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Mixed by Erry, parla l’uomo che lo fece arrestare: «Era un pirata, non un signore»

di Francesco Prisco

"Mixed By Erry", il trailer del nuovo film di Sydney Sibilia

Esce il film di Sibilia dedicato al celebre brand di contraffazione discografica della Napoli anni 80 e 90. Il ricordo di Enzo Mazza che guidava Fpm

28 febbraio 2023
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5' di lettura

Napoli ci piace perché è la città più tollerante d’Italia, forse del mondo. Nel bene come nel male: l’integrazione non è mai stata un problema sotto il Vesuvio, certo. Ma soltanto qui può succedere che un’impresa dedita alla contraffazione audiovisiva - business criminale su cui la camorra investì in maniera sostanziosa - si trasformi nell’icona di una guerra picaresca contro i poteri forti dell’industria discografica. Succede in Mixed by Erry, ultimo film del talentuoso Sydney Sibilia scritto assieme al vulcanico Armando Festa, in uscita in tutte le sale il 2 marzo.

L’opera racconta le gesta dell’omonimo «brand» che tra gli anni Ottanta e i Novanta «spacciava» prima musicassette poi cd piratati da Napoli al resto d’Italia. Funzionava più o meno così: andavi alla bancarella di fiducia e al modico prezzo di 2.500 lire Iva esclusa (nel senso che era tutto a nero) compravi l’«ultimo» di Zucchero, Pino Daniele o Eros Ramazzotti in formato musicassetta «timbrata» dal misterioso «hacker» ante litteram. Ma attenzione: «Le cassette con fotocopie non sono Mixed by Erry», recitava l’avvertenza, perché pure il pirata (della musica) per eccellenza aveva i suoi bei problemi con la pirateria. Dietro il brand c’erano i fratelli Frattasio, protagonisti del biopic di Sibilia e al centro del libro omonimo di Simona Frasca pubblicato da Ad Est dell’Equatore.

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«Circola una narrazione molto romantica di quello che fu la pirateria ai tempi della Napoli di Maradona. Per certi versi è comprensibile: le grandi case discografiche, nella percezione di una larga parte del pubblico, sono i signori in limousine, il sistema da abbattere, il “cattivo” della storia. Il pirata è l’eroe, al massimo l’anti-eroe, quello che si batte contro un mondo legale che, per alcuni aspetti, sembra peggiore di lui. Ma così si trascurano due cose non secondarie: da un lato la pirateria foraggiava le mafie, dall’altro toglieva ricavi a un’industria, mettendo di conseguenza a rischio posti di lavoro». A parlare è Enzo Mazza, oggi ceo di Fimi, l’associazione confindustriale delle major, ai tempi di Mixed by Erry segretario di Fpm, la federazione anti-pirateria che giocò un ruolo importante nell’arresto di Erry. Eggià, perché Enrico Frattasio finisce in manette nel 1997 e quattro anni più tardi sarà condannato a 4 anni e sei mesi di reclusione per associazione a delinquere e violazione della legge sul diritto d’autore assieme ai fratelli Angelo, Giuseppe e Claudio e al padre Pasquale.

Mazza, chi era veramente Mixed by Erry?
Un pirata, senza alcun dubbio. Quando ne parliamo, non si può prescindere dal contesto. Negli anni Novanta, epoca di musica ancora «fisica» che muoveva cifre importantissime (nel ’96 il giro d’affari era di 39,6 miliardi di dollari, oggi siamo a 25,9 miliardi ndr ), l’industria discografica internazionale si trovò davanti a un crescente fenomeno di pirateria musicale in Italia che in alcuni casi superava perfino i nostri confini, con prodotti che giungevano anche negli Stati Uniti. Milioni di dollari di danni al settore erano causati da molteplici organizzazioni attive in particolare nel Sud Italia, tanto che il Dipartimento del Commercio Usa aveva inserito l’Italia nella lista nera con la previsione di sanzioni commerciali per il mancato rispetto delle norme internazionali sulla proprietà intellettuale.

Qui entrate in gioco voi...
Qui entra in gioco Fpm, perché Ifpi e Riaa, le federazioni internazionali e Usa del settore decisero di creare, assieme all’industria italiana rappresentata da Fimi, quest’organizzazione dedicata al contrasto del fenomeno, con a capo l’ex coordinatore per l’Italia della Business Software Alliance, un’associazione americana per la lotta alla pirateria informatica. L’Fpm avrebbe dovuto coordinare l’attività di sensibilizzazione delle istituzioni, sostenere le indagini di forze dell’ordine e magistratura, comunicare messaggi antipirateria al pubblico.

Qual era il ruolo di Napoli in questo contesto?
Napoli era tra le aree centrali per il fenomeno con diramazioni e distribuzione di prodotti falsi in tutto il Sud e in buona parte del Nord grazie a venditori ambulanti e bancarelle. L’attenzione da parte delle nostre istituzioni era molto bassa. L’allora Prefetto di Napoli, in un incontro al Consolato Usa, disse apertamente che era meglio che i napoletani si dedicassero alle cassette e ai cd falsi piuttosto che vendere droga.

Questo lo sapeva anche la camorra...
E infatti la malavita organizzata campava anche grazie ai fondi che arrivavano dalle produzioni illegali, costrette a versare una parte dei proventi per poter operare nei territori sotto controllo dei clan. Rischio basso, profitti enormi.

E tutto, per assurdo, alla luce del sole: Mixed by Erry era addirittura un brand del falso... che rivendicava la propria originalità. Questa cosa, in ottica indagini, non lo penalizzò?
Assolutamente sì. Tra i primi casi studiati da Fpm ci fu proprio il marchio che compariva sui suoi prodotti. Avevano creato un’“impresa” che arrivava prestissimo sulle novità discografiche grazie a un dipendente infedele della Discoteca Meridionale che passava loro ogni nuova uscita. Collegati i sequestri nel 1996/97, gli agenti del Commissariato Dante di Napoli, coordinati dal pm della Dda Luciano D’Angelo, decisero di scalare il sistema produttivo per capire le economie e la struttura dell’organizzazione e nel 1997 i fratelli Frattasio furono arrestati con un’ordinanza cautelare emessa dalla Dda di Napoli. Noi di Fpm fornimmo un’essenziale assistenza tecnica con perizie su materiali e fornitori che inviavamo a Londra, dove ci sono le sedi europee delle major. E quello di Mixed by Errry fu un arresto in un certo senso epocale: dopo sarebbe cambiata la legislazione intorno al fenomeno, con la Legge 248/2000 e il Decreto Urbani del 2004.

Nella nuova narrazione intorno al fenomeno di Mixed by Erry si fa riferimento a una presunta complicità di alcuni cantanti, addirittura lusingati dall’essere piratati. Tutto vero o è mitologia?
Sicuramente, nel mondo dei cantanti neomelodici, c’era chi guardava al fenomeno con simpatia. Per certi versi è comprensibile: lì il core business sono i matrimoni, l’attività discografica né più né meno che promozione del «prodotto». A Napoli c’era chi poteva essere interessato a essere «spinto», ma direi che si trattava di casi piuttosto limitati.

Tra la fine degli anni Novanta e l’inizio dei Duemila, chiuso il capitolo dei vari Mixed by Erry, cominciò la guerra alla pirateria online, con i casi Napster e Pirate Bay. Quali dei due fenomeni si è rivelato più pericoloso per l’industria di settore?
Direi che, pur con tutte le diversità di contesto, i due fenomeni si somigliano abbastanza. Anzi: Mixed by Erry, nella percezione comune, ha anticipato Pirate Bay, inteso come «guerra» partita dal basso contro il potere delle major discografiche. Una narrazione molto romantica e sicuramente intrigante, se trascuriamo un piccolo dettaglio: è tutto falso.


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