di Giuditta Giardini
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È pubblico il rapporto di Openpolis che esamina i beni culturali a rischio frana e alluvione in Italia. Tre anni fa il lento sgretolarsi delle statue dell'Isola di Pasqua, monitorate dal progetto Google “Heritage on the Edge”, rappresentava uno scenario molto distante da noi. Una manciata di anni dopo, anche in Italia si segnala un crescente danneggiamento e degrado dei beni culturali dovuto all'inquinamento, ma anche a fenomeni legati a frane e alluvioni.
Gli indicatori che l'istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) utilizza per descrivere il dissesto idrogeologico, o meglio idraulico per fenomeni alluvionali sono numerosi. In primis, rileva l'impatto delle alluvioni, misurato anche in base alla percentuale della popolazione esposta al disagio. Con alluvioni si intendono i fenomeni di allagamento di aree normalmente non coperte d'acqua, a causa dell'esondazione del mare o dei corsi d'acqua interni. Insieme a frane e valanghe, costituiscono un fattore di rischio idrogeologico. Le alluvioni sono un fenomeno naturale, generato da processi naturali come l'erosione delle coste. Tuttavia molte attività umane contribuiscono notevolmente all'aumento della frequenza e dell'intensità di tali episodi. I beni a rischio sono beni architettonici, monumentali e archeologici che necessitano di particolari tutele vista la loro fragilità. Ispra ha effettuato una mappa nazionale, regionale, provinciale e comunale dei beni culturali esposti al pericolo idraulico. Nel 2021, secondo l'Istituto, in Italia sarebbero 49.903 “i beni culturali a rischio alluvione”. Si tratta del 23,3% di tutti i beni culturali registrati da Ispra nel nostro paese (la lista non è ancora completa). Questo insieme di quasi 50 mila beni d'arte è suddiviso in sottoinsiemi che Ispra cataloga come “a pericolosità idraulica bassa”, “a pericolosità media” e “a pericolosità elevata”, questi ultimi sarebbero circa 6.025 ossia il 7,5% del totale.
Non sconvolge che Venezia si confermi il comune italiano al primo posto per numero di beni in zone “a pericolosità idraulica e per quota a rischio elevato”. Nel comune di Venezia sono circa “3.357 i beni culturali a rischio” (ovvero l'80% del totale), la città lagunare registra il dato più elevato d'Italia. Segue Firenze con circa 1.800 beni, anche in questo caso l'80% del totale. Ultima, invece, Napoli, ha solo 8 siti in zone esposte, pari a meno dell'1%.
La prima provincia per beni culturali esposti a rischio idraulico è Ferrara, dove oltre il 100% di tutti i beni culturali si trova in zone a pericolosità alluvionale. La provincia è esposta per il 99,9% del suo territorio. Seguono le province di Reggio Emilia e Rovigo, entrambe con quote superiori al 90%. In numeri assoluti, la prima in Italia è Venezia, con oltre 4.500 siti a rischio. “La provincia di Venezia è prima anche se consideriamo la quota di beni culturali esposti a rischio idraulico elevato. È l'unica in cui la percentuale supera il 50% (attestandosi specificamente al 57,3%)”. Seguono le province di Pisa, Savona e Pordenone con quote comprese tra il 20% e il 30%.
In generale, al primo posto tra le regioni con la quota più elevata di beni a rischio idraulico c'è l'Emilia Romagna con oltre il 65% di beni; seguono il Veneto, Liguria e Calabria (con percentuali comprese tra il 16% e il 20%).
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