di Laura La Posta
PreCop26: bambini pro-ambiente
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Mission: impossible. Alla vigilia della Cop26, John Kerry appare come Tom Cruise che non riesce a portare sugli schermi il settimo capitolo della saga, ma già gira l’ottavo film. Lo Zar del clima americano, designato dal presidente Joe Biden come suo inviato speciale, è abituato alle sfide difficili, come la sua carriera politica da sfidante alla Casa Bianca dimostra. Ma questa della Conferenza sul clima di Glasgow rischia di essere la missione più difficile della sua carriera, perché deve guardarsi da nemici in casa e fuori.
All’estero, il capo-negoziatore americano deve vedersela con le resistenze di diversi Paesi, in primis la Cina, ad accelerare i piani verso l’economia net zero. I rapporti tesi fra i due colossi hanno danneggiato anche le trattative climatiche.
«Gli Stati Uniti sono in una nuova guerra fredda: non più politica ma commerciale, non più con la Russia ma con la Cina; ma gli effetti sono molto simili», ha riconosciuto lo storico inglese Niall Ferguson (che insegna alle università di Stanford e Harvard), presentando il suo ultimo libro al Commonwealth Club («Catastrofi. Lezioni di storia per l’Occidente», in uscita per Mondadori il 9 novembre). La difesa del pianeta dagli sconvolgimenti climatici non porterà alla stretta di mano tra i leader delle potenze più inquinanti: Biden sarà a Glasgow, accompagnato da Kerry e da 13 membri della sua amministrazione, mentre il presidente Xi Jinping non parteciperà. Eppure Kerry sta continuando a lavorare a un accordo per tenere le emissioni sotto la soglia cruciale dei due gradi di riscaldamento da inizio era industriale. Ma le trattative sono difficili, pur portando in dote 100 miliardi di dollari all’anno per la transizione green dei Paesi meno sviluppati.
Anche sul suolo americano non mancano le difficoltà. Due fattori stanno mettendo a rischio la svolta green americana promessa da Biden, con il rientro negli Accordi di Parigi (dopo il ritiro di Trump) e con la promessa di un ricco pacchetto di incentivi. Al Congresso, il Build back better act da 3.500 miliardi di dollari procede a fatica: troppo costoso ed “estremista” nella parte di incentivi e multe in base alle strategie green (il Clean electricity performance program). Ma queste misure, assieme agli incentivi fiscali per l’energia pulita, sono fondamentali per dimezzare entro il 2030, come sottoscritto, le emissioni (rispetto al 2005). «Non raggiungere questo obiettivo sarebbe come uscire di nuovo dagli Accordi di Parigi», ha ammonito Kerry, mandando il codice rosso ai senatori anti-ecologici.
Anche la congiuntura non aiuta: il prezzo più che doppio del gas, rispetto allo scorso anno, ha spinto a riaccendere le inquinanti centrali a carbone. Per la prima volta, la produzione di energia “sporca” è stimata dal Governo in aumento per il 2021, ben del 22%, per la prima volta dal 2014. Un’altra tegola sulla testa di Kerry.
Per una volta, l’alleata Italia spicca invece per attivismo ecologico a livello internazionale, grazie agli ambiziosi obiettivi europei e nazionali ribaditi alla Pre-Cop di Milano. E il Sistema Italia si è presentato compatto a New York il 20 e 21 ottobre, in un grande Forum sulla sostenibilità di due giorni, con oltre 50 preminenti italiani e americani chiamati a raccolta dall’ambasciatrice a Washington Mariangela Zappia, nell’ambito del Festival dello sviluppo sostenibile dell’Asvis, cui il Maeci ha garantito appoggio per il secondo anno. Nei saloni restaurati dell’Istituto italiano di cultura in Park avenue, diretto da Fabio Finotti, e via web hanno fornito esempi di sostenibilità vincente anche tre capitani d’impresa come Renzo Rosso (fondatore di Diesel e delegato di Confindustria per eccellenza, bellezza e gusto dei marchi italiani), Alessandro Benetton (21 Invest), Marco Alverà (Ceo di Snam) e Giuliano Busetto di Siemens Italia (presidente di Anie Confindustria).
Del resto, sulla sostenibilità è l’Italia a tracciare la via agli Stati Uniti. Lo Zar del clima Kerry può almeno contare su alleati sensibili ai temi dello sviluppo sostenibile. Il resto della sua sfida di Glasgow è una missione difficile. Quasi impossibile.
Laura La Posta
capo redattrice
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