di Marco Mobili e Giovanni Parente
Draghi: «Non aumenteremo tasse, abbiamo detto di no a chi lo ha chiesto»
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Il 30 novembre con i suoi 62 adempimenti fiscali si presenta non solo carico di obblighi e responsabilità con il pagamento degli acconti e la trasmissione delle dichiarazioni dei redditi, ma anche con tante incognite soprattutto per chi ha le rate sospese della rottamazione ter e del saldo e stralcio, o per le imprese che devono riversare nelle casse dello Stato l’Irap non pagata nel 2020 per aver sforato i tetti degli aiuti di Stato, o ancora per cittadini e autonomi che hanno beneficiato della moratoria degli avvisi bonari.
La speranza per i contribuenti di avere più tempo per saldare i debiti con l’Erario è riposta nel Senato e nel Governo che tra lunedì 29 e martedì 30 novembre dovranno decidere sulle possibili proroghe e sulle nuove scadenze di fine anno. Nuove scadenze che se arriveranno saranno rese note dal Governo con un canonico «comunicato legge» visto che le nuove disposizioni entreranno in vigore solo dopo la scadenza del 30 novembre.
Quello delle cartelle esattoriali è certamente lo scoglio più duro per i contribuenti, soprattutto per quelli che hanno subito gli effetti della pandemia economica legata al Covid. Dopo la lunga sequenza di rinvii dettata dai decreti anti crisi del Governo del 2020 e 2021, per la data del 30 novembre si sono concentrate tutte le rate non pagate della pace fiscale: 8 della rottamazione ter, datate 2020 e 2021, e altre 4 del saldo e stralcio.
Uno scoglio difficilmente superabile se si pensa che oltre il 77% degli adempimenti in scadenza il 30 novembre riguarda versamenti di tasse e imposta, tra cui gli acconti di Irpef, Ires e Irap e il pagamento dell’imposta di bollo in unica soluzione sulle fatture elettroniche messe nel terzo trimestre.
La possibilità di diluire, dunque, i pagamenti delle cartelle è stata chiesta da tutte le forze di maggioranza e tradotta in una lunga serie di emendamenti al decreto fiscale collegato alla manovra in discussione al Senato.
La risposta del Governo, giunta soltanto nelle ultime ore ma non ancora tradotta in una norma approvata dalle commissioni Finanze e Lavoro di Palazzo Madama, prevede al massimo una mini-proroga al 9 dicembre che potrà dilatarsi fino al 14 dicembre con i canoni 5 giorni di tolleranza riconosciuti dal Fisco per non applicare sanzioni e far decadere dalle due agevolazioni. Il costo di una ulteriore diluizione nel 2022 delle rate dovute per il Governo al momento non è sostenibile.
Salvo cambi di rotta delle ultime ore e della riunione di maggioranza in calendario lunedì 29, alle forze politiche non resta che la presentazione di un ordine del giorno che impegni il Governo a prevedere le risorse necessarie a una proroga nel nuovo anno delle rate e delle cartelle dovute già con la legge di bilancio anch’essa all’esame del Senato.
Sullo slittamento al 2022 del riversamento dell’Irap da parte delle imprese che hanno superato i tetti degli aiuti di Stato il Governo ha dato parere favorevole a un emendamento di Forza Italia al decreto Fisco-Lavoro.
E dunque per lo slittamento dal 30 novembre al 31 gennaio 2022 del pagamento dell’imposta regionale relativa al saldo 2019 e al primo acconto 2020 cancellata in piena emergenza c’è più di una speranza. Per al sua ufficializzazione si attende il via libera delle commissioni Finanze e Lavoro del Senato che potrebbe arrivare tra la serata di lunedì 29 e la mattina del 30 novembre per poi essere reso noto con un «comunicato» del Mef.
Un passo, questo, quasi obbligato da parte del Governo visto che il decreto dell’Economia, previsto dal primo decreto sostegni del marzo scorso, con i parametri per consentire alle imprese di calcolare e autocertificare il rispetto dei tetti fissati dal piano temporaneo degli aiuti di Stato non è stato ancora approvato. Le imprese, infatti, sono chiamate a restituire l’Irap non versata nella primavera del 2020 se dal calcolo dei benefici complessivi ricevuti tra fondi perduti, esenzioni d’imposta (non solo Irap c’è anche l’Imu per gli alberghi), crediti d’imposta dei locali commerciali o quelli per la sanificazione o per l’acquisti di tamponi ai dipendenti, dovesse emergere il superamento dei limiti del Temporary Framework.
Per gli avvisi bonari che erano in scadenza tra l’8 marzo e il 31 maggio 2020, ossia nel pieno della prima ondata del Covid, potrebbe arrivare più che una proroga una remissione in termini. Con un emendamento dei relatori al decreto Fisco-Lavoro, Emiliano Fenu (M5S) e Donato Laus (Pd), che sarà comunque riformulato dal Governo, si potrà rimettere in linea con i pagamenti chi aveva saltato la scadenza del 16 settembre.
Entro la metà di dicembre si potranno dunque versare in unica soluzione, senza sanzioni e interessi,o in quattro rate mensili di pari importo con scadenza il 16 di ogni mese, le somme richieste per i controlli formali e automatizzati sulle dichiarazioni dei redditi.
Giovanni Parente
Redattore
Marco Mobili
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