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Il lato diabolico delle sanatorie

di Mauro Meazza

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16 ottobre 2017
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2' di lettura

Sanare è umano, perseverare può diventare diabolico. L’ulteriore occasione di rottamazione delle cartelle esattoriali, annunciata nel decreto legge varato venerdì scorso dal Consiglio dei ministri, diventa sicuramente un’ottima opportunità per rimediare a più di un inghippo creatosi in questi mesi, come segnaliamo in questa stessa pagina. Ed è senz’altro - se sospendiamo qualsiasi giudizio di altra natura - un atto di pragmatismo: una legislatura prossima alla conclusione, che faticosamente cerca di mantenere gli equilibri politici per il tempo che le è ancora necessario, deve fatalmente fare conti brutali con l’urgenza del gettito. Insomma, le risorse vanno trovate ed è comprensibilmente più semplice reperirle ripercorrendo strade già battute di recente.

Se però solleviamo lo sguardo dalle contingenze del momento e dalle - pur importanti - tecnicalità dell’intervento, allora qualche traccia diabolica emerge, in questo susseguirsi di occasioni straordinarie (straordinarie?) per regolare le varie pendenze con il fisco. La voluntary prima e seconda edizione, con l’ipotesi di una terza per aggredire il vero scoglio rimasto intatto, ovvero il contante “domestico”; la rottamazione delle cartelle esattoriali, con regole e termini più volte rivisti e ora rivedibili nuovamente; la facoltà di chiudere le liti, che finora non ha riscosso il successo sperato. Tutte finestre che sono andate a sommarsi alle incombenze abituali, a quelle meno frequenti come l’assegnazione dei beni ai soci, e poi a quelle del tutto nuove, come l’infittirsi delle scadenze per lo spesometro o l’allargamento dello split payment.

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Se si cerca di cogliere con uno sguardo d’insieme tutto il quadro, l’immagine che se ne ricava è quella di un disordinato accavallarsi di termini, impegni e opzioni che potranno anche giovare ai conti pubblici e disinnescare le clausole di salvaguardia, ma di certo non aiutano né la credibilità né l’intellegibilità del sistema.

Se poi ci aggiungiamo che anche il provvedimento varato venerdì scorso si avventurerà in Parlamento cercando una conversione complicata, perché in abbinata con la legge di Bilancio, aumentano i timori per ulteriori cambiamenti di rotta e di regole proprio alla vigilia di Natale. Ed è qui che spuntano i tratti maligni comuni a tutte le sanatorie e più che mai evidenti in questo carosello di opzioni e termini: raramente conviene accettare la prima offerta, perché spesso ne arriva una seconda e magari una terza; la stratificazione delle normative genera facilmente nuovi intoppi e quindi ulteriori necessità di intervento; le indicazioni dettate all’origine si trovano agevolmente scavalcate da quelle necessarie nelle fasi successive. E l’elenco potrebbe continuare.

Questa - lo scriveva già Salvatore Padula poche settimane fa - non è certo la stagione propizia per avviare riforme epocali del fisco. Ma, di sanatoria in sanatoria, il 2017 rischia di passare alla storia come il più instabile
degli anni fiscali.

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