso genere: deboli vendite di autoveicoli, fiacchezza dei prezzi immobiliari e dalla fiducia dei consumatori, ristagno della crescita del money supply, calo del mercato azionario. Il contesto internazionale, inoltre, appare sfavorevole anche al di là delle tensioni commerciali con gli Stati Uniti , con il rallentamento economico di alcuni partner-chiave (dalla Germania al Giappone), senza contare gli elementi di incertezza più generali (dalle tensioni politiche a Washington ai mal di testa europei, tra elezioni in arrivo e Brexit).

GLI ULTIMI DATI / Deludono export e vendite di auto

«Il mondo è nei guai e la Cina ne sarà risucchiata in quanto cartina al tornasole del commercio globale», afferma l’economista, secondo cui Pechino non può sperare granché in spinte provenienti dall’esterno e tatomeno da (assai improbabili) iniziative multilaterali. La sua ricetta è: un forte programma di stimoli alla sua economia, attraverso politiche monetarie e fiscali decisamente espansive. Non misure frammentarie e settoriali.

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