di Biagio Simonetta
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Si chiama Iptv, ed è l'acronimo di Internet Protocol Television. È un sistema di trasmissione di segnali televisivi su reti informatiche. Più semplicemente: è un metodo che consente di trasmettere i canali Tv su Internet. Esiste da una decina d'anni, ma la sua diffusione è direttamente proporzionale alla crescita della banda larga. Affinché la qualità dell'Iptv sia accettabile, infatti, serve una connessione di almeno 8/10 megabyte. Ed è per questo che con la copertura sempre più capillare della rete in fibra, il sistema sta trovando sempre più spazio.
Fin qui il racconto di quello che è una tecnologia del tutto legale, nata come innovazione che potrebbe presto spostare la trasmissione dei canali televisivi coinvolgendo il flusso dei dati. Da qualche anno, però, Iptv è diventato sinonimo di un fenomeno illecito che consente la visione di canali a pagamento in modo fraudolento: tutti i palinsesti Sky (Cinema, Sport, Calcio e finanche Primafila), Mediaset Premium e Dazn, a una manciata di euro. E basta digitare “Iptv italia” su un qualsiasi store online (che sia eBay, Amazon o Aliexpress poco cambia) per affacciarsi su un macrocosmo di offerte e soluzioni che, nonostante la palese illegalità, fa poco per rimanere sotto traccia.
Due milioni di utenti solo in Italia
Chiariamolo subito: non esistono statistiche ufficiali circa l'utilizzo delle Iptv illegali in Italia. Ma la cifra più plausibile si avvicina ai due milioni di cittadini italiani. Un numero che deriva da un'indagine firmata Fapav-Ipsos, secondo la quale il consumo illegale di video riguarda ormai due italiani su cinque. A fronte dei circa cinque milioni di abbonati a Sky, dunque, altri due milioni usufruiscono del servizio in modo illegale. Una cifra enorme che produce mancati incassi per 700 milioni di euro.
Come funziona
Affinché una trasmissione Iptv funzioni sono necessari tre elementi chiave: una connessione a Internet, un dispositivo connesso (smart Tv, ma anche tablet, pc, smartphone o Android Box) sul quale installare una banale applicazione, e infine un codice (un file di testo con estensione m3u). La connessione a Internet, preferibilmente in fibra, è necessaria per far partire lo streaming. Il dispositivo è l'oggetto finale dove vengono visualizzati i canali, dopo aver installato software o app gratuite e legali, rintracciabili sugli store di Google o Apple. Il codice, invece, è la parte più importante (ed anche quella illegale): una stringa di qualche decina di pagine contenente migliaia di link con estensione TS o MP4. Un file con estensione m3u contenente la lista di canali che, una volta inserita tramite upload nel software per Iptv, diventa visibile sul proprio dispositivo.
Così abbiamo comprato un anno di Sky a 21 euro su eBay
Nonostante guardare i canali delle pay tv attraverso una Iptv sia una pratica illegale, punita dalla legge italiana con pene che arrivano fino a 3 anni di reclusione e sanzioni amministrative che arrivano fino a 25mila euro, procurarsi un codice e decodificarlo è un gioco da ragazzi. Siamo partiti da una semplice smart TV, sulla quale abbiamo scaricato l'applicazione “Gse Smart Iptv”. Si tratta di una app del tutto legale, rintracciabile sugli store di Google ed Apple. Due passaggi banalissimi grazie ai quali abbiamo predisposto la nostra Tv alla visione di canali trasmessi tramite Iptv. A questo punto è iniziata la caccia al codice. In Rete le offerte sono centinaia e su Facebook esistono decine di gruppi con migliaia di iscritti che discutono di qualità delle liste vendute e si scambiano opinioni sui venditori migliori.
Dopo aver spulciato per qualche minuto gli store di Aliexpress e Amazon, cercando semplicemente “Iptv Italia”, abbiamo deciso di provare l'acquisto su eBay, scegliendo l'utente chris16, con sede nel Regno Unito, che proponeva 12 mesi di abbonamento a circa 6mila canali (fra questi tutti quelli italiani della pay Tv) a 18,99 sterline, poco più di 21 euro. Durante la fase dell'ordine, il venditore ci ha chiesto tre informazioni per configurare al meglio il tutto: il tipo di dispositivo utilizzato, l'indirizzo Mac del dispositivo e il nome dell'app Iptv che avevamo scelto. La transazione, effettuata con PayPal, è stata identica a qualsiasi operazione d'acquisto effettuata online. Dopo pochi minuti, sulla nostra mail è arrivato il file in formato m3u da caricare, con un banale upload, sul televisore. E dopo aver riavviato l'App, oltre 6mila canali sono comparsi come per magia e senza alcun blocco. Fra questi, molti in alta definizione. Dopo aver provato per qualche minuto che la visione dei canali delle pay tv italiane funzionasse veramente, abbiamo disabilitato il codice m3u e disinstallato l'applicazione “Gse Smart Iptv”. Il nostro, del resto, era solo un test per verificare la disarmante semplicità di rintracciare i canali della pay tv italiana a una manciata di euro. Una pratica dichiaratamente illegale, nonostante circa due milioni di italiani ne facciano utilizzo.
Biagio Simonetta
Redattore
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