Norme e Tributi
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Voto di scambio, non è necessario lo «scambio» basta la promessa

di Alessandro Galimberti

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11 agosto 2017
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2' di lettura

La corruzione elettorale è un reato di pericolo astratto, di pura condotta e a dolo specifico: non è necessario pertanto lo scambio dei beni o delle prestazioni, ma solo la promessa o l’accordo tra le due parti.

La Terza sezione penale della Cassazione (sentenza 39064/17) ha reso definitiva la condanna a 8 mesi di reclusione e a 12mila euro rideterminata dalla Corte d’appello di Napoli nei confronti di un cittadino elettore. Questi, in concorso con altri due coimputati - una candidata alle comunali e il fratello - aveva promesso il sostegno in cabina elettorale non tanto proprio, in quanto residente altrove, ma di tre familiari abitanti nel piccolo centro all’epoca della consultazione incriminata, nel 2009. Due anni più tardi il fratello dell’imputato, destinatario della promessa di voto di scambio, era stato assunto in un’agenzia di sicurezza (peraltro a tempo determinato e per soli 3 mesi).

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A fronte delle lamentele contenute nel ricorso, in cui i difensori dell’elettore lamentavano la genericità delle contestazioni e - appunto - il riscontro molto scolorito alla promessa della candidata, la Terza penale ribadisce che la struttura del reato di corruzione elettorale prescinde del tutto, in ogni sua formulazione, dal vero e proprio scambio delle prestazioni e, anzi, anche dalla realizzazione di una sola di esse.

La sentenza di Cassazione 39064/2017Visualizza

Il primo comma (l’articolo è l’86 del DPR 570/1960, non della legge 579/1960 come scritto erroneamente in una prima versione) punisce il candidato (o chi per lui) offre o promette qualunque utilità a uno o più elettori, anche utilità dissimulate (per esempio rimborsi, vitto alloggio o spese e servizi). La seconda ipotesi punisce l’elettore che, per dare o negare firma o voto, accetta offerte o promesse o riceve denaro o altra utilità. In entrambe le fattispecie, annota l’estensore della Terza, si prescinde completamente dalla realizzazione del pactum sceleris, avendo il legislatore del 1960 arretrato la soglia di punibilità al momento dell’accordo e/o della promessa. Ciò è reso ben evidente nel caso in cui l’iniziativa spetta al “politico” - o a chi per lui - in cui il reato, che peraltro è a concorso eventuale e non necessario, si consuma al momento in cui viene profferita la promessa a vantaggio del terzo. Se poi si realizzerà la promessa, come nel caso di specie e a “scoppio” ritardato, ciò è del tutto indifferente per far scattare la punibibilità.

Ma anche nell’ipotesi più strutturata del comma 2 - il vero e proprio accordo tra elettore e candidato - il reato si consuma al momento dell’accettazione dell’offerta o della promessa (e ovviamente anche alla ricezione del denaro), restando indifferente ogni e ulteriore esecuzione dell’accordo.

Tra l’altro la corruzione elettorale è reato plurioffensivo, perchè presidia sia l’interesse dello Stato a libere e corrette consultazioni, ma anche allo stesso tempo il diritto politico di ogni elettore alla libera espressione, e prima ancora determinazione del voto.

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