di Silvia Pieraccini
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Si può lavorare il lino come se fosse lana pettinata? L’azienda di filati Cariaggi, con sede a Cagli (Pesaro-Urbino), c’è riuscita, adattando “in casa” i macchinari tradizionali per evitare la rottura del filo, prodotto mescolando la fibra di lino con quelle di cashmere e di seta attraverso la cosiddetta “mischia intima”. «Di solito si compra il filo di lino e si ritorce con altri fili, noi invece abbiamo mischiato le fibre animali e vegetali», spiegano Piergiorgio e Cristiana Cariaggi, padre e figlia azionisti dell’azienda marchigiana leader nei filati nobili, nel cui capitale, dal marzo scorso, è entrato con una quota del 43% Brunello Cucinelli.
Il risultato della sperimentazione è un tessuto a maglia morbido e allo stesso tempo “secco”, dall’effetto-stampato (o fiammato) frutto appunto di questo sistema innovativo. «Nella lavorazione classica si vede il filato ritorto, in questo caso si vede la trasparenza», spiegano i Cariaggi, che hanno battezzato “Sway” il nuovo filo, presentato all’ultima edizione della fiera Pitti Filati a Firenze. «La morbidezza data dal cashmere si unisce alla secchezza assicurata dal lino, e i due mondi si mescolano», aggiungono.
L’operazione va nella direzione imboccata da anni dall’azienda marchigiana, che ha chiuso il 2022 con un fatturato in crescita del 26% arrivato al record di 143 milioni: applicare tecnologie nuove a filati tradizionali. «Per noi la ricerca e l’innovazione sono sempre state fondamentali, e infatti investiamo molte risorse – spiega Cristiana Cariaggi -, ma la nostra innovazione è sempre applicata alle fibre classiche come il cashmere, la lana, il lino, l’alpaca, quelle che conosciamo bene». Le nuove frontiere - come le fibre prodotte dal mais o dagli scarti degli agrumi, o quelle biotecnologiche fatte in laboratorio con proteine fermentate o enzimi – per adesso non sembrano interessare il segmento lusso.
Segmento che peraltro sta continuando a crescere, tanto che Cariaggi – ormai diventata la prima azienda italiana di filati per fatturato - è pronta a investire per aumentare la capacità produttiva, sia comprando macchinari sia ampliando il quartier generale di Cagli: «Stiamo investendo in nuovi “assortimenti” – spiegano Piergiorgio e Cristiana Cariaggi – e in un nuovo capannone da 4mila metri quadrati che ospiterà una filatura. Tra tecnologie e immobili investiremo più di 10 milioni entro il 2025, per incrementare la produzione di circa 50mila chili, pari al 7-8% del totale, e far fronte così all’aumento della domanda». In questo modo l’azienda consoliderà la presenza industriale (e aumenterà l’occupazione) a Cagli, dove l’amministrazione comunale di recente ha intitolato la strada in cui ha sede il gruppo di filati al fondatore Aurelio Cariaggi, padre di Piergiorgio.
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