di Marco Panzarella e Matteo Rezzonico
Attacco hacker, Garante Privacy: c'è rischio di avvelenare i dati
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Durante il suo mandato, l’amministratore di condominio gestisce una serie di informazioni che interessano i condòmini dello stabile, siano essi proprietari o inquilini. Alcuni di questi dati sono considerati “sensibil i” e, visto il loro carattere riservato, non andrebbero mai divulgati al pubblico. Si pensi ad esempio ai riferimenti anagrafici, ai numeri di telefono, agli indirizzi email: il professionista li conserva e può disporne in caso di bisogno, così come, in determinate circostanze, può comunicarli a soggetti terzi, ma soltanto una volta ottenuto il consenso del diretto interessato.
Di certo nel corso degli anni il ruolo dell’amministratore ha assunto sempre più importanza, soprattutto dopo l’entrata in vigore - il 25 maggio 2018 - del Regolamento dell’Unione europea 2016/679 in materia di trattamento dei dati personali, che l’Italia ha recepito con il decreto legislativo 101/2018.
Il Regolamento ha introdotto regole più severe per il responsabile del trattamento dei dati – che in condominio è generalmente l’amministratore – chiamato a trattare i dati secondo liceità, correttezza e trasparenza. A fronte di maggiori responsabilità, il professionista ha acquisito più potere, tant’è che non necessita del consenso per la tenuta dei dati dei condòmini, che invece è necessario nel caso in cui utilizzi quelle informazioni per attività che esulino dalla gestione diretta del condominio.
Occupandosi anche di gestione finanziaria, l’amministratore è a conoscenza di eventuali debiti a carico dei condòmini che non hanno versato la propria quota per il pagamento di servizi condivisi (pulizia, riscaldamento e altro) e per la manutenzione, ordinaria e straordinaria, delle parti comuni. Come ha precisato a più riprese il Garante per la privacy, le situazioni di morosità non devono essere pubblicate in bacheca e in nessun altro spazio comune. Ogni comunicazione tra le parti, al contrario, deve avvenire in forma privata, così da non ledere le norme sulla riservatezza.
L’amministratore è invece legittimato – come previsto dall’articolo 63 delle Disposizioni di attuazione al Codice civile - a comunicare ai creditori non ancora soddisfatti che lo interpellino i dati dei condomini morosi. Nella bacheca condominiale - che solitamente si trova nell’androne - possono quindi essere inserite le comunicazioni di pubblica utilità (l’orario di accensione del riscaldamento centralizzato, i giorni della pulizia scale, eventuali interruzioni di servizi comuni e altro), mentre non è consentito mostrare le informazioni di natura privata e tutto ciò che consentirebbe in qualche modo di risalire ai residenti.
Inoltre non è permesso affiggere i verbali delle assemblee che, invece, possono essere imbucati nelle cassette della posta di ciascun condomino. Le “regole” per la bacheca valgono anche per i siti internet dei condòmini che hanno deciso di dotarsene, al fine di garantire maggiore accessibilità in tempi più ridotti. Sul web l’amministratore pubblica i documenti approvati dalle delibere assembleari e ciascun condomino può accedervi attraverso username e password, con la possibilità di scaricare i file.
Per realizzare il sito internet è necessario una delibera assembleare, votata con il quorum previsto dall’articolo 1136 comma 2 del Codice civile, ossia un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti in assemblea e almeno la metà del valore dell’edificio. La spesa per realizzare il sito e mantenerlo è a carico di tutti i condòmini, che contribuiscono in proporzione dei rispettivi millesimi.
Vorrei sapere come si accede al conto corrente del condominio?
Secondo l’articolo 1129 del Codice civile l’amministratore è tenuto ad aprire un conto corrente intestato al condominio. Secondo la norma, il professionista «è obbligato a far transitare le somme ricevute a qualunque titolo dai condòmini o da terzi, nonché quelle a qualsiasi titolo erogate per conto del condominio, su uno specifico conto corrente, postale o bancario, intestato al condominio; ciascun condomino, per il tramite dell’amministratore, può chiedere di prendere visione ed estrarre copia, a proprie spese, della rendicontazione periodica». Ogni condomino può consultare in qualsiasi momento il conto, ma non direttamente bensì passando dall’amministratore. Nel caso in cui il condomino non riceva le informazioni richieste, può chiedere la convocazione straordinaria dell’assemblea e inserire tra i punti all’ordine del giorno la revoca del mandato del professionista. Il Codice civile prevede, infatti, che la mancata apertura e utilizzazione del conto corrente condominiale rientri fra le cosiddette “gravi irregolarità” che, qualora siano accertate dal giudice, possono determinare la revoca del mandato.
Videocamere e videocitofoni, dove deve essere puntato l’obiettivo?
I minori costi di installazione e gli incentivi fiscali previsti dal Governo hanno convinto molti condomini a dotarsi di videocamere di sorveglianza. La rapida diffusione di queste tecnologie, se da un lato garantisce il diritto a proteggersi, dall’altro solleva alcune questioni in tema di privacy: le videocamere, infatti, possono registrare i movimenti di persone che non desiderano essere inquadrate. Il Garante della privacy ha così deciso di redigere un vademecum contenente una serie di regole per chi vuole procedere all’installazione dei sistemi di videosorveglianza, sia esso il condominio o i singoli condòmini.
Riguardo alle videocamere condominiali – per la cui installazione occorre il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti in assemblea, che rappresenti almeno la metà dei millesimi dello stabile – è necessario segnalare la loro presenza attraverso cartelli visibili e riconoscibili da posizionare nei luoghi ripresi o nelle immediate vicinanze. Le immagini registrate devono essere cancellate dopo 48 ore. Il Garante ha precisato che l’installazione di questi dispositivi in condominio è sì possibile, ma soltanto se rappresenta l’unica soluzione percorribile rispetto ad altri sistemi, ad esempio allarmi e cancelli automatici, ritenuti meno invasivi.
Per quanto concerne le videocamere installate dai singoli condòmini, questi possono procedere senza il consenso dell’assemblea, a condizione che l’intervento non leda il decoro dell’edificio o ne danneggi in qualche modo la stabilità. L’angolo di visuale dell’obiettivo, inoltre, deve limitarsi a inquadrare l’area da proteggere (porta d’ingresso, balcone, finestra) ma anche «(…) la porzione di pianerottolo prospiciente la porta suddetta, nonché la rampa delle scale condominiali e una larga parte del pianerottolo condominiale». Nel 2014, la Corte di giustizia europea (causa C 212/13 dell’11 dicembre 2014) ha accolto l’istanza avanzata da un cittadino, che mentre passeggiava per strada era stato inquadrato dalla videocamera installata dai proprietari di un appartamento privato. In quel caso la Corte ha precisato come l’attività di videosorveglianza va sempre interpretata in modo restrittivo (cioè favorevole alla tutela).
Assemblea aperta agli estranei; quali sono i limiti da rispettare per la partecipazione?
All’assemblea di condominio - oltre ai proprietari delle singole unità immobiliari e ai titolari di un contratto di locazione (che votano solo le delibere relative alle spese e alle modalità di gestione dei servizi di riscaldamento e di condizionamento d’aria, limitandosi a intervenire se l’ordine del giorno riguarda la modifica di uno o più servizi comuni) - possono partecipare anche dei soggetti terzi, seppure con alcune limitazioni. Qualora, ad esempio, il condominio stia progettando dei lavori di manutenzione alle parti comuni e sia necessario ascoltare i pareri di più ditte, l’amministratore (ma anche ciascun condomino) può decidere di invitare alla riunione il titolare dell’azienda di ristrutturazione, che in questo modo ha la possibilità di spiegare ai condòmini in cosa consistono le opere, i tempi di esecuzione e altri dettagli tecnici. L’intervento degli “ospiti” deve però limitarsi alla discussione dell’ordine del giorno: una volta terminato, i soggetti terzi sono tenuti ad abbandonare l’assemblea.
Avrei bisogno di sapere se la seduta dell’assemblea si può registrare e, nel caso, a quali condizioni?
Il resoconto dell’assemblea condominiale è contenuto nel verbale, un atto privato nel quale viene riportato tutto quello che è avvenuto durante lo svolgimento della seduta: delibere approvate, rigettate, il mancato raggiungimento del quorum, assenze o ritardi dei partecipanti. Il verbale è trascritto nel Registro dei verbali e conservato dall’amministratore, che è obbligato a trasferirlo al suo successore una volta terminato l’incarico. Nulla vieta che l’assemblea possa anche essere registrata su proposta di ciascun condomino. Sulla questione, la Cassazione (sentenza 13 maggio 2011, n. 18908) ha disposto che «ciascun partecipante ad una conversazione, sia essa una riunione di condominio o un colloquio tra amici, accetta il rischio di essere registrato», mentre per le Sezioni Unite (sentenza 3674724 del settembre 2003) «(…) non si verifica la lesione alla privacy dei partecipanti, in quanto la registrazione non dà luogo alla compromissione del diritto alla segretezza della comunicazione, il cui contenuto viene legittimamente appreso solo da chi palesemente vi partecipa o assiste».
Registrare la seduta è quindi possibile, a condizione che tutti i condòmini siano d’accordo. Ad ogni modo, il contenuto della registrazione custodito dall’amministratore non va divulgato a terzi.
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